l'intervista

Eretum Monterotondo, Alessandri: "E' l'anno zero"

Lunga intervista al portiere gialloblu: "Agli appassionati, agli sportivi di Monterotondo chiedo che ci venga data una opportunità"

"Per me è un grande onore indossare la fascia di capitano della squadra di Monterotondo, rappresentare il paese che amo e nel quale sono nato e cresciuto. È sicuramente motivo di orgoglio, e sono sicuro che sarà ogni domenica molto emozionante infilare quella fascetta al braccio. Sarà ancora più entusiasmante e gratificante scendere in campo la domenica per difendere questa maglia e questi colori. Ringrazio la Società e il mister Paolo Malizia per la fiducia sperando di poterla ripagare e di essere all’altezza del ruolo che mi è stato affidato”: inizia con queste parole l’intervista a Carlo Alessandri, 30 anni, portiere e, dalla prossima stagione, capitano dell’Eretum Monterotondo, squadra che disputerà il campionato di Eccellenza. Alessandri è ormai un veterano tra i pali ma, soprattutto, è una persona seria, riflessiva, schietta. Quando parla usa toni pacati, ma decisi, e un linguaggio colto e mai banale. A differenza di tanti suoi colleghi, anche con alle spalle carriere più prestigiose e con nomi più famosi, non si rifugia mai nelle frasi di circostanza, non le manda a dire, accettando il rischio di risultare poco simpatico, in un mondo in cui l’ipocrisia troppo spesso la fa da padrona. Ne è venuta fuori una lunga e interessante chiacchierata, a 360°: dal drammatico finale della scorsa stagione alla squadra che sta nascendo; dal rammarico per qualche compagno che ha lasciato Monterotondo al rapporto con mister Malizia; dalla fusione tra Eretum e Monterotondo ai progetti della nuova Società che lui considera all’anno ‘zero’ “perché le migliori componenti di due Società e due diverse storie si sono unite per creare qualcosa di più solido e forte. Dunque, quello che verrà sarà tutto nuovo e sarebbe sbagliato fare paragoni col passato”.


Capitano, partiamo dalla scorsa stagione. Cosa non ha funzionato, quali sono state secondo te le cause che hanno portato ad una retrocessione sicuramente inaspettata del Monterotondo Calcio? 

“Provo grande dispiacere per l’esito dello scorso campionato, perché non siamo stati in grado di portare a termine una stagione tranquilla, senza patemi, come era nelle aspettative iniziali. Ho sentito dire che ha pesato la sfortuna, ma non ci voglio pensare nemmeno. La sfortuna non c’entra, ci sono state delle mancanze soprattutto da parte di noi giocatori. Avevamo una squadra validissima, con pochi punti deboli, tanto che siamo state una delle due squadre a battere il Monterosi che poi ha vinto il campionato. Ci sono stati sicuramente problemi di testa, di mentalità, siamo stati in molte gare i primi avversari di noi stessi. A volte, inconsciamente, ci siamo sentiti troppo belli, troppo forti per essere invischiati nella lotta per la salvezza. Tutti, società e calciatori, abbiamo sottovalutato, e peggio, non accettato ed evitato di risolvere il problema, abbiamo trascurato il rischio retrocessione e questo alla fine è stato fatale”.


Guardiamo avanti. Che Eretum Monterotondo sta nascendo, quali differenze intravvedi, almeno sulla carta, con la squadra della passata stagione?

“Concedetemi una premessa: considero quella prossima la prima stagione di una neonata Società quindi non me la sento di fare paragoni con il passato. Sarà l’anno zero dell’Eretum Monterotondo, di una società nella quale sono confluite le migliori componenti delle due realtà che hanno dato origine alla fusione. È quindi tutta un’altra storia. Quanto alla domanda, il Monterotondo Calcio dell’anno scorso era di base una squadra molto solida e forte fisicamente con picchi eccellenti di qualità, l’Eretum Monterotondo che sta nascendo mi sembra una squadra più vivace, più giovane. Mi auguro che i tanti giovani possano esprimersi al meglio, fare un importante salto di qualità, sfruttando la fiducia che è stata loro concessa”. 


Ad inizio estate hanno lasciato Monterotondo due amici prima che due compagni di squadra, due eretini doc dalle straordinarie qualità, Gianluca De Dominicis e Matteo Federici. Quanto mancheranno a te e alla squadra?

“Da amico e da compagno di squadra proverò un grande dispiacere nel non vederli accanto a me in campo a difendere la nostra maglia. Per me Gianluca e Matteo restano i giocatori più forti che avevamo, quelli con le migliori qualità. Per questo ci tengo a sottolineare un concetto: i giocatori che sono rimasti non sono da considerare come degli eletti, i più bravi, ma semplicemente sono quegli atleti che la società ha valutato come più funzionali al nuovo progetto. Tornando a Gianluca e Matteo, mancherà soprattutto la paura che incutevano agli avversari, che leggevo negli occhi dei difensori. Un altro giocatore che mancherà molto è Manuel Palomba. Ci tengo a salutare e ringraziare anche altri due ragazzi che sono stati degli esempi ovunque abbiano giocato: Mirko Mancini e Cristian Muzzachi: come attaccamento alla maglia sembravano loro dei nativi di Monterotondo e in quanto a prestazioni sono andati ben oltre quella che è la professionalità. Ne avessimo avuta noi…”.


Soprattutto negli ultimi anni si è notata una grossa disaffezione tra la squadra e il pubblico di Monterotondo. Ti sai dare una spiegazione e te la senti di fare un appello ai tifosi in vista della prossima stagione?

