l'intervista
Antonio Cececotto: "Adesso ho aperto gli occhi"
Vi proponiamo l'intervista integrale al presidente del Città di Ciampino pubblicata sull'edizione di lunedì 12 giugno
La prima intervista a Gazzetta Regionale nell’agosto del 2014. Carica energica contagiosa, la ferma serenità di chi sta per fare grandi cose. Doppio salto dalla Promozione alla Serie D, settore giovanile in crescita esponenziale. Tre anni dopo è un Antonio Cececotto diverso, segnato dal dispiacere, dalla delusione e pronto addirittura a lasciare. La retrocessione, le mancate promesse, la scoperta di “uomini che non valgono niente”, la perdita di Valerio Iannotti e la solitudine sua e del compagno di avventura Alessandro Fortuna.
Onestamente oggi ti vedo più amareggiato, più distante. È così? “Sto seguendo la serie 1993, c’è un passaggio in cui Berlusconi afferma che la gioia della vittoria non è mai lunga quanto l’amarezza di una sconfitta. È la prima retrocessione e fa male, ma fa ancora più male essersi ritrovati da soli e rendersi conto che le tante promesse non sono state mantenute”.
Soprattutto per i costi. “Usciti i gironi ci siamo fatti due conti e solo di trasferte la spesa si aggirava intorno ai 70 mila euro, una grossa cifra da sottrarre al progetto sportivo”.
E non sono i soli. “Altri 60 mila euro sono stati investiti sull’impianto per una sola stagione. Abbiamo dovuto alzare la recinzione stradale di un metro e mezzo, mi chiedo ancora perchè? Abbiamo dovuto rifare gli spogliatoi, per un paio di lavandini e di docce in più... La Serie D a Roma non è sostenibile”.
Quindi è plausibile che i club, non pochi, preferiscano evitare il salto dall’Eccellenza? “Purtroppo sì! Ti faccio un esempio semplice, se Roma e Lazio giocano il sabato riesci a fare un minimo pubblico pagante, ma parliamo di 80, 90 persone a 5 euro cadauna. Se giocano la domenica gli spalti sono semi deserti”.
Non trovi assurdo che la scalata di una società non venga sostenuta, economicamente, da un sistema meritocratico? “Ritengo giusta la regola dei giovani, se non fossimo retrocessi ci saremmo qualificati secondi. Visti i gironi, sarebbe opportuno quantomeno venire incontro ai club sui costi delle trasferte”.
Un movimento come quello del Città di Ciampino è un bene per la collettività. Ti sei reso disponibile ad affrontare questa avventura, chiedendo però un sostegno alla comunità, il bilancio qual’è? “Il sostegno delle Istituzioni non me lo aspettavo, non credo abbiano modo. Sono i club che sostengono i Comuni, qui paghiamo 50 mila euro di canone annuo”.
Un buon sostegno poteva essere anche una detrazione dal canone, dopo questa stagione Ciampino non è più un aeroporto, ma anche una squadra di Serie D. “Mi sono sentito rispondere che se fossero venuti incontro a me, avrebbero dovuto farlo anche per la pallacanestro, la pallavolo, il tennis, il calcio a cinque...”
Ti è stato detto, in parole povere, che il Comune non poteva permettersi di
perdere questi introiti? “Questo lo stai dicendo tu”.
Nei momenti di diffi coltà si capisce il valore delle persone che ti circondano, è vero? “Verissimo, quest’anno mi ha fatto aprire gli occhi. Vicino a me c’erano persone pronte a “mungere la mucca” ma che alle prime difficoltà hanno voltato le spalle e si sono comportate come puttane. Un dispiacere”.
Qual’è il motivo principale di questo sentimento? “Che sia io che Alessandro Fortuna abbiamo fatto cose incredibili per tante persone. Chi abbiamo tolto dalla strada, ripulendolo dagli sbagli di gioventù, a chi abbiamo prestato soldi per comprarsi macchine o appartamenti”.
Vince l’incazzatura o la delusione? “La delusione è profonda e purtroppo vince. L’incazzatura è diversa, ti porta a reagire, la delusione ti taglia le gambe e ti chiedi, chi me lo fa fare?”.
Quanto hanno influito queste persone sul risultato sportivo? “Tantissimo, anche il 60 per cento. Sentirsi dire da chi guida, io in altri tempi me ne sarei andato...”
Un condottiero ha sempre le sue responsabilità, quali sono le tue? “Quelle maggiori. Non mi sono mai messo sul piedistallo quando abbiamo vinto, appaio poco e nulla, non chiamo i giornalisti per le interviste. Quando perdiamo però sono il primo a mettermi in gioco, da condottiero ho sbagliato nelle valutazioni. Ci tengo a precisare che le decisioni le prendo insieme ad Alessandro Fortuna, ma io più di lui, che vive la società in maniera più marginale, sono il responsabile”.
