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l'intervista
Appesi gli scarpini al chiodo il bomber ed il difensore si raccontano in previsione del nuovo incarico con Lepanto e Bellegra
29 Luglio 2023
A sinistra Fanasca, a destra Scotto di Clemente (Foto ©GazReg)
"Al calcio dico soltanto grazie"
Da quanto tempo è che la Nazionale è alla ricerca di un attaccante che possa supportare o sostituire Immobile? Il bomber della Lazio è attualmente, parlano i numeri, il miglior centravanti tricolore, dietro di lui il vuoto. Di attaccanti che sappiano far gol in ogni modo ed in ogni occasione nel panorama azzurro ce ne sono pochi e riavvolgendo un immaginario nastro di 35 anni Orlando Fanasca rappresenta quel prototipo di calciatore dei quali sentiamo terribilmente l'assenza e dal cui esempio tecnico e comportamentale ripartire. A 40 anni e con un'infinità di gol messi a segno ha deciso di chiudere il borsone da giocatore ed aprire quello da allenatore, perché di calcio non riesce proprio a farne a meno. Una nuova avventura tutta da scoprire, dopo aver scoperto mezza Italia gonfiando la rete.
Tranne che in A hai segnato in ogni categoria, tra i tanti questo è un gran traguardo "Aver giocato in tutte le categorie è un grande orgoglio, qualcosa che mi porterò dentro per sempre. Dall'esordio in Coppa Italia con Mancini a Firenze, fino agli ultimi minuti con la Bi.Ti. è stato un percorso emozionante. Ho iniziato a 5 anni a giocare, a 16 anni ho firmato il mio primo contratto da professionista, poi a 18 l'esordio con la Fiorentina, per me che sono nato in un piccolo paese come Marino è stato come vivere un sogno. In mezzo ho conosciuto tante persone, indossato la maglia della Nazionale (dalla U15 alla U20) e vinto anche in quel frangente: non posso che ringraziare il mondo del calcio per quel che mi ha fatto vivere".
A proposito di Nazionale: come valuti le due finali di U20 e U19? "Se si arriva a determinati risultati vuol dire che c'è del buon materiale, ma credo che per continuare ad avere dei talenti i settori giovanili debbano lavorare tutti con lo stesso filo logico, sia nel professionismo che tra i dilettanti. Penso si possa lavorare bene, e che queste due finali siano un ottimo punto di partenza".
Il tuo è un esempio di talento e costanza "Dopo aver firmato il primo contratto ho giocato con tante squadre dalla A fino alla C2. La mia carriera si è sviluppata per 14 anni nei professionisti e questo mi ha dato modo di vivere tante realtà diverse in tutto il paese. Poi ho scelto di accettare il dilettantismo e la prima squadra con cui ho firmato è stato il Città di Marino, quella della mia città".
Un po' come tornare alle origini, vincendo subito "Il miglior inizio possibile, con la vittoria in Coppa contro un Palestrina fortissimo. Io rientravo in campo dopo un infortunio al ginocchio, firmai a dicembre e la finale si giocò a gennaio. In quella partita ci giocavamo già la stagione, perché eravamo attardati in classifica. Vincerla poi ci permise di salire in D anche se perdemmo quella nazionale con l'Ancona, che però riuscì a chiudere in testa nell'Eccellenza delle Marche".
E poi tra i dilettanti ha vinto tanto altro ancora, sia con i club che personalmente... "Ho ottenuto molti traguardi importanti, con società spettacolari. Viterbese, Monterosi, Lupa Castelli Romani, Ostiamare. 10 promozione raggiunte, 5 campionati vinti e due Coppa Italia oltre a 3 titoli di capocannoniere. E' stata una carriera entusiasmante anche negli anni con la Bi.Ti: ho chiuso un cerchio diventando col record di gol per quella realtà, non potevo chiedere di meglio".
Tu hai vissuto la nascita del progetto Monterosi, ormai unica società del viterbese a grandi livelli. Che idea ti sei fatto in merito? "Il Monterosi è in assoluta la società che per progettualità metto al primo posto tra quelle con cui ho giocato. Si stava veramente bene e le idee erano assolutamente chiare. In cinque anni il presidente Capponi fece qualcosa di impensabile e sono molto felice che per il terzo anno di fila sia ancora in C. Anche se poi un posto speciale nel mio cuore lo occupa anche un'altra società".
Quale? "La Lupa Castelli Romani. Recordi di punti (90) ed imbattuti per tutto il campionato di Eccellenza. Siamo stati grandissimi, ci chiamavano "Gli Illegali".
Di illegale ci sono anche i tuoi piedi, attaccanti come te non ne nascono più, ti sai dare una spiegazione? "Non ne nascono perché non si punta più sulla tecnica individuale. Magari a 16-17 anni ci sono ragazzi molto forti fisicamente e questo basta, ma il livello tecnico è davvero basso. Certo, ci si può lavorare ma è meglio farlo partendo all'inizio, uno degli obiettivi che perseguirò nella mia nuova carriera da allenatore".
Andare in panchina per uno come te sembra infatti una destinazione naturale "E' il pensiero che ho sempre avuto quando ho iniziato a fare i conti con le stagioni che mi sarebbero rimaste da giocare. Voglio ringraziare infatti per l'opportunità la Lepanto con i presidenti Bianchi e Brunetti ed il ds Rocconi. Un percorso nuovo ed affascinante".
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Rocconi che è stato al tuo fianco con la Bi.Ti: un biennio agrodolce? "Penso di sì. Il primo anno siamo andati oltre le aspettative, chiudendo al quarto posto con molti giovani. Nel secondo il presidente ha allestito una squadra importante, ma con quel Valmontone c'era poco da fare, anche se ci abbiamo messo del nostro. Nelle prime 7-8 partite abbiamo perso troppi punti".
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