l'intervista

L'appello di D'Arcangelo "Al Paese ora serve unità"

Il presidente della Giovanni Castello commenta la crisi del sistema sportivo a causa dei vari stop imposti dal Governo

Eppure Enzo D'Arcangelo l'aveva detto già a maggio. "Lo sport deve essere utilizzato come sentinella contro il virus e non come fattore di contagio". Parole pronunciate dal presidente della Polisportiva Giovanni Castello che aveva fatto una proposta molto interessante, purtroppo inascoltata: "Sono rimasto isolato dopo questa idea. Tante persone mi hanno detto di essere d'accordo con me, ma le Istituzioni non mi hanno ascolato e mi dispiace molto". Il Governo ha messo la parola fine agli spor di squadra ed è sato un duro colpo per la società di D'Arcangelo, la quale è sempre molto attiva non solo con il calcio ma anche con ante altre attività che l'hanno resa la più grande polisportiva autogestia del Lazio: più di mille soci al suo interno, centinaia di atleti e oltre quaranta squadre partecipanti ai campionati federali. Tutti fermi: "Le socieà sportive hanno fatto miracoli in questo periodo per seguire tutti i protocolli di sicurezza - conferma Enzo D'Arcangelo - i ragazzi sono sempre seguiti, si può tracciare tranquillamente ogni loro contatto e sposamento. Il Governo purtroppo non ha voluto scommettere sullo sport. I club sono luoghi controllati che avrebbero potuto dare una grande mano nella lotta contro il Covid-19. Questa cosa non è passata e anzi si è voluto creare una situazione interpreativa con la distinzione tra sport diletantistico e professionistico, interesse nazionale o regionale, all'aria aperta o al chiuso. Insomma, troppa confusione. Noi abbiamo undici sezioni e abbiamo dovuto chiudere tutto eccetto chi può praticare l'attività all'aperto. Stiamo continuando con gli allenamenti individuali nel calcio e con l'atletica leggera e ci stiamo impegnando al massimo per rispetare tutti i protocolli di sicurezza". Enzo D'Arcangelo analizza la situazione che sa attraversando lo sport: "Questi DPCM purtroppo sono poco chiari e io mi chiedo perchè il ministro Spadafora non abbia incontrato il presidente del Coni Malagò insieme a cinque o sei Federazioni che rappresentassero tutte le altre. E' mancato il dialogo e di conseguenza una linea di comune. A questo punto era meglio chiudere tutto lo sport in generale che creare questa situazione di confusione. In Italia ci sono 20 milioni di persone che praticano sport, di cui oltre 5 milioni con le FSN e gli EPS del CONI e vanno tutelate". D'altronde l'obiettivo è chiaro: "Bisogna sconiggere il virus. Il nemico non è la Federazione o il Governo. Il nemico si chiama Covid-19 e dovremo stare tutti dalla stessa parte per sconiggerlo, bisognerebbe far fronte comune, essere uniti per sconiggere questo male e tornare alla normalità". Il nuovo blocco rischia di alimentare l'abbandono dello sport. D'altronde ne abbiamo parlato molto durante la settimana. I ragazzi non potendo frequentare sport di squadra potrebbero dedicarsi ad altre attività come conferma il presidente del "Io ho due nipotine: una che faceva judo e che adesso sta correndo al Tre Fonane, l'altra nuota da 10 anni e ora  con la piscina chiusa ha lasciato lo sport. Questo è un pericolo reale, spesso parte anche dai genitori i quali, impauriti, non vogliono porare i ragazzi nei centri sportivi". Bisognerà aspetare ancora un po': "I tempi sono difficili da stabilire - commenta - io pensavo anche già a settembre avremmo tirato un sospiro di sollievo. Purtroppo però la linea dei contagi è tornata a salire per cui adesso dobbiamo stare ancora più attenti, in attesa del vaccino che probabilmente arriverà nei primi mesi del nuovo anno. Ripeto in questo momento il Paese deve restare unito, e tutti devono fare la loro parte. Infine consentitemi un appello: è giusto aiuare le aziende di tutti i settori colpiti, ma non ci si dimentichi delle 70 mila società sportive italiane, di quello che fanno per lo spor e soprattutto per i giovani e i cittadini di tutti gli strati sociali".

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