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l'editoriale

Massimo Testa: non ce ne sarà mai un altro

Il calcio laziale piange il suo mattatore. Dai trionfi col Tor di Quinto ai suoi epici monologhi, passando per la perdita di Paolo e la sua forza nel rialzarsi davanti al dolore più grande

12 Maggio 2025

Massimo Testa: non ce ne sarà mai un altro

Massimo Testa

L'uomo

L'addio di Paolo apre un capitolo inatteso nella mia conoscenza con Massimo, perché da quel giorno Testa, il Lider, il vulcanico patron senza paura di niente e di nessuno, il condottiero di mille battaglie come amava apparire, diventò Massimo. Mi ritrovai di fronte ad un lato fragile, umano, che non aveva mai voluto mostrare se non ai suoi cari. Quando varcai la porta del suo ufficio per porgergli le mie condoglianze durante il funerale di Paolo, fu proprio lui a chiedermi di chiamarlo per nome. Un gesto che interpretai come un mettersi a nudo. Era troppo forte il dolore da gestire anche per un tipo come lui, era troppo prezioso quello che aveva perso per riuscire a indossare quella veste da spaccone con il quale si presentava di fronte ai problemi e alle difficoltà, al cospetto dei suoi avversari sportivi e politici. Per la prima volta ho scoperto le sue debolezze, il suo trovarsi spiazzato dal destino, una sensazione nuova anche per lui. Mi chiese di realizzare un'intervista, mi colse di sorpresa, ma non potevo dirgli di no. Durante la nostra lunga chiacchierata mi parlò di quanto aveva perso e della preoccupazione per il futuro di Riccardo e Lorenzo. Della fiducia in Fabrizio – Tafani, figlio acquisito e compagno della figlia – ma anche della consapevolezza che sarebbe dovuto tornare a gestire le cose in prima persona, per non veder svanire all'improvviso la sua meravigliosa creatura, visti gli impegni nel professionismo del genero. Ne ho respirato la paura di non intravedere l'orizzonte, di non potersi appigliare ad alcun tipo di fede sopraffatto dal suo pragmatismo di sinistra. Il timore, per la prima volta, di non farcela. Poi, nei mesi successivi, ne ho apprezzato la forza e il coraggio. Ho ammirato la volontà con il quale si è rimesso in gioco, mantenendo il suo Tor di Quinto al top anche quando tutti lo davano per spacciato. “Lo devo a Riccardo e Lorenzo, ma anche a Paolo”, dichiarò durante il primo Memorial organizzato per quello che sarebbe dovuto essere il suo erede naturale ancora per molti anni. È riuscito a rialzarsi di fronte alla caduta più dolorosa, è tornato a vincere, a ringhiare come ai bei tempi, ma chi lo ha davvero conosciuto sa che i suoi occhi non sono stati più gli stessi. Quello scintillio che lo ha accompagnato per anni si è spento per sempre quel 16 gennaio. Riappariva per brevi istanti, ma solo quando si parlava di Paolo. Come quando l'ho incontrato l'ultima volta, nel suo ufficio, qualche mese fa quando mi chiamò e mi chiese di andarlo a trovare. Pensavo alla solita dichiarazione esplosiva, ma quando arrivai il suo tono di voce era pacato, il suo volto serio ma sereno, niente intervista ma solo una chiacchierata. Pochi minuti insieme, quello scintillio che riaffiora e quel momento che non mi scorderò più, quando mi ritrovai di fronte il vero Massimo: “Cavaliè, me devi fa' 'na promessa...”. La manterrò, Presidente. Buon viaggio.

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