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l'intervista
29 Maggio 2019
Dino Baggio, vicecampione del mondo ad USA '94
Senza troppi fronzoli, come quando in? ammava i tifosi italiani ai Mondiali del '94. DinoBaggio è così, uomo di poche parole ma dirette e sincere. A costo di pagare sulla propria pelle, come dopo il famoso “gesto dei soldi” all'arbitro Farina durante un Parma – Juve: "Mi hanno tagliato fuori, la mia carriera di fatto si è conclusa quel giorno" Eppure crede ancora in una possibilità di cambiamento, nel ritorno del calcio italiano ai massimi livelli. A patto, però, di intervenire immediamente: tecnica di base, procuratori, mancanza di meritocrazia e i campioni di qualche anno fa non coinvolti nel sistema sono le prime problematiche da affontare. Per tornare ai tempi di una volta. Ai tempi di quel “Dino, Roberto, Dino” che l'indimenticabile voce di Bruno Pizzul decantava nella torrida estate americana.
Dino Baggio, iniziamo dal tuo presente: come va a Montebelluna? "È un momento molto delicato. L'addio improvviso del presidente (Marzio Brombal, scomparso lo scorso Aprile mentre assisteva ad una gara del ?glio, ndr) ha complicato le cose. C'è da capire cosa vuole fare la proprietà, la famiglia. C'è un mese di tempo, le incognite sono molte"
Sarebbe un vero peccato, il vostro è uno dei poli dilettantistici più importanti d'Italia. "Come club non c'è nulla da dire. Puntiamo sui giovani, ogni stagione ne lanciamo almeno tre, quattro, nel professionismo e la prima squadra è composta interamente da under. Questa era la volontà del presidente e cercheremo di continuare sulla strada che lui ha tracciato. O almeno lo spero”.
Nel caso le nuove condizioni non dovessero essere di tuo gradimento, resteresti comunque nel calcio giovanile? “Per ora sì. Dipende comunque tutto da questo mese”.
Un ruolo che, a giudicare dalle tue parole, sembra appagarti molto. “Insegnare ai giovani è bellissimo, osservare i loro miglioramenti e la loro crescita negli ultimi due anni è davvero grati?cante, più di una vittoria. Sotto l'aspetto tecnico, tattico, ma anche caratteriale. Con gli Allievi non siamo riusciti a vincere il titolo, ma a mio giudizio su sedici giocatori in rosa almeno otto sono pronti per palcoscenici importanti, anche professionistici. Per questo spero che anche nel caso la proprietà passi di mano, non venga disperso tutto questo patrimonio”.
Hai parlato di miglioramento tecnico evidente: so che tu collabori anche con la 1VS1 di Maurizio Silvestri. Che idea ti sei fatto di questa nuova metodologia di insegnamento? “Ho collaborato diverse volte con Maurizio. Lo dico senza mezzi termini: il suo sarebbe un lavoro da riproporre in ogni club almeno una volta a settimana. Già dopo poche settimane vi accorgerete di un miglioramento incredibile. Io stesso, se mi ci metto, miglioro ancora oggi”.
E anche su un aspetto basico, come la coordinazione, ci sono più dif?coltà... “Assolutamente. Alcuni ragazzi sono un disastro, qualcuno lo abbiamo avuto e corretto anche noi. E la Ginga Wall di Silvestri, per sviluppare anche la coordinazione, è uno strumento perfetto”.
La scarsa cura dell'aspetto tecnico è uno dei motivi del dif?cile momento che il nostro calcio attraversa? “Ho osservato diverse squadre, le metodologie dei migliori settori giovanili e purtroppo la maggior parte delle volte puntano su un ragazzo alto un metro e novantacinque a discapito di un calciatore magari meno dotato ?sicamente, ma forte con i piedi. Non è possibile ragionare così, eppure questo è il sistema di reclutamento. Si giusti?cano spiegando che con l'esercizio il piede migliora: ma se poi non lo alleni...”
Un passo indietro per andare avanti? “È necessario. Vedo stop a seguire con il pallone che si ferma a dieci metri di distanza, l'incapacità di mettere bene il piede d'appoggio, la tecnica di tiro. Sono venuti a mancare esercizi come il muro, la forca, i tecnici che ti insegnano a calciare con il sinistro, quando devi usare il piatto, il collo, l'esterno, l'interno. Con il muro, per esempio, non potevi sbagliare: perché il muro è una sentenza, se sbagli il passaggio il pallone non ti torna indietro. Questi esercizi, che possono sembrare sorpassati, sono fondamentali. Sono aspetti che non cura più nessuno e i risultati sono sotto gli occhi di tutti. Ma in generale è il pallone che deve essere utilizzato maggiormente”.
Un esempio? “Un esempio i quindici minuti di palleggi che all'inizio di ogni seduta utilizzavamo come riscaldamento. Da solo, o in coppia, prima il pallone era sempre tra i nostri piedi. Palleggiare signi?ca migliorare la sensibilità, giorno dopo giorno. Ora entrano in campo e via con schemi e corse. Parliamoci chiaro, un tecnico è giusto che curi anche quegli aspetti, ma deve esserci un giusto mix, altrimenti non si va da nessuna parte”.
Cambiamo tema, passiamo ai procuratori giovanili e alle tante illusioni che molto spesso questi ragazzi si ritrovano davanti. L'ultimo caso, rilanciato sabato dal Messaggero, parla di abusi sessuali subìti da alcuni giovani talenti in cambio delle solite promesse... “Uno schifo, questa è una cosa gravissima e al di là di questo caso alcune ?gure andrebbero allontanate subito. Sono il lato più marcio dei settori giovanili. Per carità, ci sono manager bravi e quelli meno bravi. Quelli che a mio modo di vedere lavorano con onestà e capiscono determinate dinamiche sono coloro che hanno praticato calcio: questi fenomeni che si improvvisano espertoni e non hanno mai giocato, rappresentano la distruzione totale del movimento”.