Si rincorrono tante voci, addirittura di un accordo con Stefano Bianchi, che ha deciso di lasciare la Lepanto. Cosa sta progettando Cececotto? “Quando Bianchi era a Ciampino dicevano che eravamo nemici, ma alle riunioni di Lega siedevamo sempre vicino. C’è reciproco rispetto e stima perchè facciamo calcio per passione vera e ti garantisco che la pensiamo uguale. Chiunque lascia i nostri club, stanne certo, non deve prendere un centesimo. Forse un giorno faremo qualcosa insieme, oggi noi tre (Cececotto, Bianchi e Fortuna, ndr), siamo tre persone deluse”.
Praticamente non mi hai risposto. “(sorride, ndr) Tutti hanno parlato di un confronto tra me e Bianchi, ma io abito a Frattochie e lui a Marino, può capitare di incontrarsi. Non credo faremo qualcosa insieme”.
C’è dell’altro? “Abbiamo un progetto con un altro club che verrà a giocare qui, a breve avrò un incontro ma parliamo solo di Settore Giovanile. Poi stiamo portando avanti l’ampliamento dell’impianto con un nuovo campo di Calcio a 8, insomma il Città di Ciampino va, per adesso...”
In che senso? “Che se qualcuno mi presenta l’offerta giusta non devo neanche chiamare Alessandro, firmo la cessione. Ma fi nché non ci sarà nessuno, non mando certo a morire un progetto e un impianto come questo, anche perché di soldi ne sono stati spesi tanti. Certo, non ho la stessa carica del 2009 quando arrivai”.
Senza quella carica che Eccellenza sarà? “Tranquilla, con l’obiettivo della salvezza e del divertimento, con tanti giovani. Non abbiamo mai fatto follie per i giocatori, la priorità è aiutarli provando ad inserirli nel mondo del lavoro e facendogli capire che il calcio a questi livelli è una passione. Ho vinto un altro campionato mettendo a lavorare Tiziano Carnevali a 40 anni - sorride, ndr -”.
Sulle giovanili che ci dici? “La mia grande soddisfazione, fuori dal raccordo credo siano pochi i club che vantano quattro squadre in Elite. Ringrazierò per sempre Roberto Vichi, qui non c’era nulla, ha fatto un lavoro eccezionale, mi ha insegnato i giusti valori da trasmettere ai ragazzi. Non illudiamo i giovani facendogli credere che con il calcio potranno fare la bella vita, la cosa più importante è creare dei buoni cittadini, poi se viene fuori un bel giocatore siamo felici”.
Ha lasciato Santoni, dopo 8 anni. “È uno di quei volti che la sconfitta ci ha svelato, abbiamo capito che tipo di persona. E' giusto che vada”.
Sembrava vi foste lasciati in buoni rapporti... “È un personaggio che ho costruito io, lo presi quando era allo sbando, l’ho ripulito, gli ho dato lavoro, gli ho lasciato dire che lui era il totem del club, d’altronde è bravo a vendersi, ma solo io e Fortuna possiamo dire di essere il Città di Ciampino”.
Ci sono tensioni molto forti...“Nelle difficoltà, come dicevi tu, si vedono gli uomini e quando uno non lo è, non farà mai grandi cose”.
La sua scalata è stata importante nel club, come si è arrivati a questo punto? “Avevo visto in lui una persona che poteva darmi tanto a livello tecnico, qui oltre che giocatore è stato ds prima e allenatore poi. Il problema però non è
tecnico, lui ha deluso come uomo”.
“Il calcio è a rimettere”, cito tanti addetti ai lavori. Tu come commenti? “Se fai i conti delle spese fisse, eccetto pochissimi casi, sfido a trarne guadagno. Devi creare qualcosa intorno, noi per esempio abbiamo la piscina e la Club House che ci aiutano a coprire parte delle spese, ma l’attività calcistica è una perdita, stop”.
La passione colonna portante, la tua è vicina ad esaurirsi? “Non è solo un discorso di risultati, il nostro cammino è fatto molto più di vittorie che di sconfitte. La cosa bella è aver creato un ambiente familiare, la luce per andare avanti me la danno i ragazzi, anche di altre squadre, che si riuniscono qui per stare in compagnia. Però ti ripeto che sarei pronto a cedere serenamente, anche perché potrei dedicarmi di più alla famiglia”.
La stessa luce e la stessa passione che ti hanno spinto ad organizzare il primo Memorial Valerio Iannotti. “Ci ha colpito e segnato per sempre, era più o meno questo il periodo in cui è successo, un anno fa. Un episodio che mi ha fatto conoscere meglio una famiglia con una forza pazzesca, con tanto, tanto, tanto coraggio. Un ragazzo di 16 anni, una tragedia. Voglio credere che Valerio mi abbia fatto un dono: quello di avermi fatto aprire gli occhi su una persona che non merita niente”.
L’amarezza di una sconfitta è molto più lunga della gioia di una vittoria, ma può passare no? “Forse con l’inizio della stagione la delusione potrebbe essere accantonata. Il cammino è già iniziato e ripartiremo fermamente da Giordano Moronocelli e quando la palla riprenderà a rotolare quella che ora è una fiammella tornerà ad essere un focolare.”