L’INTERVISTA

Matteo Mortaroli: "Campus Eur, Chievo e il mio sogno"

Valerio D’Epifanio

Esterno classe 1996, ha già accumulato in questi anni diverse esperienze nel calcio laziale e quest’anno ha scelto il Campus Eur: Matteo Mortaroli si è integrato bene nella squadra di Sasà Cangiano e punta a dare il suo contributo nella seconda parte di stagione.

Buonasera Matteo, il tuo impatto con il Campus Eur è stato sicuramente positivo: come ti stai trovando con Società, staff e compagni di squadra? Quali sono gli obiettivi che vi ponete in questa stagione?

"Buonasera, sinceramente mi sto trovando molto bene sia con lo staff che con la squadra, ho trovato un gruppo molto unito e con tanta voglia di fare e di aiutare sempre il prossimo. Siamo un gruppo giovane con dei profili importanti, conosciamo le nostre potenzialità e sicuramente il nostro obiettivo per quest’anno è la salvezza, cercheremo di portarla a casa il prima possibile".

Quando iniziasti a giocare a calcio tanti anni fa, pensavi che saresti andato incontro ad una carriera diversa? Quale era il tuo più grande sogno da bambino approcciandoti al mondo del calcio e quale è stata la tua più grande delusione?

"Sinceramente quando ero più giovane pensavo che avrei fatto una carriera diversa perché comunque le qualità non mi mancavano. Parlo ovviamente di quello che mi hanno sempre detto gli altri però purtroppo delle volte non avevo atteggiamenti consoni oppure la testa non mi ha aiutato a fare il salto di categoria che forse meritavo ma sicuramente non ho rimpianti perché tutto quello che ho fatto l’ho fatto perché l’ho deciso e voluto io. Il mio più grande sogno ovviamente è fare il calciatore, non dico era perché sinceramente è ancora un sogno non irraggiungibile anche se sono un po’ avanti con l’età. La mia più grande delusione è stata all’età di 18 anni, stavo per essere ceduto al Chievo Verona e per una problematica di soldi tra società non si è fatto più niente però non l’ho presa malissimo, mi sono rimboccato le maniche e ho continuato a inseguire il mio sogno".

Il girone A vede almeno 4 squadre in lotta nei piani altissimi del campionato: secondo te c’è una favorita assoluta? Chi pensi che possa spuntarla alla fine tra le varie contendenti?

"Secondo me sono 3 le squadre che possono ambire al primato e sono tutte e tre sullo stesso livello, parlo Pomezia, Civitavecchia e Cimini. Hanno un organico spaziale per questa categoria e sarà una battaglia molto bella da vedere e da gustare anche se il Pomezia forse ha un pizzico di cattiveria in più e poi quando hai davanti un giocatore come Massella e due difensori come Passiatore e Bianchi capisci che quella squadra può fare benissimo un’altra categoria".

Nella tua carriera chi sono stati un tecnico ed un calciatore che ti hanno insegnato e trasmesso tanto dal punto di vista umano?

"Il tecnico che mi ha insegnato ad essere quello che sono oggi è stato Simone Rughetti che lo ringrazio per tutto quello che mi ha insegnato sia tecnicamente che tatticamente è stato fondamentale per la mia crescita personale. Un giocatore che mi ha insegnato tanto ed è stato fondamentale si chiama Roberto Delgado, mi ha aiutato a fare il mio ruolo alla perfezione anche se è stato molto duro e molto critico ma grazie a lui so fare quello che faccio ovviamente ci sono anche giocatori come Di Mario o Scardola che mi hanno insegnato tanto è che sono ovviamente amici stretti che frequento".

Nel calcio regionale quanto pensi sia importante costruirsi qualcosa a livello lavorativo extra calcio? Tu ti sei già mosso in tal senso?

"Penso che avere un lavoro extra calcistico in Eccellenza sia una cosa fondamentale perché il calcio non dura tutta la vita e devi essere pronto e preparato per avere un futuro roseo e senza problemi il guadagno del calcio deve essere una cosa in più ma non deve essere l’unica fonte di guadagno. Io ho aperto un negozio di abbigliamento in società con mio cognato ed un altro ragazzo, in più lavoro per un’agenzia di sicurezza che ovviamente mi garantisce dei turni per andare a giocare a calcio però, per come la vedo io, a meno che non si faccia il professionismo il lavoro è sacro".

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