Cerca
l'opinione
20 Ottobre 2016
Flavio Catanzani
Vorrei raccontarvi una storia. Quella dell’amore mai nato tra l'Unipomezia e Flavio Catanzani. Definire il suo lavoro, di appena tre mesi, sulla panchina rossoblu come un fallimento può sembrare troppo, ma probabilmente è il termine più in linea con la realtà dei fatti. I pometini si sono presentati ai nastri di partenza con una rosa allestita per puntare alla Serie D e con un allenatore pubblicamente incensato dopo l’impresa compiuta con l’Anzio. Nonostante le premesse di tutto rispetto, l’Unipomezia ha collezionato 7 punti in 7 giornate di campionato, un bottino così deludente da costringere Flavio a rassegnare, forse tardivamente, le proprie dimissioni. Proviamo quindi ad analizzare il suo lavoro e vedere quali sono alcuni degli errori commessi. Catanzani in 3 mesi non è riuscito a trovare un undici titolare, il vestito giusto per la sua squadra. Eppure di soluzioni l’ex Anzio ne ha avute in abbondanza. Il lavoro del presidente Valle e del dg Morelli ha consegnato al mister una rosa composta da tanti giocatori esperti di indubbio valore, che è superfluo stare ad elencare, e di giovani di qualità per ogni zona del campo. Questo è un aspetto da non trascurare, dato che avrebbe permesso a Catanzani di ruotare gli uomini in base alle esigenze, senza la costrizione di dover mettere in campo sempre gli stessi under e sempre negli stessi ruoli. Giovani come Scalibastri, Draghici, D’Ausilio, Salzano, Cappabianca, Nardini, Valle e Carlino, solo per citarne alcuni, regalavano grande libertà di scelta. In questo Catanzani ha indubbiamente sbagliato. La decisione di schierare la maggior parte degli under nel reparto offensivo lo ha costretto a rinunciare a giocatori come Monteforte, Italiano, a volte Lupi, producendo una sterilità d’attacco palese. Una squadra di questa caratura non può permettersi di realizzare solo 5 gol in 7 giornate. La formazione schierata nella sconfitta di Aprilia ha messo in luce proprio questo. Una squadra che è brava a tenere in difesa, ma che non riesce ad essere pericolosa. Del resto non si può chiedere a giocatori come Lupi e Valle di essere i riferimenti dell’attacco. Il capitano e il giovane ’95 hanno grandi qualità, sanno creare la superiorità numerica ed essere degli ottimi assist-man, ma non hanno le doti dell’attaccante d’area di rigore, non ne posseggono i movimenti. Per questo la rinuncia ad Italiano sembra una scelta che veste i contorni del suicidio sportivo. Se nascondiamo gli errori tecnici sotto il tappeto, possiamo concentrarci sul vero problema mostrato dall’eroe di Anzio: la hybris. Un termine greco che possiamo tradurre con tracotanza, superbia. Catanzani ha allenato squadre in cui era lui l’unica star e tutti lo seguivano come un oracolo. All’Unipomezia, invece, ha trovato giocatori che, in molti casi, hanno vinto ben più di lui e con cui non ci si poteva relazionare come un generale con il soldato semplice. Allegri, non proprio l’ultimo arrivato, parlando del buon allenatore ha detto: “La prima qualità è non credere mai di essere determinante per le vittorie. Le partite le vincono i giocatori. Il bravo allenatore è quello che fa meno danni”. Parole umili, che male si sposano con i pochi mesi di Catanzani alla guida dell’Unipomezia. Un allenatore dalle qualità indiscutibili che però, alla prima avventura importante, non ha sopportato la pressione e che non ha potuto far alto che abbandonare la nave.
EDICOLA DIGITALE
Dalle altre sezioni
Dalle altre sezioni
Dalle altre sezioni
Dalle altre sezioni
Dalle altre sezioni
Dalle altre sezioni
Dalle altre sezioni