“E’ assolutamente vero: non è mai scattata la scintilla tra il tifoso e la Società. Difficilmente, anche con il Monterotondo Calcio ad un passo dalla C2, si è riuscito a creare quel connubio, modello Sassuolo, modello-Chievo, che rende vincente un progetto calcistico. C’è sempre stato un qualcosa che ha attratto e poi respinto. Un tassello mancante. Non si è riuscita a creare una simbiosi tra squadra, società e tifosi. Agli appassionati, agli sportivi di Monterotondo chiedo che ci venga data una opportunità. Dico loro: ‘Venite allo stadio, anche con spirito critico all’inizio, ma venite, dateci una possibilità e faremo di tutto per tenervi con noi, per farvi divertire e passare belle domeniche di sport’. Tengo a precisare che non biasimiamo assolutamente nessuno: considerando le ultime tre stagioni è normale che i tifosi abbiano delle riserve. Bisogna però creare delle basi diverse rispetto al passato e questo, magari grazie alla nuova Società, all’unione tra l’Eretum e il Monterotondo Calcio, potrà essere possibile”.


Che rapporto hai con mister Paolo Malizia?

“Paolo è un’istituzione, un’autentica bandiera del calcio a Monterotondo ed è sicuramente un privilegio averlo in panchina. Con il mister c’è un gran bel rapporto, c’è stima reciproca. Sento che lui ha molta fiducia. In passato non ci siamo confrontati molto, ma è una di quelle persone con cui c’è grande sintonia, siamo spesso sulla stessa lunghezza d’onda quindi riusciamo a capirci con uno sguardo”.


Cosa pensi della fusione tra Eretum e Monterotondo Calcio che ha dato vita all’Eretum Monterotondo?

“Chapeau all’Eretum, a chi l’ha fondata e a chi l’ha portata avanti per tanti anni. Hanno creato da zero una realtà che nel giro di poche stagioni si è saputa ritagliare uno spazio importante e prestigioso nel panorama calcistico di questa città. Credo che l’Eretum fosse arrivata all’apice del suo sviluppo, del suo arco narrativo: il punto di incontro con il Monterotondo Calcio, dunque, era secondo me, oltre che inevitabile, anche auspicato e auspicabile per entrambe. Si sono incontrate due eccellenze, le migliori qualità dei due vecchi sodalizi, e questo credo sia assolutamente un buon viatico per il futuro. Se invece voglio trovare un difetto al Monterotondo di questi 3 anni, lo rintraccio nell’esasperazione dei suoi pregi: c’era bisogno di più severità, più maturità e capacità di gestire i momenti critici. Mi auguro che la ventata di freschezza arrivata dagli elementi positivi dell’Eretum possa completare entrambe le società e far diventare l’Eretum Monterotondo un polo di eccellenza in ambito calcistico”.


Che consiglio ti senti di dare alla nuova Società?

“Mi auguro che venga dato grande peso al settore giovanile: non è retorica, ritengo fondamentale creare un settore giovanile all’avanguardia, serbatoio della prima squadra e, perché no, di altre realtà professionistiche. Ci vuole buona organizzazione e soprattutto grande serietà. Un appello mi sento di farlo anche ai genitori dei ragazzi più giovani: devono capire e apprezzare, non denigrare, la severità e l’educazione sportiva, la disciplina che i tecnici e i dirigenti cercano di impartire ai propri ragazzi. Perché la formazione di un grande settore giovanile passa anche e soprattutto per il ripristino di un sistema di regole consolidato che devono osservare atleti, tecnici e dirigenti stessi fatto di impegni da mantenere, orari e calendari da accettare, sacrifici con la scuola. Quando andiamo nelle altre realtà importanti, a cominciare da Lazio e Roma, ammiriamo e apprezziamo la disciplina e la serietà, in casa nostra invece spesso assistiamo ad intere squadre buttate in campo come fossero al pascolo. Così non si va da nessuna parte”.


Che aspettative hai per la prossima stagione, sia a livello personale che come squadra?

“A livello personale, mi auguro di riuscire a trasmettere grande sicurezza e affidabilità ai miei compagni di reparto e a tutta la squadra. L’auspicio, come detto prima, è di essere all’altezza del ruolo e dei ‘gradi’ di capitano che mi sono stati attribuiti. Quanto alla squadra, l’augurio è che tutte le componenti si incastrino finalmente alla perfezione per disputare una stagione importante e ricca di soddisfazioni per noi, per la società e per il pubblico che verrà a sostenerci. Le premesse ci sono tutte, perché dal calciomercato sta uscendo una squadra di grande spessore”.


Hai già pensato al derby con il Real Monterotondo Scalo?

“Innanzitutto devo complimentarmi con la società rossoblù: li ammiro molto, in un clima di serenità, anche logistica con spazi e impianti a disposizione, hanno fatto grandissime cose sono riusciti a conquistare quattro promozioni consecutivamente quindi rappresentano sicuramente un modello da seguire. Quanto al derby, sarà indubbiamente una bella sfida, affascinante per noi in campo e per la città. Non vedo l’ora, sarà una grande giornata di sport per Monterotondo”.


A che punto è la tua carriera?

“Mi sento un ragazzino, con talmente tanto entusiasmo da sentirmene quasi in colpa. Ho più entusiasmo, costanza e voglia di tanti giovani. Mi sento un portiere in fase di maturazione, mi sto divertendo molto e la mia fortuna è stata quella di trovare un preparatore intelligente e di categorie superiori come Paolo Lucidi e un contesto entusiasmante in cui divertirmi. Perché quando si arriva alla mia età, con i problemi e gli orari di lavoro, le ore che si trascorrono nel calcio devono essere anche e soprattutto divertenti. E se trovi società che ti danno questa possibilità, devi ripagarle con il cuore sul campo. Quando smetti di divertirti e inizi a considerarlo come un secondo lavoro, a quel punto è finita”.

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