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Il fischietto romano della sezione di Aprilia parla in esclusiva sulle nostre colonne: "Tensione sui campi? Una piega sempre più sgradevole, ma l'AIA sta cercando delle soluzioni"
25 Giugno 2023
L'arbitro Maurizio Mariani ©️CRA Lazio
L’inaugurazione della nuova sede dell’AIA di Aprilia dello scorso 14 giugno è stata un’occasione di grande richiamo per il mondo arbitrale, del Lazio ma non solo. L’inaugurazione è stata l’occasione propizia per avvicinare Maurizio Mariani, arbitro di Serie A dal 2013 ed internazionale dal 2018 proveniente proprio dalla sezione di Aprilia, a cui l’AIA ha concesso di presentarsi in esclusiva davanti ai microfoni di Gazzetta Regionale per provare a fornire una panoramica del mondo arbitrale ai giovani che vogliono avvicinarsi a questa professione. Di seguito un piccolo estratto dell'intervista che potrai leggere integralmente nell'edizione di lunedì 26 giugno, disponibile anche nella nostra edicola digitale:
Maurizio Mariani lei, come tutti i suoi colleghi della massima serie, è un esempio per tutti i giovani arbitri. Come si trova in questa veste?
"C’è la consapevolezza di poter essere un punto di riferimento, a cui sono arrivato attraverso un percorso fatto di step successivi che ho cercato di raggiungere attraverso lavoro e sudore. Ma anche attraverso errori, che sono sempre opportunità di crescita in qualsiasi ambito..."
Nella stagione appena conclusa lei ha esordito in Champions League arbitrando al “Santiago Bernabeu” la sfida tra Real Madrid e Lipsia nella fase a gironi. A questo punto della carriera di un arbitro c’è ancora spazio per emozionarsi all’idea di calcare simili palcoscenici?
"Le misure erano leggermente diverse rispetto ai campi delle giovanili venete dove ho esordito (ride, ndr). Certamente che c’è ancora spazio per le emozioni, deve essere così..."
Molto spesso, troppo spesso anzi, i momenti di tensione sui campi di calcio, regionali e non solo, sono legati alla figura dell’arbitro. Come si affrontano queste delicate situazioni dal punto di vista del direttore di gara?
"Parliamo di un problema culturale che da sempre contraddistingue il nostro calcio, forse acuito ulteriormente negli anni della pandemia in cui le persone hanno avuto molte più frustrazioni da dover sfogare. Va bloccato questo fenomeno, perché molte volte riguarda ragazzi alle prime esperienze sul campo, quindi parliamo di giovani intorno ai 14 anni a cui va concesso il diritto di sbagliare..."
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