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Scuola calcio
07 Maggio 2020
I leoncini di Federico Mattioli
Nuova tappa nel nostro itinerario all'interno del mondo della scuola calcio del Massimina: questa settimana abbiamo parlato con Federico Mattioli, tecnico dei 2011. Con il giovane istruttore siamo partiti dal momento peggiore dell'annata: quello in cui è arrivato lo stop per l'emergenza sanitaria. “Ad essere sincero, inizialmente avevo un po’ sottovalutato il problema: quando a febbraio si è cominciato a pensare di chiudere le attività di scuola calcio e subito dopo quelle dell‘agonistica, ho trovato tutto un po’ troppo esagerato. Fortunatamente a Roma non abbiamo avuto uno status di emergenza grave come nelle regione del nord e pensavo/speravo che nel giro di qualche settimana si potesse tornare tranquillamente in campo. Poi invece sappiamo tutti cosa ci hanno riservato questi due mesi di quarantena. Con il passare dei giorni chiuso in casa, poi, capisci davvero quali sono le cose alle quali rinunciare ti resta sempre più difficile e ovviamente i miei leoncini sono tra queste. Inizialmente ti dispiace del fatto che non hai potuto salutarli come avresti voluto, di rassicurarli del fatto che ci saremmo rivisti molto presto; poi ti comincia a mancare tutto a 360°: dalla programmazione degli allenamenti, alla loro sana competizione e agitazione durante una partita, fino al consueto “gioco della traversa” a fine allenamento, anche se ultimamente stavano diventando forti nel prenderla e mi toccava pagare qualche caramella di troppo (ride, ndr)”.
Al Massimina si è cercato comunque di tener compagnia ai piccoli nonostante la distanza. “Sì, insieme al responsabile Roberto Mattioli, alla nostra psicologa Teresa Caraglia, noi allenatori, con il prezioso aiuto di tutti i dirigenti e genitori, abbiamo pensato ad un gioco a quiz che unisca l’utile al dilettevole, in modo che i bambini, oltre a interagire insieme, ripassino anche qualche nozione dei fondamentali della tecnica di base, un po’ come si faceva in campo. Un'attività molto divertente a mio parere”. Federico Mattioli è figlio del responsabile della scuola calcio Roberto Mattioli: la sua storia con il Massimina inizia così: “Il mio passaggio da giocatore ad allenatore è stato tutt’altro che scontato, nonostante il background famigliare. Dopo un grave infortunio nel 2017 avevo un po’ perso la voglia di stare su un campo di calcio. Poi nel 2018 mio padre, chiamato del presidente Marano e dal direttore generale Mezzatesta per far risorgere la scuola calcio del Massimina, mi ha chiesto se fossi interessato a dargli una mano in qualità di aiuto allenatore in un gruppo numeroso. Beh, è stata passione già dal primo allenamento: un po’ come quando ti innamori. La mia primissima esperienza quindi è iniziata l’anno scorso, con la categoria Esordienti, affiancando fortunatamente una grande persona e una bravissima allenatrice come Catia Perigli, dalla quale ho cercato di “rubare” tutto quello che potevo. È venuto naturale poi il desiderio di acquisire le conoscenze e i metodi di insegnamento necessari, ultimando il corso di allenatore UEFA C, che mi hanno permesso di intraprendere da solo e con sufficiente competenza, il lavoro con il mio gruppo di 2011 quest’anno”. Riguardo l'ambiente Massimina, Federico ci racconta che: “Devo dire che non potevo chiederne uno migliore per iniziare questa avventura e passione. Al di là della presenza di mio padre, un monumento e fonte di conoscenza ed esperienza ineguagliabile, che pur indicando una metodologia comune di insegnamento, lascia a noi istruttori grande margine di libertà per sperimentare o sviluppare un proprio metodo, qui al Massimina c'è grande unione di intenti, tanta voglia di sostenersi e crescere insieme, con la volontà di ridare a questa società il prestigio che merita. Guardando allo staff siamo un gruppo