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Lazio, Leonardo Caruso e l'arte del farsi trovare pronti
Domenica il Green Club ha ospitato una delle gare più attese di sempre: il derby tra Lazio e Roma, in piena lotta per il primo posto nel girone. Una stracittadina che dal punto di vista dello spettacolo ha offerto poco e nulla con una sfida che di fatto ha assunto i crismi di una partita di scacchi. Pochissime occasioni da gol per entrambe, tanto agonismo ed intensità ma poco gioco. O meglio, poco spettacolo rispetto a quello che si attende solitamente da una gara di giovanili. Insomma, è stata quasi una partita da Serie A, di quelle chiuse sotto tutti i punti di vista, in cui l'equilibrio non ne vuol sapere di spezzarsi. Non è un caso se alla fine dei giochi a decidere Lazio-Roma è stato une episodio, non casuale, ma pur sempre un episodio. A proposito di episodi, quanto accaduto prima e durante il derby merita di essere raccontato e ricordato, perché si tratta della classica storia che la dice lunga sulla bellezza del calcio e di tutte le sue sfumature. Nelle prime sette giornate di campionato Leonardo Caruso, estremo difensore della rosa biancoceleste, non aveva mai giocato. Sei da titolare per l'ex Cassino Ierardi ed una, contro il Cosenza, con Renzetti tra i pali dal primo minuto. Quest'ultimo, tra le altre cose, sta facendo molto bene con l'Under 17 da sotto età scendendo qualche volta a dare una mano ai compagni. Per Caruso, insomma, non c'è mai stato spazio. La settimana del derby è sempre particolare. Per i tifosi, per i genitori dei ragazzi, per gli addetti ai lavori e, naturalmente, per i giocatori stessi. L'alone di sogni, speranze, pensieri e preoccupazioni aleggia su chiunque. Ed aleggiava anche su Marco Alboni che in questa stagione si sta letteralmente divertendo con un organico finalmente all'altezza. Ha preparato ogni dettaglio, considerato ogni variabile possibile senza lasciare nulla al caso. A poche ore dal calcio d'inizio Ierardi e Renzetti sono costretti a dare forfait e Alboni si ritrova con il solo Caruso a disposizione, senza neanche un secondo portiere in panchina. E insomma, affrontare un derby con un terzo, senza nessuno in panchina non è che sia proprio il massimo, senza chiaramente nulla togliere ai terzi. In fondo, se Caruso è alla Lazio un motivo ci sarà. Dicevamo, il derby scorre via senza particolari emozioni, nel primo tempo non si registrano occasioni da gol nitide e i due numeri 1 non vengono praticamente mai impegnati. Leonardo Caruso mostra comunque personalità e sicurezza in ogni pallone toccato e anche quando la sfera non finisce dalle sue parti, semplicemente facendosi sentire dalla propria retroguardia che lo protegge al meglio. Nella ripresa l'alta intensità che ha contraddistinto il match sfocia in due occasioni per i giallorossi, prontamente neutralizzate da Caruso, ma in entrambe le circostanze la bandierina dell'assistente era alta per fuorigioco. Alla mezz'ora la Lazio si porta in vantaggio grazie la rigore conquistato da Serra e trasformato da Gelli, così nel finale la formazione di Falsini si getta all'arrembaggio. Il forcing non produce troppi pericoli, eccetto uno. Su un traversone da sinistra Nardozi prende benissimo il terzo tempo e schiaccia di testa, il pallone batte a terra scivolando sul manto erboso del Grenn Club inumidito e... gol? Neanche per sogno. Caruso va giù in un decimo di secondo e smanaccia in corner salvando la vittoria biancoceleste. Un istante durato ottanta minuti. Quante volte abbiamo sentito la classica frase sui portieri che non vengono mai sollecitati ma che poi sono improvvisamente chiamati in causa? Ecco, la prova di Caruso ne è una dimostrazione chiara ed evidente. L'arte del farsi trovare pronti, per giocare un derby senza aver disputato neanche un minuto finora, scendere in campo in una stracittadina così importante con la personalità di un numero 1 dalle millemila partite alle spalle. La vittoria di domenica rappresenta un'affermazione di superiorità importante da parte della Lazio che resta al comando del girone e allunga a +4 proprio sui cugini, tenendo a tre lunghezze invece il Benevento. A fine partita gliel'avrà detto Alboni al suo Caruso che gli vuole bene assaje, ma tanto tanto bene sai, per essersi fatto trovare pronto nel momento del bisogno, lì dove non luccicava il mare ma una miriade di fili d'erba e tirava forte il vento. Alboni abbraccia il suo ragazzo per aver contribuito ad una vittoria storica, ma da lunedì si è già schiarito la voce per ricominciare il canto.