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Sport invernali

Tropea: "Impossibile contagiarsi in pista. Non capisco la chiusura"

Il presidente del Comitato Regionale della FISI dice la sua sulla chiusura degli impianti decretata dal DPCM

07 Dicembre 2020

Nicola Tropea

Il presidente del Comitato Regionale Lazio-Sardegna Nicola Tropea

E’ iniziato dicembre, si avvicinano le vacanze natalizie e la neve inizierà ad imbiancare le vette. Insomma, il clima ideale per dare sfogo alla propria passione per lo sport sulle piste da sci. Il rischio, però, è che per quest’anno non sarà davvero possibile. Proprio la chiusura degli impianti sciistici è, in questi giorni, al centro del dibattito politico. Si vuole, infatti, impedire alla gente di andare sulla neve per provare a contrastare ulteriormente la diffusione del contagio. Una scelta che, però, stride rispetto ad altri sport individuali che, invece, sono consentiti nel rispetto di tutte le normative sanitarie vigenti. Una situazione che prova a spiegare il presidente del Comitato Regionale Lazio-Sardegna della Federazione Italiana Sport Invernali Nicola Tropea.

Presidente, quali sono i numeri del movimento laziale?
“Nel Lazio abbiamo circa 50 società per un totale di 3000 tesserati. In parte paghiamo le strutture carenti e, infatti, gran parte dell’attività regionale istituzionale si svolge a Campo Felice”

Sono numeri in calo?
“No, diciamo che siamo sostanzialmente in linea con quelli passati, anche se, naturalmente, la situazione legata al Covid influisce molto”.

Lo sci è uno sport individuale, eppure il Governo vuole chiudere gli impianti sportivi. Perché questa scelta?
“Non la riesco a capire. Siamo fortemente penalizzati e ci viene impedito di svolgere la nostra attività, a differenza di altri sport individuali che possono tranquillamente andare avanti. Non ci nascondiamo e sappiamo che questo virus è pericoloso, ma le società hanno seguito tutte le indicazioni fornite. Senza dimenticare che lo sci è una diciplina tra le più sicure quindi, davvero, non comprendo questa scelta. Lo sciatore scende in pista indossando il casco, gli occhiali e la maschera. Sulla neve è praticamente impossibile contagiarsi”.

Allora quali sono i rischi di queste discipline?
“Gli unici contatti possono avvenire negli impianti di risalita, ma lo skylift è individuale, mentre in seggiovia basterebbe far salire due persone invece delle solite quattro. Anche nei ristoranti ci può essere il contatto tra le persone, ma con il rispetto delle regole già in vigore e tutte le precauzioni, lo stop si può evitare. Non capisco perché si voglia penalizzare uno sport che, a livello  mondiale, ha sempre dato grande lustro all’Italia”.

La stagione, oltretutto, si era aperta sotto buoni auspici.
“Esattamente. Abbiamo disputato le prime gare stagionali a novembre e sono andate benissimo, senza alcun problema”.

Per gli sport invernali il rischio è di perdere il secondo anno consecutivo.
“E' proprio così. Lo scorso anno inizialmente non c’era la neve, poi quando è arrivata hanno sospeso tutta l’attività. Quest’anno ci bloccano direttamente dall’inizio. Uno stop che potrebbe avere conseguenze pesantissime”.

In che senso?
“La nostra disciplina si basa sull’attività delle società, ma al di là di questo, bisogna considerare tutto l’indotto che ruota attorno agli impianti sciistici. Mi riferisco in primis ad alberghi e ristoranti. L’indotto generato dalla stagione sciistica è molto alto dà lavoro a migliaia e migliaia di persone in tutta Italia”.

Cosa possono fare la Federazione ed il Comitato per aiutare le società e tutti i tesserati?
“La Federazione si sta battendo per evitare la chiusura degli impianti, ma sembra davvero difficile poter cambiare questa situazione. Noi vogliamo tornare in pista in sicurezza. Ma è la politica che decide. Senza la riapertura degli impianti, c’è ben poco che possiamo fare. Resterebbe il rammarico per l’annullamento di un’altra stagione invernale già organizzata, la cancellazione delle 35 gare già in programma oltre ad una perdita economica davvero grande con un indotto importante anche per il PIL di tutto il paese”.

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