Cerca

l'editoriale

Massimo Testa: non ce ne sarà mai un altro

Il calcio laziale piange il suo mattatore. Dai trionfi col Tor di Quinto ai suoi epici monologhi, passando per la perdita di Paolo e la sua forza nel rialzarsi davanti al dolore più grande

12 Maggio 2025

Massimo Testa: non ce ne sarà mai un altro

Massimo Testa

Il Presidente

Dici Testa, dici Tor di Quinto. Oltre tre decenni in cima al Lazio, con 19 titoli regionali e 5 scudetti conquistati. Da inizio anni 90 fino a oggi, con l'ultima finale – la ventinovesima in trentadue anni – persa poche settimane fa contro la Lodigiani in Under 19, il club rossoblù ha scritto pagine di calcio indimenticabili in tutta Italia. Testa era un presidente inimitabile, quello del libero staccato dietro, quello di una mentalità unica nel suo genere, capace di creare un senso di appartenenza che non esiste in nessun'altra società. Non sono parole mie, ma un merito riconosciuto dai suoi stessi avversari. “Se giochi un anno nel Tor di Quinto, sarai del Tor di Quinto per sempre” amava spesso ripetere ed aveva ragione. Sentire calciatori che hanno calcato i palcoscenici più importanti, dal campione del mondo Marco Materazzi a Ferdinando Sforzini, fino a Luca Antei, ultimo gioiello del vivaio lanciato nella massima serie insieme a Simone Sini, riconoscerne il merito di essere stato determinante per le loro carriere, la dice lunga sulla sua capacità di entrare in empatia con i più giovani. Con un amore viscerale per l'Under 19, la categoria che amava di più senza se e senza ma. “Mi piace confrontarmi con i ragazzi di quell'età, iniziano a mostrare i primi lati da uomo, a far intravedere il carattere” spiegava quando gli chiedevano il perché di questa attenzione verso una biennio troppo spesso bistrattato dagli altri club. Almeno fino a qualche anno fa, quando spinte dall'esempio di via del Baiardo altre società hanno compreso l'importanza di questa fase nella crescita di un giovane calciatore. Testa era capace di catalizzare su di lui polemiche e pressioni lasciando liberi i suoi calciatori di affrontare anche l'avversario più ostico e di preparare le gare più importanti in tutta serenità. Non ricordo una sola vigilia di una finale durante la quale lui non abbia attirato su di sé l'attenzione, dall'intervista prima del ko contro la Tor Tre Teste, dove svelò un menù a base di puntarelle e abbacchio snobbando l'avversario, a quella celeberrima rilasciata dopo la semifinale contro il Futbolclub prima di battere la Perconti all'Anco Marzio. Lui sotto i riflettori, le sue squadre in campo senza l'assillo di dover vincere, anche se spesso finiva così. Perché sapeva perdere Testa, più di molti altri. Lo faceva con stile.

Commenta scrivi/Scopri i commenti

Condividi le tue opinioni su Gazzetta Regionale

Caratteri rimanenti: 400

Resta aggiornato, iscriviti alle nostre newsletter

EDICOLA DIGITALE

Dalle altre sezioni