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L'editoriale
02 Giugno 2020
(Foto©Gazreg)
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Immaginate la sensazione di sentirvi a disagio, minacciati da qualcosa. Quanto sarebbe rassicurante il metallico suono di un chiavistello che gira, di una serratura che si sigilla con tre buone mandate di chiave? Siete al sicuro, la minaccia è fuori. Il suono di una serratura che si serra è piacevole per chi è spaventato, ma attenzione a scambiare quella rassicurazione per reale piacere, attenzione, perché si rischia di rimanerne invischiati, di dar per scontato che è meglio starsene chiusi, di dimenticare quasi che quel chiavistello lo abbiamo chiuso noi. Quanto è sottile il confine tra la prudenza e l'ipocondria? Quanto è sottile il confine tra l'ipocondria e il non voler farsi carico di una responsabilità spigolosa? I nostri ragazzi ci stanno urlano la loro voglia di sport, la loro voglia di stare insieme. Non ci credete? Basta andare a fare un giro al parco. Io l'ho fatto. Straordinaria esperienza. In una nota area verde di Roma sembra di aver fatto un salto indietro nel tempo: il Coronavirus, puf, non c'è mai stato. All'esterno, sulla cancellata, campeggiano autorevolissimi cartelli, indicazioni, elenchi di attività interdette (Carte, carte, carte: siamo un paese che affoga in un mare di carte: non sa nuotare perché il salvagente del buon senso l'ha dimenticato nella nave che intanto affonda) all'interno... è una verde Tortuga. Un paradiso della pirateria per quanto riguarda le norme anti-Covid. Si vede di tutto: assembramenti di ragazzini che gironzolano, gruppetti più piccoli che allegramente bivaccano, bambini e bambine che, alla presenza dei genitori, giocano, si toccano, si rincorrono. Le mascherine sono considerate alla stregua di scomodi gadget e, per questo, rare. Talmente tanto è radicato lo spirito di ribellione che persino una volante della polizia, passata in quei pressi per vigilare, non si è fermata per meglio valutare la situazione, magari per un controllo.
Sì, il parco è proprio una moderna Tortuga, non c'è regola che tenga. Ma non resto solamente perplesso dall'incoscienza di certi esempi visti. Resto anche ammaliato dalla forza primigenia, dilagante e purissima che anima questi giovani, che si rincorrono festosi sui prati, lanciando per aria un pallone. Del resto, c'è tanto, tantissimo da recuperare. La voglia di stare insieme, la voglia di giocare, di fare sport, di condividere è grande e irreprensibile, la si può quasi toccare. Ho visto ragazzi boxare, fare flessioni, ginnastica, allenarsi con gli elastici e, naturalmente... giocare con un pallone. Sapete cosa avevano in comune tutte queste attività sportive così apparentemente diverse fra loro? Sono state praticate insieme a qualcuno. Tutte. Perché sport è un concetto che lega me "all'altro" (che sia un avversario o un compagno) con una catena più forte di quella che tiene uniti gli atomi. E come richiamati alla vita dopo un lungo torpore, i ragazzi e i bambini si sono rivolti al parco, a questa verde Tortuga hanno chiesto asilo, per bere un piccolo e illegale sorso di sport da questa fonte proibita, nel tentativo di saziare almeno un poco questa terribile sete di vita e di normalità. Da adulto, guardando due bimbe che giocano a battere le mani, senza guanti, senza mascherina, mi si stringe il cuore e penso: vorrei dare a queste bambine la possibilità di giocare in sicurezza, vorrei offrire loro un'alternativa alla teoria della serratura chiusa. Perché serrare la serratura dello sport non è più la soluzione giusta. Eliminare l'uso del pallone non è più la soluzione giusta. Il pallone esiste, è più forte dei divieti e rotola beffardo e superbo sui pendii di quella verde Tortuga, infischiandosene delle norme contro di lui. Il proibizionismo non è mai servito a nulla. Il pallone non deve essere clandestino: regolarizziamolo. Ho visto quelle due bambine giocare a battere le mani. Le ho viste all'ombra di uno scivolo circondato da nastri gialli. E ancora una volta ho capito quanto sia semplice chiudere le serrature e quanto arduo sia riaprirle. Proviamo a farlo.
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