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Focus
18 Giugno 2020
L'Asa ha predisposto percorsi segnalati nel suo centro
Titolammo "Primo passo" una settimana fa, commentando la tanto attesa uscita del protocollo attuativo FIGC, che ha dato la possibilità, finalmente, alle società di ripartire e ai ragazzi di tornare in campo. C'è uno splendido proverbio cinese che recita: "Il momento migliore per piantare un albero era venti anni fa. Il secondo momento migliore è adesso". Ora che la serratura è stata aperta, ora che il primo passo è stato fatto, bisogna prendere il ritmo e fare il secondo, il terzo e così via.
Impossibile accontentarsi per ora. In primis, c'è un qualcosa che non verrà restituito mai, né dalla FIGC né dal governo: il tempo. Quello dei bambini, dei ragazzi: lo abbiamo detto già diverse volte. Il tanto agognato arrivo dei protocolli, che avrebbe dovuto rendere inutile o quasi il ricorrere ai "parchi", zone franche dalle norme anti Covid, non ci sembra sia stato accolto con i fuochi d'artificio dai club, quanto più con un mezzo sorriso: una toppa con cui finalmente possiamo chiudere un buco nei nostri calzoni, un rimedio alla buona. È un momento di confusione, un momento in cui non è ancora andata sfumando la percezione "di venire dopo" rispetto altri mondi. Il protocollo viene pubblicato i primi di giugno, mentre le linee guida dell'ufficio dello sport della Presidenza del Consiglio dei ministri sono state promulgate il 18 maggio: tempistiche che, analizzando il contenuto di entrambi i documenti, volutamente similari per ovvie questioni gerarchiche, viene difficile comprendere. Per ora di contatto fisico non se ne parla minimamente, anche se la ripresa della Serie A, e dunque del calcio dotato di contatto fisico, non è lontana. Forse però la misura più indigesta risulta essere quella della distanza fra i giocatori. Il protocollo, in soldoni spiega questo: se svolgi attività a bassa intensità (combinazioni di passaggi per dirne una) puoi stare anche a due metri di distanza. Se ti metti a correre (a una media di 14,4 km orari) di metri ne servono dieci, per star tranquilli. Va da sé che non tutte le società del Lazio hanno a disposizione le praterie del Kansas all'interno del proprio centro sportivo: una scelta che, pur avendo valore precauzionale, comporta l'acuirsi di disuguaglianze nel territorio. Potremmo assistere a uno scenario in cui grandi società apriranno i battenti mentre altre lasceranno per ora perdere, per le difficoltà ad allinearsi a questo specifico punto e non solo, lasciando i propri bambini a casa.
E mentre continua l'incertezza per la prossima stagione, proprio la scorsa settimana è arrivata una dichiarazione shock, da parte del capo del team tecnico anti Covid-19 dell'Oms, Maria Van Kerkhove. Una dichiarazione, riportata dalla CNN e ripresa dall'Ansa che, considerando l'importanza e l'autorevolezza del ruolo ricoperto da chi è stata proferita, ci lascia sinceramente ancor più sbigottiti: "È molto raro che una persona asintomatica possa trasmettere il Coronavirus". Ma come? Dopo tutti gli interventi fatti, dalle misure preventive progettate, adottate e imposte, fra le varie, alle società sportive, basate in grandissima parte sul salvaguardarsi dalla "minaccia asintomatici" esce fuori che forse, neanche serviva tutto questo? Se un'ipotesi come quella fosse vera, significherebbe in buona sostanza che forse si sarebbe potuto riprendere con la normalità anche prima e in condizioni più aderenti alla normalità. Dopo un primo momento di perplessità generale e dopo una pioggia di critiche, sono arrivate le precisazioni della stessa Van Kerkhove, che ha specificato come quella dichiarazione fosse parte di una risposta a una domanda specifica, (e che sarebbe quindi stata decontestualizzata riproponendola in questo modo) e come, in ogni caso, quella non fosse la posizione ufficiale dell'OMS. Una situazione, insomma, emblematica del periodo storico attuale, dove l'opinione pubblica, anche a causa di questi episodi, viene stordita e confusa ancor di più: un momento in cui, a causa anche di qui pro quo come questi, si rischia di fertilizzare ancor di più veri e propri terreni di coltura per fake news.
Tutte queste e molte altre questioni (come anche la figura del medico sociale - medico competente che, ritenuta molto importante secondo le linee guida emanate dall'ufficio sport, sembrerebbe aver fatto un piccolo passo indietro nel protocollo attuativo Figc, dove ha fatto la sua comparsa il "delegato per l'attuazione del protocollo" (Pag. 6 paragrafo 3.3 “il medico”) che, in buona sostanza, può essere chiunque, in sua vece sul posto. La responsabilità finale, però, è sempre di chi gestisce la baracca societaria e che, in questo momento, corre dei rischi (inevitabilmente) per far tornare a muoversi i bambini suoi tesserati. Un'ultima curiosità sul protocollo attuativo: si è già accennato alla possibilità di svolgere attività ad alto dispendio energetico e impegno metabolico (pag. 12, punto 1) nel caso in cui possa essere garantita una distanza di almeno dieci metri tra gli atleti. Cosa significa allora che è "assolutamente vietata qualsiasi pratica possa incentivare o aumentare la diffusione dei “droplets” (goccioline con il respiro o con la saliva)"? (Pag. 11, paragrafo 4.5, punto 5). Insomma, è un momento di confusione, un momento in cui sono molte le cose che sfuggono nel presente e ancor di più sono imperscrutabili le cose che riguardano il futuro. Per questo ci auguriamo che si tratti veramente del primo di molti e celeri passi a seguire: per adesso ci prendiamo il buono, il ritorno dei bambini (o almeno, di alcuni bambini) presso il proprio centro sportivo. E se ancora non ci si può toccare, almeno si è di nuovo insieme, più uniti che mai, sullo stesso campo, in attesa di tempi migliori ma, soprattutto, di scenari più chiari.
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