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L'intervista

Andrea Braconi: "Non possiamo fermare tutto di nuovo"

Il Presidente dell'Ottavia analizza il momento: "Le perdite dovute al primo lockdown sono state molto pesanti. I centri sportivi non sono luogo di contagio, basterebbe rispettare i protocolli"

10 Novembre 2020

Andrea Braconi: "Non possiamo fermare tutto di nuovo"

Andrea Braconi

Purtroppo ci risiamo... La seconda ondata del Covid ha portato nuovamente il Governo a sospendere tutti i campionati dilettantistici e giovanili. Una scelta importante, ma probabilmente troppo severa considerato che nei vari centri sportivi il numero dei contagi è molto limitato, come recentemente dimostrato. E' pur vero che in ogni weekend cresceva sempre più il numero delle partite rinviate, ma è davvero questa la soluzione più idonea che si poteva adottare? Perché sacrificare proprio lo sport? Senza dimenticare poi gli ingenti danni economici con cui ciascuna società dovrà fare i conti, una seconda volta, dopo il primo lockdown di marzo. Il riassettare il tutto secondo le nuove normative anti covid, aggiungendo di fatto altri costi ad un quadro già complicato per garantire appunto quello che doveva essere il normale svolgimento delle attività, va così a vanificarsi? Proprio come nel periodo primaverile le preoccupazioni tornano a crescere esponenzialmente. Come si ripartirà questa volta? Abbiamo analizzato la questione in tutte le sue sfaccettature con il presidente dell'Ottavia, Andrea Braconi.


Presidente, siamo tornati in un clima di grande difficoltà. Come stai vivendo questa situazione a livello umano?

“Dal punto di vista umano, secondo me in questo momento è importante vincere la paura anche se ovviamente dobbiamo essere comunque consapevoli che c'è una malattia, che esiste. Non sono assolutamente negazionista ma con le dovute precauzioni si può evitare di contrarre il virus. Il mondo deve andare avanti, non possiamo permetterci di paralizzarci un'altra volta né come aziende, né come persone. Dobbiamo avere la forza di reagire chiaramente seguendo tutte le istruzioni che ci vengono date come indossare la mascherina, igienizzare le mani e mantenere le distanze di sicurezza”.


Mentre da presidente come vivi un momento del genere?

“Riguardo il calcio vale esattamente lo stesso discorso. Si è dimostrato che i centri sportivi non sono luogo di propagazione del contagio, perciò basterebbe adottare le varie precauzioni del caso”.


Ma il Governo ha deciso di fermare nuovamente il calcio dilettantistico e giovanile. Sei d'accordo?

“Non vorrei sembrare un irresponsabile, ma non sono d'accordo nel fermare le gare e mantenere la possibilità di fare gli allenamenti. Ripeto, è stato dimostrato anche parlando un po' con tutte le società con cui ho contatti che, su 250/300 tesserati i casi di covid sono numeri da prefisso: 5,6,3,4. Quindi è ampiamente attestato che i centri sportivi non sono luoghi contagiosi. Per cui fermando il calcio, con tutto quello che ne consegue per le società sportive come ad esempio il mancato introito degli incassi del bar, della ristorazione, dell'affitto serale dei campi, delle quote della scuola calcio che magari qualcuno metterà in divagare, delle piccole sponsorizzazioni di attività locali che ovviamente a fronte di questa situazione non vengono più corrisposte, diventa impossibile per tanti andare avanti”.


Sei ottimista per il rientro dopo il 3 dicembre o pensi che andremo oltre?

“Penso che andremo sicuramente oltre. Il 3 dicembre è assolutamente una data intermedia, perché se si viaggia su questo numero di contagi, sempre ammesso che si prendano per buoni i 30.000 positivi circa, dico che ad oggi mi sembra inverosimile che tra un mese si possa ricominciare”.


Credi che questo nuovo stop vada ad incidere sulle società di calcio? E in che modo?

