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l'intervista
16 Luglio 2019
Carlo Diana e Davide Lippi © Reset Academy
Carlo Diana tre anni fa aveva parlato di cambiamento. Di metodologia, di cultura, di fare calcio nel settore giovanile. La Reset Academy sbarcava a Roma con ambizioni importanti, con Marcello Lippi come testimonial e simbolo di un'avventura nata con la voglia di lasciare un segno indelebile nel panorama giovanile italiano e anche nella Capitale. Per farlo ha scelto di affiancarsi ad un nome storico, Lodigiani, ma il direttore generale non nasconde le tante difficoltà incontrate per arrivare ad oggi, quando dalle sue parole traspare con fiducia che “sì, finalmente dopo tre anni le cose sono cambiate, siamo pronti a grandi sfide”. Dalle migliorie strutturali per riportare la Borghesiana al top, all'approccio sempre più entusiasta delle famiglie dei giovani tesserati e dei ragazzi stessi. Con tante novità ed altrettante idee in cantiere.
Direttore, soddisfatto di questi primi tre anni? Qual è il bilancio?
“Soddisfatto al sessanta per cento. Senza nulla togliere a chi operava prima, la situazione trovata era più problematica di quello che ci aspettavamo e quindi la possibilità di resettare, per utilizzare un termine a noi molto caro, non è stata immediata. Il primo anno ci è servito per capire, il secondo per azzerare e il terzo, che si è appena chiuso, per iniziare a creare l'impronta Reset”.
Quindi ci troviamo di fronte ad una sorta di anno zero?
“Più un anno uno, direi, dove si intravedranno anche strutturalmente i primi frutti del nostro lavoro”.
A partire dalla Borghesiana?
“Il nostro è un impianto grande, oneroso e bisognoso di continua manutenzione. Abbiamo iniziato con gli uffici, poi i campi a 8 e a 5, mentre questa stagione abbiamo puntato sul campo in erba vera e su quello principale. Nel primo caso si parla di tecniche di concimazione e cura del dettaglio e siamo già intervenuti. Nel secondo, insieme al nostro partner Limonta, installeremo un terreno in sintetico di ultimissima generazione con attorno nuove tribune all'altezza del brand e che permetteranno alle famiglie di godere di un centro sportivo sempre più fruibile. L'ultimo step sarà, infine, il miglioramento dell'area palestra”.
Un restyling importante per riportare un centro sportivo storico al massimo splendore.
“Quello è l'obiettivo. In queste tre stagioni abbiamo declinato tante richieste di club di A e B di poter utilizzare la nostra struttura durante le trasferte. In questo modo saremo presto pronti ad accoglierli nel migliore dei modi”.
Ci anticipava della nascita di un nuovo polo.
“Sì, è sarà un centro sportivo costruito da zero e che sorgerà a Viareggio, la città di Marcello Lippi. Un polo che affiancherà e aiuterà a crescere anche quello di Roma, dove potremo formare tutti i nostri istruttori e creare un impiango che permetta ai di crescere nelle migliori condizioni possibili. Sarà il nostro fiore all'occhiello, che va oltre al già importante aspetto didattico toccando il sociale, arricchendo la quotidianità dei giovani di Viareggio”.
Ha parlato di formazione di istruttori.
"A Roma ne abbiamo di bravissimi, ma per questioni logistiche alcuni di loro non hanno completato il percorso di formazione. Viareggio sarà, da questo punto di vista, una sorta di quartier generale, ci permetterà di rafforzare ulteriormente la qualità di tutti gli staff tecnici”.
Parla spesso di nuove metodologie: quanto è stato difficile farle assimilare? Quando ci sono tante novità qualcuno che storce il naso c'è sempre...
“Diciamo che i tre anni sono serviti anche a questo, ma siamo riusciti a raggiungere risultati soddisfacenti. La libertà di espressione sul campo, la fantasia, l'estro, sono basi necessarie per alimentare il talento. Soprattutto durante il periodo della Scuola Calcio. Tutti argomenti ripresi recentemente anche in ambito federale, poi in realtà in tanti ne parlano, ma in pochi li mettono in pratica”.
Quale sono le difficoltà più evidenti?
“L'importanza che si dà a coppe e campionati, allenatori che perdono di vista la loro mission di formatori, genitori presuntuosi: sono questi i primi problemi del calcio giovanile. Posso affermare con vanto che da noi davvero i titoli vinti non contano. Il nostro formare le squadre completamente con i ragazzi della nostra scuola calcio e, dove c'è il talento, accompagnarli in un percorso di avvicinamento al professionismo”.
Un aspetto importante, anche dal punto di vista economico.
“Non ci nascondiamo, non siamo benefattori ma imprenditori. Siamo riusciti a fare in modo che il centro della Borghesiana si autofinanzi con i propri ricavi e questo è un grandissimo risultato. Migliorare ulteriormente tutti gli aspetti di cui abbiamo parlato, significa poter investire ulteriormente”.
Quando tutto è iniziato in molti hanno mostrato perplessità su come la Lodigiani potesse mantenere la propria identità. Soddisfatto di questo aspetto?
“Mantenere l'identità della Lodigiani era indispensabile ed inevitabile allo stesso tempo. È un brand fortissimo, di grande tradizione. Penso che siamo riusciti a non snaturarlo, anzi vogliamo rafforzarlo”.
In che modo?
“Con il progetto prima squadra. Non voglio fare proclami, per adesso nelle nostre idee è solo un'opportunità di continuità per i nostri ragazzi, ma non ci precludiamo nulla. Neanche un eventuale futuro nel professionismo ma non ora, ripeto, adesso le esigenze sono altre”.
Sul nome Lodigiani c'è stata qualche diatriba. Quanto le ha dato fastidio?
“Abbastanza, ma non troppo, non me ne curo più di questo discorso. Mi ha dato più fastidio trovarmi di fronte persone poco propense ad un progetto di rinnovamento come il nostro, ma è acqua passata. Dopo tre anni siamo definitivamente proiettati al futuro”.
Oggi cambiare modo di fare calcio è una necessità?
“Chi si oppone non comprende che è un percorso di crescita anche personale. Però adesso siamo pronti, non per caso siamo riusciti finalmente ad attrarre uno sponsor tecnico come la Puma. Evidentemente anche loro hanno compreso la bontà del nostro percorso triennale e il salto di qualità che c'è stato”.
Fiore all'occhiello del mondo Reset, Gli Insuperabili. Come ha risposto Roma a questa iniziativa?
“La Onlus è un'eccellenza a livello mondiale, ma diamo il merito a chi ha avuto questa intuizione e parlo di Davide Leonardi. Noi abbiamo puntato sulla sua idea e ne è venuto fuori un qualcosa di unico. Purtroppo in termini numerici la crescita non è quella che può far pensare la popolosità di una metropoli, è un problema di trasporti e di logistica che nel caso di questi giovani non sono agevoli. Così, per ampliare questa iniziativa, stiamo cercando affiliazioni con altre società che possano permettere di sviluppare questo discorso su più poli. Sono ragazzi unici, insegnano più loro a noi che viceversa”.
Carlo Diana, qual è il suo messaggio alla famiglia Lodigiani in vista della prossima stagione.
“Prima di tutto grazie a chi ci ha creduto sin dall'inizio e a chi continua a crederci. Per chi non ci conosce consiglio di passare a dare un'occhiata: troverà un centro sportivo meraviglioso dove lasciar crescere i propri figli in serenità”.
Senza promesse.
“Dove possibile le promesse si possono anche fare, a patto poi di mantenerle”.
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