la lettera

Amarezza e delusione: una madre racconta i weekend di suo figlio

La Redazione

Riceviamo e pubblichiamo la lettera di una madre di un giovane calciatore, nauseata e dispiaciuta dal clima che si respira sui campi che frequenta da ormai 3 anni seguendo le partite del figlio.

So che in questo momento storico ci sono ben altri argomenti su cui riflettere ed imparare, ma avendo dei figli, oltre che a preoccuparmi del loro presente, mi preme pensare anche al loro futuro. Sono tre anni che mio figlio gioca a calcio nella categoria Elite e nonostante il suo entusiasmo e la sua passione per il calcio, lo seguo con grande sacrificio.

Quello che spesso vedo e sento, non mi piace affatto! Da adulta, mi rendo ogni giorno più conto che quella che dovrebbe essere una bella partita, giocata con agonismo e fair play, è ormai ridotta ad una serie di errori arbitrali ingiustificabili ed incommentabili, di inguardabili allenatori urlanti e rissosi in preda a deliri di onnipotenza in grado di alterare la percezione della realtà dei propri ragazzi e di coinvolgerli negativamente in campo.

Inutile ripetere sin dai primi anni della scuola calcio, la solita bella storia su cosa sia il fair play, se poi ci si affida a certi soggetti, in arte “allenatori”, che della parola fair play non ne conoscono nemmeno il significato! Sono nauseata dal messaggio che anche ieri ho visto rimbalzare in campo dietro ad un pallone spinto in rete su suggerimento del mister, nonostante ci fosse un ragazzo sdraiato in campo e dolorante da più di un minuto e mezzo.

Sono nauseata dalle parole e dai gesti poco educati rivolti ai ragazzi dal mister durante tutta la partita e sul finale. Sono nauseata dall’idea che un ragazzo possa vedere e sentire certe cose, soprattutto se fatte da colui che dovrebbe avere un ruolo educativo enorme e importante nella vita dei suoi “calciatori”.

E tutto ciò genera una serie di messaggi discordanti nella testa dei nostri figli. Non è quello che avrei mai voluto dallo sport e soprattutto non avrei mai voluto per mio figlio.

Allenare, non vuol dire vincere a tutti i costi!

Allenare non vuol dire calpestare gli altri per ottenere un risultato!

Allenare non ti dà il potere di alzare la voce ed utilizzare parole inudibili!

Allenare non vuol dire aizzare al fallo fatto con cattiveria di nascosto dall’arbitro!

Allenare non vuol dire insegnare la simulazione!

Allenare non dà il permesso di mettere le mani addosso a nessuno!

Allenare è ben altro!

In tre anni ho visto di tutto ma la cosa peggiore è che non ho mai visto nessuno prendere provvedimenti nei confronti di questi soggetti e delle società che li assoldano. Passa tutto in secondo piano: l’importante è il risultato anche se ottenuto in maniera scorretta! Sarò all’antica, ma tutto ciò non riesco proprio ad accettarlo: il mister per me ha un ruolo educativo fondamentale. Il mister è un insegnante in tuta, colui che ti fa riflettere sugli errori di gioco, colui che ti incoraggia, colui che ti spinge ad imparare nuovi schemi, nuove tattiche, colui che con educazione e rispetto si rivolge all’arbitro per una possibile ingiustizia subita, colui che ti insegna che senza il cuore e senza la ragione, il piede serve a poco: tutto ciò che non riesco più a vedere ogni volta! E cosa accade? Accade che sugli spalti alcuni genitori arrivino anche ad invocare la morte dei giocatori avversari: edificante vero?

Dove andremo non so. Non c’è solo la famiglia e la scuola a cui affidiamo i nostri figli, c’è anche lo sport a cui personalmente ho sempre creduto. Inutile descrivervi la mia delusione ogni santo sabato aldilà del risultato in campo.

Silvia

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