molto affiatato di istruttori, composto sia da giovani, con le nostre idee di scuola calcio moderne, sia da persone più grandi ma con un bagaglio di esperienza impressionante dal quale attingere; per non parlare della componente femminile che riesce a dare sempre un ulteriore punto di vista su ogni cosa. Per ultimo, ma non per importanza, siamo tutti accomunati dall’amore per l’insegnamento di questo sport”. Parlando dei suoi bambini, i 2011: “Ho trovato un gruppo unico, sia di bambini che di genitori. Puntiamo molto ovviamente sulla loro crescita tecnica e motoria-coordinativa, ma è fondamentale anche quella sociale e psicologia; senza la collaborazione tra istruttore, società e genitori questa crescita completa e di tutti gli effettivi del gruppo non può avvenire e, fortunatamente, qui c'è. La mia visione sul mondo della scuola calcio? Penso che sia troppo facile allenare bambini naturalmente portati per questo sport, selezionarli e collocarli nella squadra A piuttosto che nella squadra B o C per le loro capacità iniziali; come se fosse normale per un bambino di 7/8/9/10 anni sentirsi dire 'stai nella squadra B perché sei meno bravo di o sei più forte del tuo compagno'... che messaggio si manda? Poi ci stupiamo se oggi la serie A o la nazionale è meno competitiva di prima. Nessuno è disposto ad aspettare o a lavorare sulle lacune di un bambino o sul suo potenziale inespresso, preferendo scartarlo o metterlo in secondo piano giudicandolo con pochi allenamenti. Personalmente trovo molto più gratificante quando vedo un allievo riuscire in quello che prima gli sembrava un ostacolo insormontabile, un passaggio preciso, un tiro di collo o un controllo orientato. Gliela si legge negli occhi la felicità e la gratitudine perché loro sanno che, un po’, è anche merito tuo. Con queste premesse i risultati arrivano quasi automaticamente per tutti e io me ne stavo togliendo davvero tante di soddisfazioni”. Chiediamo al mister quale sia il ricordo più bello della stagione: “Sicuramente un episodio che mi è rimasto in mente e che mi ha particolarmente colpito è stata una finalina di un torneo natalizio che la società ha organizzato. Non ci stavamo giocando niente se non la felicità dei bambini di vincere un torneo. Gli avversari si erano presentati per tutto il mini girone con una determinata squadra, ma quando si è trattato della finale tutti i bambini erano cambiati. I miei ragazzi si sono resi conto della situazione fin dai primi minuti, capendo che se volevano vincere dovevano metterci un qualcosa in più, dando tutti il 100%. Dimostrammo un affiatamento e una forza collettiva impressionante per dei bambini di 8 anni: è stata una partita che gli ha permesso di capire che conta il gruppo piuttosto che il singolo, che nessuno è più forte di tutto il gruppo. Nessun esercizio programmato in allenamento può eguagliare questo insegnamento”. Sul futuro: “Personalmente vorrei continuare con i miei bambini anche il prossimo anno: sarebbe bello seguirli fino alla categoria Esordienti e poi chissà... un domani invece mi piacerebbe anche di immergermi del mondo del calcio femminile; già l’anno scorso ho avuto la fortuna di avere due allieve nel gruppo di Esordienti, oggi passate una alla Roma femminile e l’altra alla Lazio femminile. Ho notato come le donne in generale abbiamo un altro approccio e un altro carisma rispetto ai maschietti sul calcio. Con loro non sono concessi troppi errori e ti riempiono di domande finché non sono soddisfatte della risposta”. Un saluto e un pensiero per i suoi piccoli, infine, è doveroso: “Sì, vorrei salutare uno per uno tutti i miei leoncini dato che non ho avuto modo di farlo di persona: Flavio, Flavio, Daniele, Alessandro, Alessandro, Adam, Achille, Diego, Andrea e Nicolò. Vi aspetto presto in campo per continuare a divertirci e crescere insieme”.
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