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L'Intervista

Elis, l'analisi di Lorenzo Marconi: "Un ambiente stupendo"

Parla il tecnico dei Primi Calci 2018/2019, che in un'intervista analizza il lavoro svolto con i bambini e le difficoltà del suo ruolo

07 Maggio 2025

Elis, l'analisi di Lorenzo Marconi: "Un ambiente stupendo"

Lorenzo Marconi, tecnico dei Primi Calci dell'Elis (Foto©Elis)

Continuiamo il percorso all’interno della Scuola Calcio dell’Elis passando ad ascoltare le parole di Lorenzo Marconi, tecnico dei Primi Calci, quindi dei classe 2018-2019, bambini all’inizio del loro percorso con il gioco del calcio. Un compito importante per l’allenatore che, al primo anno in società, sa bene cosa vuole e come ottenere i miglioramenti richiesti ai ragazzi.

Iniziamo parlando in generale di come imposti il lavoro con i bambini al primo approccio con questo sport.

“La parte ludica è fondamentale, è quella più importante. Ci deve essere sempre a partire dall’inizio dell’allenamento alla fine e nella parte centrale. La cosa bella di queste attività è che puoi unire la parte ludica a quella psico-motoria. Nella prima parte faccio sempre giocare i bambini in libertà, dopodiché li chiamo al centro e ci sediamo per una chiacchierata iniziale con la quale parliamo per alzata di mano di come è andato l’allenamento precedente, cosa si ricordano, quello che gli è piaciuto di più, e poi se hanno delle idee per quanto riguarda l’allenamento del giorno. Cerco di tenere fuori tutto ciò che riguarda scuola, casa, compiti, giochi, cartoni animati, voglio mantenere il focus sull’allenamento. Poi vado ad esporre loro quale sarà l’obiettivo del giorno. Questo per la prima fase dell’anno, poi ci sono alcuni allenamenti in cui questa parte non c’è e si parte direttamente dagli esercizi. Quello che faccio è mettere degli obiettivi mensili da raggiungere: all’inizio i primi mesi si trattava proprio della conoscenza base del pallone, delle regole del gioco, delle regole dello spogliatoio, di come si sta con la squadra, con il mister, con il compagno, l’educazione. Poi andando avanti siamo passati alla tecnica di base e quindi il tiro, il passaggio, la partita, il campo da gioco. Ovviamente ogni bambino ha il suo percorso. C’è anche per differenza di età chi è più avanti dal punto di vista calcistico e preferiscono fare la partita, altri invece magari che preferiscono giocare più liberi. Io cerco di tenerli il più possibile uniti, perché credo che aiuti la crescita di tutti, ma poi bisogna anche far seguire ai ragazzi le proprie strade in questo momento, quindi è giusto che chi vuole fare la partita la faccia e chi vuole fare l’allenamento più libero sia accontentato”.

Cosa ti dà lavorare con questi ragazzi così piccoli?

“Mi dà tanto. Con i bambini ho imparato e sto imparando molto, è divertente e sempre stimolante andare agli allenamenti. Mi dà tanto anche il bambino che all’inizio faceva fatica a stare attento o si arrabbiava con me e adesso ritorna ad allenarsi. Andando avanti si è creato questo legame. Il gruppo all’interno per me è la cosa più importante, lo dico sempre anche a loro. C’è sempre la regola che bisogna salutare tutti all’inizio e alla fine. La maggior parte delle volte in cui riprendo i bambini è sempre perché c’è un conflitto con il compagno, magari si sono scontrati durante un esercizio e si sono arrabbiati, io cerco di farli riappacificare perché la squadra è più importante del gioco”.

Restando sul rapporto con i bambini, come vedi crescere questa nuova generazione, che sta iniziando ora ad adattarsi al mondo delle regole, dell’educazione, del rapporto con gli altri?

“Io alleno sia i più grandi, anche fino all’Under 19, che i più piccoli. Ovviamente è un lavoro completamente diverso e anche l’educatore si deve adattare al gruppo che ha davanti. Questa generazione in particolare ha delle necessità importanti, perché sono molto stimolati dal punto di vista mentale e meno dal punto di vista fisico, quindi è tanto importante per loro sfogarsi facendo attività fisica, imparare a stare concentrati sulla percezione del proprio corpo, utilizzare e sviluppare al meglio tutti i cinque sensi, perché stando tanto a casa, spesso davanti ad uno schermo, è fondamentale soprattutto per l’attenzione”.

Cosa significa per te far parte di una società come l’Elis?

“L’Elis è un ambiente stupendo in cui mi sono sentito accolto sin dal primo giorno. Al primo anno non era semplice per me iniziare subito dopo la laurea con il lavoro e la società in questo mi ha aiutato veramente tanto. Far parte di questa famiglia significa che ogni pezzo dell’Elis, ogni mister, ogni figura, chiunque è importante per creare l’ambiente giusto, una struttura che funziona. Ognuno ci mette il suo, il proprio carisma, il proprio carattere. C’è chi è più adatto a fare test con i bambini, chi a stare con i grandi, sempre nel rispetto dell’altro, aiutando il mister che è in difficoltà. In questo non mi sono mai sentito fuori posto: non c’è invidia, non ho trovato conflitti interni, sono sempre stato aiutato e, di conseguenza, sono sempre stato pronto ad aiutare e a mettermi in gioco”.

 

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