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Dopo sei vittorie consecutivi e il mezzo passo falso di Salerno, i giallorossi sono caduti nel match della consacrazione. Cosa non ha funzionato?
28 Novembre 2022
La disperazione della Roma (Foto ©Torrisi)
Sei vittorie, identità, idee, miglior attacco e miglior difesa del girone. La Roma di Mattia Scala è stata una macchina perfetta per due mesi e questo è difficilmente confutabile. Il calcio espresso dai 2008 giallorossi, al secondo anno sotto la guida del tecnico, è di qualità. E continuerà ad esserlo, sia chiaro. Due settimane fa, però, la macchina perfetta si è inceppata. In terra campana la Salernitana, grandissima sorpresa del campionato, ha frenato i capitolini sull'1-1. Un passaggio a vuoto che ci può stare, ma che forse ha fatto accendere una piccola spia rossa sul cruscotto romanista. Sabato pomeriggio, invece, la conferma delle difficoltà di queste ultime due settimane. Niente di particolare, alla fine dei conti, sta di fatto però che la Roma esce sicuramente ridimensionata dalla stracittadina con la Lazio. La domanda che ci siamo posti dopo il triplice fischio apre a due letture del match: i giallorossi hanno avuto troppo coraggio... Oppure troppo poco? Scala ha provato a riproporre, come sempre, le sue idee. Costruzione dal basso con Pallassini a ricevere il pallone dai centrali, o addirittura da Marcaccini sulla rimessa dal fondo. La manovra provava a scorrere soprattutto sulla corsia di sinistra dove agiva Carlaccini. Il problema sorgeva puntualmente proprio qui. I due terzini - Carlaccini stesso e Bonifazi - ricevevano fin troppo bassi mentre anche i due centrali difensivi - Piermattei e Basile - riempivano l'area di rigore. Con l'abbassamento di Pallassini e quello di Mariani i diciotto metri erano pieni di calciatori giallorossi, oltre ai laziali in pressione. La prima linee di pressing biancoceleste non concedevano respiro ai portatori di palla, con una conseguente giocata sui due esterni mai pulita. A proposito di esterni, Maccaroni e Malafronte hanno perso la maggior parte dei duelli con Noto e Calvani, che hanno fatto prevalere muscoli e forza fisica. Dopo un paio di costruzioni non andate a buon fine, infatti, la Roma ha optato diverse volte per la soluzione diretta su Modugno e Vella, anch'essi quasi sempre sovrastati in duello da Di Marzio e Ciucci. Ecco perché il quesito sul coraggio. Ai nastri di partenza ci si aspettava il solito 4-3-3, con Pallassini in cabina di regia affiancato da due intermedi e con il trio offensivo. Invece Scala ha provato a prendersi il centrocampo con i soli Pallassini e Mariani, sempre molto bassi, e un attacco quasi a quattro. Un 4-2-4, di fatto, che però non ha funzionato, rimasto incastrato nella stessa idee non sviluppata a dovere. Nella ripresa, infatti, con l'inserimento di Luzi e il passaggio al 4-3-3 la musica è in parte cambiata, ma la Lazio oramai era carica e desiderosa di confezionare il successo finale. Qualche buono spunto, proprio del neo entrato, non è bastato. Il triplice fischio ha condannato i giallorossi, che ora dovranno rimettersi in carreggiata nel prossimo weekend. Un altro derby per capitan Piermattei e compagni, stavolta sul campo del Frosinone.
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