L'intervista
Dai primi passi alla chiusura del cerchio con l'Unipomezia: la carriera di Manuel Panini
Per venticinque anni ha calcato palcoscenici importanti in tutta Italia, partendo da Grottaferrata per chiudere il cerchio sempre qui, vicino casa, con l'Unipomezia. Manuel Panini si è ritirato dal calcio giocato appena qualche settimana fa, proprio al termine dell'ultimo campionato di Eccellenza svolto con i rossoblù. Una categoria in cui si è cimentato soltanto nelle recenti stagioni dopo un cammino di tutto rispetto e tante esperienze anche nei professionisti, con il difensore che racconta passo dopo passo tutte le tappe della sua carriera fino ad arrivare al nuovo incarico da direttore sportivo.
Come è nata la passione per il calcio?
"E' nata abbastanza tardi - afferma Panini -. All'inizio non ero particolarmente attratto e la prima volta che sono sceso in campo avevo 10 o 11 anni. Mi ci portò mio nonno Gilberto. A casa ero abbastanza vivace e non mi scaricavo mai, così un giorno decise di portarmi nella squadra del mio paese, la Vivace Grottaferrata, e da lì è iniziato tutto".
Che carriera è stata la tua?
"Sicuramente un viaggio bellissimo. Ho avuto la fortuna di girare tutta l'Italia e di conoscere tante persone nei miei 25 anni di attività. Soprattutto, ho fatto ciò che mi rendeva felice. Non ho mai smesso di ringraziare mio nonno, anche ora che non c'è più".
Dopo la Vivace come hai spiccato il volo?
"Durante un provino alla Romulea Giuseppe Giannini mi segnalò alla Juventus, mi presero e mi trasferii lì per un anno e mezzo. Poi, grazie a mister Marco Mariotti, sono andato al Frosinone dove ho vinto un campionato Berretti per poi passare in prima squadra. Da quell'esperienza ho capito che forse avrei potuto fare del calcio la mia vita, un lavoro vero e proprio. Successivamente è iniziato il mio tour fuori regione. Sono stato quattro anni a Cava dei Tirreni vincendo due campionati, venendo poi ingaggiato dal Catania in Serie A ma sono sempre stato girato in prestito. Per due anni ho disputato la finale play off per la Serie B con Taranto e Foggia, poi un anno in C1 con Juve Stabia, Paganese e con Aversa Normanna in Lega Pro. Dopo questa esperienza è iniziata la trafila in Serie D. Dopo un'esperienza poco fortunata alla Flaminia ho deciso di spostarmi in Campania dove si vive il calcio in maniera diversa. Ho fatto due anni con la Sarnese e altrettanti con l'Agropoli. Soltanto allora mi sono riavvicinato a casa giocando con Albalonga, Flaminia e per ultima l'Unipomezia".
Come hai detto, hai incontrato tantissime persone. Tra i giocatori ce n'è uno in particolare che ti è rimasto nel cuore?
"Ho tanti ricordi belli ed ho legato con tantissimi compagni. Ma la persona che mi ha dato di più probabilmente è Fabrizio Perrotti. Quando ero al Frosinone lui era il capitano e per noi giovani era visto come un idolo. La cosa che mi ha colpito di lui, e che mi è rimasta impressa, è il suo modo di dedicare tempo proprio a noi giovani. Era l'unico che rimaneva a fine allenamento facendoci capire ad esempio come calciare, ci dava consigli e ci stava sempre vicino. Questo mi ha colpito davvero tanto e grazie a lui ho capito quanto sia importante instaurare un buon rapporto tra grandi e giovani in una squadra".
Mentre a livello di allenatori, chi ha giocato un ruolo decisivo?
"Devo tutto a Marco Mariotti. Come detto è stato lui a portarmi al Frosinone ed è stato senza dubbio l'allenatore più importante di tutta la mia carriera. Abbiamo avuto un rapporto quasi tra padre e figlio".
Sei soddisfatto del percorso che hai fatto?
"Sicuramente sì. Ritengo la mia carriera giusta, considerando che ho giocato in un periodo molto complicato dati i valori con cui mi sono confrontato. Ho giocato con e contro gente fortissima, perciò credo di aver dato il massimo per quello che era il momento".
Quindi non ci sono rimpianti.
"Direi di no. Forse mi è mancata la possibilità di cimentarmi in un campionato come la Serie B e di poter esordire in Serie A, nonostante ci fossi arrivato. Questo è l'unico rammarico ma ripeto, sono soddisfatto del percorso che ho fatto e la mia carriera me la tengo stretta così".
Adesso che hai smesso di giocare hai già individuato il tuo futuro in veste di direttore sportivo.
"L'Unipomezia mi ha dato una grandissima opportunità. Il ruolo da direttore sportivo mi ha sempre affascinato nel corso degli anni. Anche da giocatore mi è sempre piaciuto avere un confronto con i mister, con i giocatori e con le società. Sicuramente mi affascina di più questa veste che quella di allenatore. Ho avuto la fortuna di poter iniziare subito questa nuova sfida con una società importantissima e ambiziosa come l'Unipomezia. So che ci vorrà una bella gavetta e tanta umiltà. Spero di essere all'altezza".