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l'intervista
13 Luglio 2018
Antonio Ranieri, presidente del Giardinetti ©Ufficio Stampa Giardinetti
Il Giardinetti è una sua creatura e guai a chi gliela tocca. Lo senti dalle sue parole. Il Giardinetti è la passione, l'impegno e tutto il sacrificio di Antonio Ranieri, che siamo andati a trovare allo Sbardella il giorno del suo compleanno. Il capitolo Giovannoni, i procuratori, il calciomercato 2.0. Insieme al numero 1 biancorosso abbiamo fatto un vero e proprio excursus attraverso gli argomenti più caldi che coinvolgono il settore giovanile.
Presidente, la stagione 2017/2018 si è appena conclusa: ti chiedo subito un bilancio.
“E' stata una stagione trionfale per noi. Con la prima squadra abbiamo fatto il famoso double vincendo campionato e Coppa Lazio. Bene, benissimo, anche il settore giovanile dove abbiamo centrato la salvezza con tutti i gruppi e ottenuto i tanto desiderati Regionali con la Juniores. Faccio davvero i complimenti a tutti: giocatori e dirigenti”.
Non è stato un anno facile per l'Elite. Hai dimostrato coraggio in molte decisioni sullo staff tecnico.
“Vero, siamo stati anche molto criticati dopo aver cambiato praticamente tutto il parco allenatori rispetto a inizio stagione. Non è stata una scelta facile, ringrazio comunque i dirigenti che hanno scelto il Giardinetti, ma alla fine abbiamo deciso di affidarci a delle persone interne e devo dire che poi i risultati ci hanno dato ragione. Non solo, però: la crescita dei ragazzi è stata evidente e questa è la cosa che conta”.
Mi vorrei soffermare un attimo su Leonardo Ranieri, tuo figlio. Un ragazzo cresciuto davvero tanto in questo periodo anche dal punto di vista mentale. Si sta prendendo delle importanti responsabilità al Giardinetti.
“Leo è un ragazzo cresciuto a pane e calcio, seguendo la mia parabola professionale. Lui però ha fatto la gavetta, iniziando come aiuto preparatore dei portieri e ha fatto un percorso formativo importante, cosa che molti non fanno. E' diventato direttore sportivo e ha deciso poi di cimentarsi in questo nuovo ruolo in panchina in cui si trova molto bene. Al di là degli obiettivi raggiunti, è un ragazzo che instaura un grande rapporto con i suoi giocatori a livello umano e in questo calcio, credetemi, fa la differenza”.
Prima di entrare nel settore giovanile vorrei per un attimo riaprire il discorso Giovannoni. Si è parlato molto di questa addio. E' stato detto tutto secondo te?
“Direi di no, molte cose non si possono neanche dire. Mi aspettavo sicuramente qualcosa di diverso da questo rapporto. Con tutto il rispetto per la famiglia Giovannoni, che non è da molto nel mondo del calcio, io ho creato il Giardinetti e l'ho portato, prima del loro arrivo, ad avere quattro categorie in Elite e una Prima Categoria. Forse non avevamo gli stessi obiettivi e come conseguenza le strade si sono separate”.
Dagli Allievi in giù avete tutta Elite. Nella tua testa c'è l'intenzione di portare il Giardinetti ai vertici del calcio laziale?
“Se dicessi il contrario non sarei onesto. Io però voglio che il Giardinetti venga riconosciuto come un club che lavora sui ragazzi. Non cambierei mai un titolo regionale con un giocatore che va al professionismo”.
Argomento centrale di quest'estate è stato il “Calciomercato 2.0”. So che hai seguito attentamente la vicenda, che idea ti sei fatto?
“Io sono abituato a dire quello che penso. Ho letto molta ipocrisia in parecchie interviste degli addetti ai lavori. Alcuni predicano bene e razzolano male e io ne sono un testimone vivente visto che mi trovo a 'lottare' proprio contro alcune di queste figure. Noi come Giardinetti ci troviamo in difficoltà perchè diciamo l'esatto contrario di quello che i genitori vorrebbero sentirsi dire. Qui vengono molti e ci chiedono la fascia da capitano, alcuni ci dicono che un'altra società ha offerto loro dei soldi. Questo è sempre accaduto. Ormai la parola, la stretta di mano, non ha alcun tipo di valore”.
Michele Maragliulo della Spes Artiglio è andato un po' controcorrente. Lui vede nell'atteggiamento dei genitori il problema più grande.
“Sono d'accordo con Maragliulo. Le società trovano terreno fertile nei genitori che, non conoscendo bene le conseguenze, si fanno abbindolare. Ci vuole grande attenzione prima di fare una scelta”.
E soprattutto bisogna stare attenti anche a chi si affida il proprio ragazzo.
“Sì, questo è sicuramente un altro grande problema. Gli pseudo procuratori che chiedono 500 euro ai genitori è qualcosa di incredibile. E sapete a chi li chiedono? Proprio a quei giocatori che probabilmente non avranno un futuro nel calcio. Fatevi un po' i conti...”.
Qual è la cosa che non ti va giù?
“Non sento più parlare di 'percorso di crescita'. Una società, per convincere un ragazzo, offre appunto la fascia da capitano, promette il posto da titolare piuttosto che un accesso al mondo dei professionisti. Queste sono promesse poi molto difficili da mantenere...”.
Voi come vi muovete?
“Noi abbiamo scelto la strada della chiarezza. Illustriamo il progetto al ragazzo, facciamo capire al papà e alla mamma che vogliamo puntare su di lui e si va avanti. Ma soprattutto vorrei che i genitori sappiano una cosa...”.
Ovvero?
“Qui al Giardinetti trovano sempre un titolare di questa società: il sottoscritto, mio figlio, mia moglie in segretaria. Nelle altre società una volta c'è un ds, poi va via, poi ne viene un altro ancora. In questo caso fare promesse è più facile, no? Tanto l'anno successivo non ci sarà. Noi invece ci mettiamo sempre la faccia ed è proprio questa la nostra peculiarità”.
Dopo tutti questi anni sei diventato un 'veterano' del settore giovanile. Sai bene quindi le cose che andrebbero migliorate. Facciamo un gioco: se fossi il Presidente del CR Lazio, quale sarebbe la prima cosa che cambieresti?
“Senza dubbio le liste bloccate. Questo credo sia il problema principale e poi subito a seguire togliere l'Elite nei Giovanissimi Fascia B. Avere rose lunghe di 30 giocatori non serve a nulla così come aumentare la competitività nel primo anno di agonistica dove, invece, bisognerebbe pensare solo ed esclusivamente alla crescita del giocatore”.
Presidente, come vedi il Giardinetti tra dieci anni?
“Eh bella domanda... A sessant'anni ho intenzione di smettere poi vedremo (fissa a lungo suo figlio Leonardo, sorridendo ndr). Prima di allora continuerò a lavorare duramente”.
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