“Mi preoccupa molto l'aspetto economico. Ho potuto notare, conoscendo Ottavia da 30 anni essendone stato anche un semplice allenatore diverso tempo fa, che la differenza rispetto al passato è che prima si andava avanti in un modo diciamo artigianale, per cui con i soci che collaboravano e davano una mano si riusciva a mandare avanti una società. Oggi, invece, per mandare avanti una società occorre una gestione molto più aziendalistica. Ci sono persone che si occupano della segreteria, altre della manutenzione dell'impianto e di conseguenza ci sono costi che non sono paragonabili a quelli di una volta, a fronte di costi che al contempo rimangono fissi come le utenze, il pagamento degli affitti e altre voci di spesa. E se gli incassi sono pari a zero i presidente o i soci devono mettersi le mani in tasca. Ma al tempo stesso, in molti casi, anche il presidente fa l'imprenditore e a sua volta viene danneggiato da questa ulteriore chiusura. Perciò, purtroppo, diventa tutto un circolo vizioso”.


Costi di una società che sono stati aumentati anche i virtù degli adeguamenti alle nuove norme dopo il primo lockdown.

“Abbiamo sostenuto certamente dei costi ulteriori. Ad esempio il termo scanner, abbiamo sanificato gli spogliatoi, li abbiamo dovuti ampliare per garantire il distanziamento, abbiamo fatto tutto ciò che è stato necessario fare, lo abbiamo fatto volentieri ma veniamo già da una chiusura che chiamerei 1.0 e che ha portato a società come l'Ottavia una perdita stimabile ad una cifra pari a 50.000 euro, fra rimborsi che abbiamo dovuto continuare a versare, sponsorizzazioni che hanno interrotto il pagamento delle quote, la scuola calcio alla quale è stato necessario restituire parte delle quote versate, il mancato introito dell'affitto dei campi serali e quella piccola ristorazione parallela. Sommando tutte queste voci si arriva a circa a 50.000 euro. Noi chiudemmo immediatamente, se non ricordo male il 2 marzo. Perciò veniamo tutti da una botta già forte, riprenderne un'altra adesso renderebbe tutto più faticoso”.


Questa ulteriore chiusura pensi che porti qualche società a scomparire?

“Il rischio è alto, anche perché lo abbiamo visto già dopo la prima chiusura. Ci sono state società che hanno dovuto chiudere, che hanno fatto scelte drastiche di non fare magari più le attività più impegnative a livello di costi come la prima squadra e il settore giovanile, società che si sono fuse perché una delle due aveva difficoltà nell'andare avanti. Per cui sì, mi aspetto che qualcuno vada in grande difficoltà come già si è verificato in seguito al primo lockdown”.


Mentre in termini di abbandono del calcio da parte dei ragazzi credi che questo fenomeno vada ad accentuarsi?

“Questo rischio già c'è adesso, le presenze nella scuola calcio già oggi sono molto diminuite. Ma sicuramente da parte dei genitori un po' di timore nel portare i ragazzi al campo c'è, perché poi è anche indotto da tutte le notizie che sentiamo giornalmente. Perciò lo comprendo, lo capisco, e questo porterà inevitabilmente qualche genitore a ritirare il ragazzo, qualche ragazzo che si voleva iscrivere a non venire. Di fronte a questa situazione si fermeranno per capire bene cosa succede”.


Voi come Ottavia come intendete procedere?

“Noi andiamo avanti osservando quelle che sono le disposizioni che ci vengono date, sia dalla Federazione e dal Comitato sia a livello di leggi nazionali. Al momento ci è consentito fare attività, la facciamo ovviamente rispettando la forma di allenamenti individuali. Addirittura una squadra si allena in giorni alterni in maniera da evitare grossi affollamenti. Abbiamo chiuso l'attività di ristorazione, abbiamo chiuso le tribune perché tanto gli allenamenti sono a porte chiuse e aspettiamo di capire ciò che ci sarà consentito fare più avanti. Poi se ci diranno di chiudere definitivamente lo faremo e aspetteremo un momento migliore. Ho comunque la certezza che i campionati quest'anno verranno portati a termine anche se più avanti con le date, magari terminando a giugno invece che a maggio, ma in questo momento vedo soltanto una gran confusione”.

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