L'Intervista

Andrea Liguori si racconta: "La Serie D è una C2. In Francia nel calcio volano"

Federico Meuti

Il calcio visto dalla panchina è in grado di darti una visione completamente diversa. Una carica, una voglia, tutta esprimibile con il desiderio di realizzare un percorso, tagliando un traguardo dopo aver raggiunto tanti obiettivi importanti. Passo dopo passo, lasciando il segno in ogni piazza e mettendosi alla prova realtà magari stimolanti, per quanto complesse. Allenare probabilmente è una delle cose più difficili al mondo d'oggi, ovviamente nell'ambito sportivo. Oltre alla gestione tecnica, subentra quella umana, psicologica, in una società che tiene un passo iinfermabile, a cui anche il gioco del pallone si sta man mano adeguando. Per questo aggiornarsi è fondamentale, tenersi informati, in modo da non restar indietro. Di certo chi non si è fermato negli ultimi mesi è sicuramente mister Andrea Liguori, un tecnico dal curriculum di tutto rispetto, dalla Serie D, ai nazionali, un titolo italiano col Fidene, con avventure continentali e oltre, tra Francia, Tunisia e Svizzera, nel ruolo anche di vice allenatore del suo grande amico, prima che "boss", Marco Simone. Adesso la voglia di tornare a calcare il prato è molta, come ci ha voluto raccontare. 

Buonasera mister, dopo l'ultima esperienza al Grosseto lei è tornato sui banchi di scuola per continuare a studiare e migliorarsi - non che avesse mai smesso - in modo da farsi trovare pronto per la giusta occasione. Da dove gli piacerebbe ricominciare?

"Beh è vero (ride ndr), ho avuto l'umiltà di riprendere i libri e tornare a studiare nel giusto modo, approfondendo ogni dettaglio. È importante soprattutto visto un calcio così in evoluzione, che ti chiede di stare sul pezzo sempre e proprio per questo mi son impeganto per ottenere il patentino di UEFA A. Mi piacerebbe comunque magari un'opportunità nel così detto "mondo dei grandi", ovvero quella Serie C tanto affascinante, anche se è solo un'opzione. Penso che in Serie D mi divertirei tantissimo, visto anche il livello del campionato. L'importante sarebbe trovare un progetto convincente e sostenibile, non tanto sotto il piano economico, ma su quello della serietà, della lungimiranza. Per un allenatore è fondamentale lasciare la propria impronta umanamente, ma anche per l'aspetto metodologico. Un ambiente del genere sarebbe avvincente e stimolante, rimettendomi così di nuovo in sfida. Mi sento pronto per tornare ad allenare, ho avuto diverse offerte ma sono fiducioso che possa arrivare l'occasione giusta".

In questo periodo di studio e approfondimento si è potuto gustare un campionato in grande stato di forma come la Serie D, guardando quasi tutte le compagini coinvolte. A suo avviso com'è il livello rispetto anche a prima del Covid, e chi l'ha impressionato di più tra le laziali?

"Ho guardato svariate partite dal vivo, cercando di ampliare il mio raggio di conoscenza per trovarmi preparato su ogni aspetto. Delle squadre di questa regione posso dire che l'Ostiamare mi ha impressionato, e rimango un po' sorpreso da uno scenario di classifica che al momento non rispecchia, a parer mio, il valore della squadra. Anche il Roma City stesso è solido e potrà far bene, in un girone comunque complesso. Ciò testimonia l'alto livello dell'Interregionale in questo momento, una categoria splenida, colorata alla perfezione dalla qualità dei giocatori, ma soprattutto dallo spettacolo sugli spalti. Se vai in certe piazze, come Chieti, San Benedetto, Campobasso, ma anche scendendo giù, la tifoseria della Cavese, della Paganese o a Barletta rimani estasiato. Persino da spettatore questa realtà ti coinvolge in toto, e per viverla da tecnico devi avere una conoscenza profonda. Per quanto mi riguarda al momento questa Serie D è più vicina alla vecchia C2 che ad altro".

Proprio la LND recentemente ha previsto un cambiamento storico per la categoria, abbassando il numero di under da 4 a 3. Un fattore importante per il futuro, una sterzata forse dovuta anche alle tante richieste di diversi giocatori, portieri in primis. Lei come si schiera in questa situazione?

Per quanto mi riguarda la meritocrazia avrà sempre un peso maggiore rispetto a tutto, e quindi la regola degli under non ha molto senso di sussistere. Non è una miglioria per il gioco, visto che nessun tecnico davanti ad un giocatore bravo si mette a guardare la carta d'identità. Diciamo che è un primo passo, seppur molto significativo. Anche perchè la modifica più grande la avremo nella costruziona delle squadre, il che si sentirà anche nello spogliatoio. Con meno under sicuramente le società magari allestiranno rose diverse, in cui anche un ragazzo ai primi anni in D dovrà confrontarsi con gente più adulta e le dinamiche sono nuove. Poi fa strano vedere che le istituzioni considerino "giovane" chi ha venti anni, pochi nella vita vera diciamo così, ma una base buona per un campionato come questo. Se uno è forte gioca a prescindere, soprattutto quando magari l'età dice 17 o 18, i mister son ancora più contenti di metterlo in campo. In generale penso sia giusto comunque, e magari si vedrà un gioco maggiormente spettacolare. Sui portieri posso dire invece che già ora un minimo la tendenza mi sembra cambiata, con tante formazioni che si affidano all'esperienza dei loro estremi difensori, come a Chieti o Sora".

