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l'intervista
16 Marzo 2021
Fabrizio Stazi, vicepresidente dell’Urbetevere
Fabrizio Stazi, vicepresidente dell’Urbetevere, dice la sua sugli ultimi sviluppi del movimento dilettantistico. Come sempre in modo schietto e diretto, iniziando dal lavoro degli ultimi mesi: “Nonostante tutto, in queste settimane ho visto i nostri ragazzi molto bene, motivati. Ci siamo impegnati per trovare soluzioni valide da applicare in campo agli allenamenti e ci sono stati buoni risultati: non abbiamo avuto quasi mai assenze e per quanto riguarda la scuola calcio stiamo avendo pure nuove iscrizioni. Il calcio dà modo alle famiglie di far passare qualche ora ai figli all’aria aperta e di farli socializzare. Stiamo provando a programmare la prossima stagione, nella speranza di sapere quanto prima dalle autorità sportive come hanno intenzione di procedere”. Un’evoluzione dello stato delle cose che il dirigente gialloblù si aspettava: “Sta all’intelligenza delle persone e allo stesso tempo alla bontà del lavoro che noi stiamo svolgendo. Manteniamo alta l’attenzione e rispettiamo i protocolli, svolgendo l’attività in sicurezza e mantenendo vivo l’interesse nei ragazzi e nelle loro famiglie - spiega - Devo dire, poi, che i pochi contagi che abbiamo riscontrato non sono mai avvenuti durante lo svolgimento del lavoro sul campo, bensì da link familiari o dalla scuola. A proposito di quest’ultima, considerando tutte le varianti che stanno uscendo fuori, io credo che sarebbe stato più opportuno chiudere scuole e parchi un po’ prima, piuttosto che colpire ancora chi fa sport. La realtà è che intorno al calcio c’è un indotto notevole e quindi alla fine ci rimettono un sacco di persone, quando i veri problemi in realtà sono altri”. I presupposti per allentare un po’ la presa quindi c’erano... “Ci stavano e la ragione è molto semplice. Nei centri sportivi i ragazzi sono controllati e invece non ci fanno fare le partite nel week end: poi basta fare due passi in un parco pubblico e di fatto si vedono assembramenti e partite di ogni genere. Ma d’altronde che devono fare questi ragazzi. Invece noi società sportive siamo limitate e vincolate, nonostante la casistica di contagi sia bassissima come hanno evidenziato anche le vostre ricerche: chiudono, tanto per far vedere che fanno qualcosa. Poi i mezzi pubblici sono pieni, le classi di scuola pure e le giovanili dei club professionistici giocano e questa differenziazione è davvero incomprensibile - rimarca il vicepresidente - Come la recente sospensione dell’Under 19 Nazionali, quando la Serie D gioca: e che non ci sono giovani della Juniores che giocano in prima squadra? Poi fermano le categorie dalla Promozione in giù, lo faranno con le giovanili e secondo me non ripartiranno neanche con l’Eccellenza; al contrario ci tocca vedere i campionati AICS che giocano, con l’utilizzo anche degli spogliatoi, e non si capisce per quale motivo”. Lo sguardo, con rabbia, va per forza verso l’operato delle Istituzioni: “L’unica cosa certa è che le società non ricevono risposte, sui famosi rimborsi o altro. Non me la prendo con il CR Lazio, perché nelle Autorità ancora più in alto c’è tanta confusione e poca competenza - prosegue Stazi - E come al solito nessuno si vuole prendere le responsabilità di decidere. Perché nessuno dall’alto prende una posizione? Ci dicessero qualcosa o ci chiudessero del tutto, così almeno un club si mette l’anima in pace e programma la prossima stagione. Credo che, comunque, un Comitato importante come il Lazio potrebbe fare qualche pressione in più verso i pani alti. Anche perché dobbiamo rendere conto alle famiglie dei tesserati e non sappiamo più che dirgli: noi ormai stiamo facendo riunioni dando doppie risposte, nell’ipotesi che si riparta o che ci si fermi. Queste dinamiche, infine, portano i ragazzi a scegliere di abbandonare, che è la cosa peggiore di tutti”. Infine Stazi batte nuovamente su una tematica a suo parere rilevante: “Perché le giovanili professionistiche possono fare i test match e nei dilettanti ci devono essere gli allenamenti distanziati? Fanno i tamponi? Anche noi dilettanti, i ragazzi sono controllati spesso. Perché se prende il Covid un ragazzo che gioca nei dilettanti deve aspettare 40-60 giorni prima di rientrare in gruppo e riprendere l’attività, mentre nei prof non è così? Il virus è uguale per tutti. A noi invece sono richiesti ulteriori 30 giorni di isolamento per il ragazzo, dopo che si è negativizzato. Questa differenza di protocollo è assurda e va spiegata”.
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