E’ stata riaperta al pubblico lo scorso sabato la meravigliosa
Cappella Guglielmi, inserita nel complesso di Santa Maria dell’
Orazione e Morte di
Civitavecchia, dopo un lungo e complesso lavoro di restauro finanziato dalla
Cassa di Risparmio di Civitavecchia, che ha completato un precedente intervento con il quale l’ente civitavecchiese aveva favorito un primo recupero dell’abside della medesima cappella. Cappella Guglielmi era inizialmente un luogo dedicato alla Beata Vergine dei Sette Dolori, per la precisione dall’anno 1702: sull’altare precedente, un quadro della Madonna
Addolorata era all’origine della dedicazione. Nel 1776, con l’ottenimento da
Papa Pio VI del privilegio perpetuo di conservarvi il
Sacramento, il luogo ottenne una nuova intitolazione al Sacramento. Dopo di che, tra il 1869 ed il 1886 il Marchese
Felice Guglielmi promosse a sue spese una serie di lavori di ristrutturazione. Il risultato fu stupefacente, in quanto la cappella ricevette una nuova riconfigurazione architettonica, splendendo di luce e colori di gusto
neogotico. L’interno è attualmente caratterizzato da due nicchie concluse da alte guglie: all’interno delle nicchie risaltano i monumenti a Benedetto e Felice Guglielmi. Quest’ultima opera, dedicata al mecenate che finanziò la rinascita di questo luogo di culto è opera certa di
Giulio Tadolini, esponente di una famiglia di artisti legati a
Canova ed alla felice epoca del
classicismo in area romana. A partire da un’iscrizione apposta sulla parete dell’anticappella di accesso, finora si era ritenuto che l’autore delle pitture, concluse a fine anni trenta fosse
Fernando Vignanelli. Con il restauro conservativo diretto dal dottor
Davide Rigaglia, è invece venuto fuori l’autografo di
Romeo Borgognoni, vissuto tra il 1875 ed il 1944, fino ad oggi ritenuto un pittore operante esclusivamente nella pittura su tela. Stando alle tesi formulate al termine del restauro, quest’ultimo artista avrebbe eseguito i dipinti ben prima dell’intervento del Vignanelli, il quale invece avrebbe riposto mano all’apparato pittorico della cappella solo in un secondo momento, probabilmente per ovviare ai primi danni causati dall’umidità. Insomma, operazioni complesse ma affascinanti, che hanno permesso di squarciare il velo di sacrale mistero caduto su questa cappella negli ultimi 150 anni di storia, restituendo la giusta luce ad una struttura che può effettivamente ritenersi come un “complesso nel complesso” dove
architettura,
pittura e
scultura convivono armonicamente, forti di quella stagione neogotica che ancora aspetta di essere raccontata e rivalutata a dovere.