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l'editoriale

Lettera al figlio: "France' prendi il borsone: devi diventa' più forte di papà"

Il viaggio con Caro Procuratore termina qui, con una fantasiosa lettera scritta per mano di un papà come tanti

28 Dicembre 2018

Lettera al figlio: "France' prendi il borsone: devi diventa' più forte di papà"

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France', corri a prendere il borsone, è tardi! Quante volte ho ripetuto questa frase, a papà? Bisogna esse precisi, te l’ho detto un sacco di volte. Soprattutto ora. Siamo in rampa di lancio, con un po’ di fortuna andiamo nei professionisti. E lo sai perché? Quel piede, quel destro, a Roma non ce l’ha nessuno. Lo dicevo al mister l’altra sera: sempre te deve schiera'. Puoi gioca' male, perde qualche pallone, ma che importa? Tu hai la giocata vincente, Fra. E quella, nel calcio dei grandi, conta più di ogni altra cosa. Fidate, manca poco. Io già ti vedo co la maglia giallorossa, all’Olimpico, la gente impazzita che urla il tuo nome. No, no, ma quale esagerato! Noi ce l’abbiamo nel sangue. E poi quando ti vedo gioca' mi fai torna’ indietro, mi rivedo ragazzino, in quel campetto di terra nel ’93, con quella testa piena di sogni. Quanto ci credevo, a papà. So stato sfortunato, quel maledetto ginocchio non ne voleva sape' di sta bene. Ma io te ce porto nel calcio dei grandi, te lo prometto. Non te voglio vede' come me, vecchio, stanco, co sta testa vuota di sogni, ste mani pregne di lavoro. Ti meriti di più. E poi, oh, con due spicci in più in tasca e il doppio della serenità magari pure tua madre torna a soride. Ma te l’ho mai raccontato quant’era bella tu madre? Se sarebbe innamorato chiunque a vede quell’occhi. Se ci ripenso me sembra ieri. Io e lei a Roma, sulla Vespetta come due matti. Era tutto perfetto. E poi? Poi succede che il tempo passa, diventa tutto sabbia che scorre dentro una clessidra. Le belle intenzioni vengono sostituite dai problemi. E le bollette. E la casa. E al posto della Vespetta c’è una macchina da pagare. Diventa' grandi, in sta Roma, non è bello come me lo immaginavo. Non so neanche perchè ti dico ste cose, forse perchè ste parole non le leggerai mai. E allora sai che c’è? Mo lo dico: a volte vorrei torna' indietro. Ricomincia' da zero, riprogramma' tutto, dall’inizio. A Fra io non te la voglio fa vive la vita mia. Poi però capita che a volte, prima di chiude l’occhi e aspetta' un altro giorno, capisco che forse nel riflesso stiamo andando nella stessa direzione. Capisco il senso delle tue parole quando mi dici che per te il calcio è solo un passatempo, un modo per stare con gli amichetti tuoi. E la maglia giallorossa, Fra? E l’Olimpico stracolmo che ti incita? Forse sto ancora in quel campetto nel ’93, mentre lotto con quella realtà infame, forse è solo il sogno mio. O forse mi stai a cresce laziale (nun ce prova'…). Che ti devo dì? Ora vado, si sta facendo tardi. Domani c’è la partita con la prima in classifica, il mister ci ha detto che parti dalla panchina, ma ti vedo sereno e questo è l’importante. Poi mo ti stai appassionando alla ginnastica: niente, niente me diventi come Juri Chechi! Come chi è?! Vabbé dai, domani mentre andiamo al campo te lo racconto…

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