Con una preparazione come la sua, e con tutte le partite che so è visto negli ultimi tempi, vogliamo sapere allora chi per lei è la favorita nei girone della laziali, l'F e il G?

"Senza dubbio nel secondo vedo la Cavese avanti. Sta prendendo distacco, e trainata da un pubblico così caloroso immagino possa aumentare il divario dalle inseguitrici. L'altro invece - l'F - è più complesso, visto che tra Chieti, Smabenedettese e Campobasso non riesco a sceglierne una. La stagione è ancora lunghissima, tanto che vi dico di non sottovalutare l'Avezzano, perchè magari, essendo partito con meno aspettative delle altre, potrebbe compiere il passo decisivo nel finale".

Tornando invece a lei mister, nel suo percorso ha potuto conoscere svariate realtà, toccando anche il mondo dei nazionali, soprattutto con il Napoli. Le piacerebbe andare al timone di un gruppo Primavera, come lo vede il campionato?

"Una categoria del genere non può che affascinare, data la qualità importante, anche se il futuro è senza alcun dubbio la seconda squadra. In Serie C con l'U23 ti assicuri un patrimonio per gli anni successivi, e ne è dimostrazione la Juventus, da Miretti ad Iling-Junior, i giovani approdati nel grande calcio sono molti. La via è stata indicata dai bianconeri, e una società intelligente come l'Atalanta l'ha seguiti. Prepari i calciatori ad un palcoscenico di alto livello, facendo in modo di farli arrivare a dovere poi tra i grandi. Per svelarvi un retroscena, posso dire anche io di esser andato molto vicino a questa realtà, sempre come vice di Marco Simone. Il Milan ci contattà perchè voleva intraprendere questo progetto, anche se poi Fassone e Mirabelli saltarono, e con loro tutto l'accordo insieme alla possibilità di creare una squadra che ad oggi non è stata ancora fatta".

Non solo Italia però mister. Lei in carriera ha parlato tanto francese, tra Svizzera, Tunisia e ovviamente Francia. Sopratutto i nostri cugini stanno dimostrando molta competenza, sfornando talenti e giocatori di continuo. Da un tecnico che ha vissuto la Ligue 2 come se lo spiega? Lungimiranza o anche una normale attesa data ai giovani per affermarsi?

"In Francia hanno qualcosa di più, grazie a centri di formazione incredibili ed una programmazione dettagliata su ogni punto. Inutile negarlo, faremmo male a noi stessi dicendo il contrario. Lì società ed allenatori che puntanto sui talenti arrivati dal vivaio o di giovane età vengono ben visti, perchè contribuiscono a migliorare l'intero movimento. Qui in Italia non è così. Non oso immaginare la reazione magari di un addetto al lavoro quando la sua squadra non vince ed in campo si è puntato sulla gioventù. Il risultato oltralpe non è la priorità. Basti pensare che tra Tours FC e Stade Lavallois ho avuto la fortuna di allenare talenti come Baptiste Santamaria, ora al Rennes o Haris Belkebla, passato dal Brest, e tanti altri che sono stati lanciati al momento giusto. In generale volano rispetto a noi, guardando anche solo le loro piazze. Si identificano in quella società, l'amalgama tra sostenitori e città si crea in maniera forte, dando vita ad uno spettacolo tutto da gustare. Le infrastrutture sono all'avanguardia, mettendo le basi per il futuro".

La strada difatti appare limpida per i Blues, e se la sono anche costruita a dovere da soli. Se la nazionale ormai è la più forte al mondo, pensa che il campionato possa a sua volta riuscire a diventare il migliore, magari ripartendo proprio da questo talento. O forse ci sono troppi ostacoli, come il PSG o il problema al momento serio delle tifoserie?

"Senza dubbio se continueranno così avranno ancora tante soddisfazioni, anche a livello di club. Il Paris Saint-Germain per quello che rappresenta, per l'esposizione mediatica a cui è sottoposto, non può non avere giocatori simbolo, anche a livello mondiale, ne va di troppe cose, a partire dalla gestione del marchio. Sotto il piano dei tifosi dal mio punto di vista la tematica è extra-calcistica, riguarda un argomento sociale da risolvere, un qualcosa di più grande. Ogni cosa ha comunque la sua soluzione, e penso che, tornando al calcio da campo, in questo momento siano un esempio chiaro da seguire".

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