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sport e sponsor
24 Novembre 2016
Tavecchio, presidente della FIGC
La nazionale vince contro il Liechtenstein, ma la discussione non riguarda i ragazzi di Ventura. A tenere banco è ancora la questione sponsor, con la decisione di accettare Intralot che ha scatenato un putiferio. Soprattutto in un momento in cui la ludopatia sta diventando un problema impossibile da ignorare.
La FIGC ha voluto specificare che come ogni sponsor tecnico, anche Intralot non comparirà sulla maglia azzurra. Il logo della nota azienda di gambling non verrà quindi visto dai milioni di spettatori che seguono le partite, come temevano i più. Ma questo fatto non basta a placare l'ondata di sdegno che ha sommerso i rappresentanti della lega calcio. Dalla parte di chi ha criticato con convinzione la mossa ex giocatori di qualità come Altobelli e Tommasi. “Spillo” ha definito “una vergogna” l'accordo con Intralot, sottolineando la sua personale preoccupazione come genitore. Il presidente FIGC Tavecchio ha invece ricordato l'impegno dell'azienda gambling nelle attività sociali, con l'accordo incentrato sulla diffusione del valore della legalità. Una spiegazione che non ha soddisfatto tutti, anche vedendo le manovre dello Stato contro l'azzardo.
“Con la legge di stabilità il governo conta di ridurre del 30% la quantità di slot machine presenti sul territorio”, riporta Giochidislots. Nel 2016 le macchinette hanno sfondato quota 400.000, con un aumento di 40.000 unità rispetto all'anno precedente. La revoca del permesso di slot in locali come alberghi e ristoranti aiuterà la riduzione prevista, allontanando i luoghi di perdizione dai giocatori più incalliti. Nel progetto futuro è presente anche l'eliminazione di spot pubblicitari da parte di case da gioco, un'idea che stride con quanto deciso dalla nazionale italiana. È vero che l'accordo non prevede la presenza di un logo nemmeno sui cartelloni pubblicitari durante le partite, ma l'immagine degli azzurri accostata a Intralot non può aiutare lo Stato nel suo progetto. Soprattutto perché intanto l'online continua a espandersi, con un volume di gioco che si calcola possa toccare i 66 miliardi di euro nel 2020. Senza bisogno di ulteriore pubblicità, si intende.
Se il già milionario calcio delle nazionali non ha resistito alla tentazione di un guadagno super, l'alternativa arriva proprio dalle serie minori. Dalla Lega Pro, per la precisione. Un campionato in cui spesso promozioni e retrocessioni coincidono con fallimenti, ripescaggi e sentenze di vario genere. Le squadre si trovano a metà tra il sogno di approdare in Serie B e il rischio di tornare tra i dilettanti, e questo agli sponsor non piace. In tutto la Lega Pro riceve circa 90.000 euro all'anno di contratti di sponsorizzazione, una cifra irrisoria rispetto ai campionati maggiori. Ma il presidente della serie non ha esitato a rifiutare la “proposta indecente” messa sul piatto da GoldBet: un milione all'anno per tre anni a condizione di cambiare il nome in Lega Pro GoldBet. Vendere il nome per arrivare a guadagnare trenta volte tanto rispetto ai contratti attuali, rilanciare diverse società e dare stabilità al campionato.
Tutte prospettive che non sono bastate a far cedere Gabriele Gravina, convinto che la sponsorizzazione debba derivare da dei valori. Così la Lega Pro ha preferito Unicef, portando alla nascita del progetto “Lega Pro per Unicef”, con diverse iniziative. Tra queste ha fatto notizia il lancio di diversi peluches durante Alessandria-Cremonese, che ha permesso di raccogliere 11.500 da donare all'associazione. Davvero un altro mondo rispetto agli accordi della nazionale. Un messaggio che ha ricordato il significato di scommettere sul calcio: trasmettere dei valori, non indovinare il risultato delle partite.
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