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L'intervista

Totti Soccer School, parla Stizza: “I ragazzi devono vivere l'errore”

Lo psicologo dello sport spiega la collaborazione con i tecnici della Scuola calcio lidense per creare un ambiente ottimale per i tesserati

31 Ottobre 2025

Totti Soccer School, parla Stizza: “I ragazzi devono vivere l'errore”

Daniele Stizza (Foto@TottiSoccerSchool)

La Totti Soccer School cura ogni aspetto per la crescita dei propri tesserati. Tra questi c’è sicuramente la comunicazione dei tecnici della scuola calcio con i propri gruppi di bambini. Proprio di questo si occupa lo psicologo Daniele Stizza: "Sono uno psicologo dello sport e il mio obiettivo nella Scuola Calcio della Totti Soccer School è lavorare con tutto lo staff, tecnici, dirigenti e molto spesso i genitori, per poter permettere a tutti i bambini di vivere lo sport in maniera sana. Devo rafforzare le radici intorno affinché loro riescano a relazionarsi in maniera ottimale con i ragazzi per farli crescere e far vivere loro il calcio in maniera sana. Andando più nel pratico, lavoro con i tecnici per poter migliorare le loro capacità comunicative, relazionali, emotive, empatiche così da poter comunicare e gestire le diverse dinamiche in allenamento con i bambini e le bambine delle loro fasce d’età. Questo perché più hai consapevolezza di come relazionarti, più riesci a creare delle dinamiche ottimali e sane per permettere ai tesserati di vivere al massimo questo sport come una passione. Amo definirmi uno psicologo da campo: non sto seduto nella mia saletta, vado con loro e li osservo mentre si relazionano con i ragazzi. Intervengo facendo notare alcuni modi di comunicare per riuscire ad ottimizzare al meglio le dinamiche che si creano in allenamento, così i bambini possono divertirsi e vivere la propria passione senza timori e senza quella concezione di competizione. Il ragazzo deve venire al campo per divertirsi".

Quando si tratta del rapporto con i bambini e soprattutto del confronto tra generazioni spesso molto distanti, il lavoro diventa delicato e complesso, con ulteriori difficoltà che si presentano: "Noi veniamo da generazioni di metodi di insegnamento prettamente direttivi. Io vengo da 20 anni di Calcio a 5, che è uno sport estremamente direttivo. La nostra generazione di allenatori calcistici è abituata a dirti cosa devi fare, perché dare la soluzione per evitare l’errore nelle occasioni successive, dal loro punto di vista è il miglior modo per aiutare. Invece, nel nostro caso l’obiettivo è riuscire a permettere al ragazzo di vivere l’errore. Il ruolo del tecnico è supportare questi giovani atleti quando sbagliano, non dirgli cosa fare, ma attraverso metodi comunicativi come domande, osservazioni, descrizioni positive di alcuni gesti, aiutarli ad arrivare da soli alla soluzione, andando oltre i soliti stereotipi di incitamento. La cosa più difficile è slegarsi da questi metodi direttivi, mentre un aspetto molto positivo che ho notato nei tecnici è una grande apertura a mettersi in discussione, ed è una cosa che non dipende dall’età, perché succede da quelli più giovani a quelli che hanno anni di esperienza".

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