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l'intervista
Il direttore sportivo dell’Aurelianticaurelio: "Meglio tardi che mai, il virus ha lasciato strascichi e ferite sia nella testa che nelle gambe dei ragazzi"
20 Maggio 2021
Salvatore Marcianò, direttore sportivo dell’Aurelianticaurelio (Foto ©Facebook)
Veder sempre e comunque il bicchiere mezzo pieno. Saper trarre insegnamento anche dai momenti peggiori. Racchiuso in queste due frasi si cela il Salvatore Marcianò-pensiero, un modo di vivere la vita sempre in modo ottimistico senza mai farsi scoraggiare, fronteggiando le avversità a testa alta, in qualsivoglia scenario. "Il virus sicuramente ha lasciato strascichi sia nella testa che nelle gambe dei ragazzi - esordisce il direttore sportivo dell’Aurelianticaurelio - ma la notizia della ripresa degli allenamenti collettivi e delle amichevoli ha portato tantissima gioia ed emozione in tutti, adulti compresi; forse il via libera è giunto anche con qualche settimana di ritardo a parer mio ma in ogni caso, come si suol dire, meglio tardi che mai. Essendo costantemente a contatto con i giovani sto riscontrando in loro grosse ferite che potrebbero necessitare diverso tempo per rimarginarsi; anche i più piccoli infatti hanno cominciato a percepire l’importanza della loro salute, la sola cosa veramente imprescindibile e per questo ho paura che molti di loro potrebbero essere spinti a lasciare l'attività a Settembre. Poi, in quest'ultimo anno la figura del direttore sportivo è stata costretta a rivoluzionarsi e ad adattarsi alle esigenze del momento: nella concezione di tutti è colui che si occupa del reparto sportivo di una società. Colui che, tra le altre cose, è il responsabile della campagna trasferimenti ma, dato che non si poteva giocare, tutto ciò è diventato abbastanza inutile per cui io in prima persona mi sono dovuto rimodellare ai bisogni della proprietà e spostare la mia attenzione sul reparto comunicativo e gestionale con l'obiettivo di portare il tutto avanti nella maniera migliore possibile. Con umiltà e pazienza mi sono calato in questo nuovo ruolo e ho dato tutto me stesso per venire incontro alle esigenze dei ragazzi, anche a costo di trasgredire qualche piccola regola a volte (ride ndr). Una delle poche ma grandissime cose positive che ho potuto riscontrare con estremo piacere è che questa emergenza ci ha fatto avvicinare alle famiglie e devo dire che questa nuova sinergia ed unione di intenti instaurati mi rende molto orgoglioso; i genitori hanno compreso perfettamente l'importanza sociale del calcio ed il fatto di vedere i loro figli tristi a casa ha contribuito a far capire loro la gravità della cosa. In tutto ciò le istituzioni non si sono mosse di una virgola e di questo ne sono molto deluso perché penso fosse lecito aspettarsi di più; c'è stato un fuggi-fuggi generale ed un palleggiamento di responsabilità che ha dell'incredibile. Avrei apprezzato ricevere anche solo la bozza di un piano ma non c'è stata nemmeno quella e credo che chi di dovere abbia perso una grande occasione per creare una sinergia con noi; in ogni caso staremo a vedere se nelle prossime settimane potrà cambiare qualcosa. A livello di contagi la fotografia attuale mi pare diversa da quella vissuta un anno fa e, considerando che con i vaccini stiamo assistendo ad un'accelerata che lascia ben sperare, voglio pensare in maniera positiva e credere dunque che a Settembre si possa ripartire alla grande e rivivere quella “normalità” che noi tutti bramiamo da tanto, troppo tempo. Sarebbe bellissimo ad esempio riportare i tifosi allo stadio e non pensare alle varie regole di distanziamento, ma soprattutto sarebbe fantastico ricominciare con tutte le competizioni e non doversi fermare più come successo ampiamente nell'ultimo anno. Per concludere ci tengo a fare un augurio a tutte le persone che non hanno mai mollato e smesso di crederci ed a tutti i membri delle varie dirigenze delle società che si sono messi a disposizione nel ricoprire ruoli non di competenza senza percepire alcun rimborso; a loro auspico di ricevere in cambio della loro generosità ed abnegazione tanta fortuna e soddisfazione, ma non tanto nei risultati sportivi bensì nella loro professione e soprattutto nella loro vita privata, l'unico posto dove alla fine conta davvero vincere".
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