In che senso? “Non puoi promettere ad un ragazzo scarso che andrà a giocare nella Juve o nel Milan. Purtroppo i genitori, appena gli viene prospettato un percorso del genere, pagano e non capiscono che stanno facendo del male al ?glio. Perché se il ragazzo non ha le doti giuste, dopo un anno torna a casa e sapete cosa accade nella maggior parte delle volte? Smette di giocare e questa è la scon?tta più grande. Bisognerebbe essere onesti, dirgli come stanno le cose. Ma una volta intascati i soldi questi individui il loro lo hanno fatto. Quello gli interessa”.
Un fenomeno in espansione. “Nelle ultime stagioni ne sono usciti fuori molti. Ma come si fa a prendere un ragazzino di 12, 13 anni e dirgli che ha bisogno di assistenza? Personalmente il mio percorso con il procuratore è iniziato il primo anno di Serie A e perché me lo ha imposto il club. A determinati livelli è necessario, ci sono tanti aspetti da curare e da solo non puoi riuscire a portare avanti tutto. Ma se un ragazzo è bravo arriva, pure se ad assisterlo sono mamma e papà. Anche se...”.
Anche se? “Anche se le capacità in alcuni ambienti non bastano più. Purtroppo siamo arrivati ad una situazione che se non hai il procuratore non vieni considerato”.
Uno schiaffo alla meritocrazia. “Assolutamente, se sono bravo e i miei genitori non possono spendere non vado da nessuna parte. A meno che, come in rari casi, non incontri una persona che crede ciecamente in te, ma è dif?cile”.
In questo anche alcuni club hanno le loro colpe. In più di un'occasione si parla di veri e propri tariffari nel professionismo. "Molte volte vedi gli scarsi che giocano e i bravi in panchina. Purtroppo chi paga va in campo e la meritocrazia non esiste più. Fortunatamente non tutti i club si comportanto così, ci sono ancora persone oneste che fanno il bene dei ragazzi”.
Anche se, come tu sai bene, quando ti schieri apertamente contro un sistema rischi di esserne sbattuto fuori. Mi riferisco al gesto dei soldi all'arbitro Farina durante un Parma – Juve.“Ho ?nito in quel momento di giocare a calcio. Non solo con l'Italia, ma anche in Serie A. Ero un calciatore da 34 gare su 34, ho iniziato a disputarne venti, poi dieci e mi sono trovato fuori dai giochi in poco tempo”.
Tu hai le spalle grosse: come si gestisce una situazione del genere, che consiglio puoi dare ad un ragazzo che dovesse attraversare un momento simile al tuo? “Di comportarsi sempre nella maniera più giusta possibile e dare il massimo. Durante allenamenti e partite devono pensare a mettercela tutta, hanno una passione e quella deve prevalere su tutto il resto. Quando un ragazzo entra in campo deve farlo col sorriso, senza pensare a tutte queste dinamiche marce. Comportarti onestamente è l'unica strada, perché se pensi a tutto il resto, ti passa la voglia”.
Quali sono gli aspetti da milgiorare per tornare ai livelli degli anni 90'? “Siamo già in ritardo a mio modo di vedere, dopo la mancata quali?cazione ai Mondiali il sistema era da rifondare puntando su persone competenti, che sanno di calcio e che lo hanno vissuto in prima persona”.
Le altre Federazioni spesso scelgono i loro ex campioni per i ruoli dirigenziali, questo in Italia non accade spesso: secondo te perché? “Perché fa comodo così. Se all'interno dei progetti tecnici inserisci personaggi del calibro di Del Piero, Maldini, Tommasi, Roberto Baggio... questi di calcio ne sanno e non poco (ride, ndr)! Così, per non correre rischi, si scelgono personaggi che non hanno idea di che cosa si stia parlando, sono più facili da gestire. Con determinati professionisti non puoi permetterlo, alla prima cosa che non va sorgerebbero problemi e cosa gli vai a raccontare a persone di questo calibro? Che lo fai per il bene del calcio? Lo sapranno meglio di te, o no? Fermo restando che servono anche le competenze economiche, aziendali e tutto il resto, ma il settore tecnico deve essere af?dato ai nostri ex campioni, la situazione migliorerebbe sensibilmente”.
Fermo restando che anche le strutture iniziano ad essere un deterrente."Siamo indietro decine di anni, speriamo che le big riescano a seguire l'esempio della Juve. Serve uno stadio e serve un centro sportivo dove tutte le squadre, dalla prima alla scuola calcio, si allenano insieme. Mi auguro che la burocrazia non ostacoli le società che hanno intenzione di fare quel tipo di investimenti, altrimenti continuiamo a perdere terreno”
Chiudiamo con il caso che sta in?ammando Roma e la Roma: l'addio di Daniele De Rossi. Cosa pensi di questa vicenda? Il romanticismo di una volta sembra de?nitivamente svanito...“Non c'è più rispetto dell'uomo e di quello che ha dato per una squadra, ma questo anche perché le società sono cambiate. Il presidente tifoso ormai è una mosca bianca, se cinesi e americani scelgono di investire sul calcio pensate che lo facciano per vincere o per creare introiti? È nella loro mentalità imprenditoriale. Così si arriva a scelte di questo genere, prese senza alcun tipo di valutazione umana, ma esclusivamente aziendale. Questo è il calcio di oggi”.
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