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l'intervista

Simone Montanaro "Al Real Madrid si respira l'essenza della vittoria"

Il match analyst dei Blancos si racconta: dall'inizio a Tor de' Cenci fino ai successi al fianco di Carlo Ancelotti

05 Marzo 2025

Simone Montanaro "Al Real Madrid si respira l'essenza della vittoria"

Simone Montanaro bacia la Champions League

Il rapporto con Montella ed Ancelotti ed la responsabilità di essere al Real

Sei stato legato sostanzialmente a due allenatori, Vincenzo Montella e Carlo Ancelotti. Raccontaci di loro "Inizierei da Luis Enrique, con cui ho lavorato il primo anno alla Roma dividendomi tra Allievi e prima squadra. Tecnico di grande personalità e competenza dal quale ho appreso le prime modalità di analisi sugli avversari. Preparavo video individuali, schede tecniche sui giocatori che non conosceva e un pdf generale tattico-statistico sull’avversario. Montella e Ancelotti hanno caratteristiche diverse eppure sono due leader da cui ho imparato molto e a cui devo tantissimo. Montella è stato quello che mi ha aperto le porte della Serie A chiamandomi come suo Match Analyst alla Fiorentina, 3 anni fantastici. Riservato e riflessivo, a quei tempi fu un innovativo. Introdusse la cosiddetta periodizzazione tattica e gli allenamenti fatti principalmente con palla. Iniziammo un gioco di palleggio e posizionamento negli spazi, una rottura rispetto allo schematismo che principalmente si praticava. Soprattutto alla Fiorentina sono stati anni di grande calcio che ancora si ricordano, la famosa “giostra di Montella”. Ancelotti ha un rapporto empatico col giocatore, si affida alla loro responsabilità dentro e fuori dal campo; lascia che la professionalità di ciascuno sia al servizio del gruppo, all’interno di regole non scritte. Oltre a tutto questo, ovviamente, parliamo di un grande allenatore preparatissimo tatticamente. Il suo palmares parla per lui".
 
La tua è stata una autentica scalata, culminata - per ora - con il ruolo di Capo Match Analyst del club più forte del mondo. Insomma, potresti essere uno di quelli irraggiungibili, innominabili, un gigante, eppure in quella cena sembrava di stare con uno zio qualsiasi in un pranzo di famiglia. È davvero l'umiltà la caratteristica principale che consente di scrivere la storia? "Intanto grazie. A volte io stesso non mi rendo conto di essere nel club più famoso del mondo. Ne prendo coscienza quando mi muovo con la squadra o attraverso tutte le persone che mi conoscono e me lo ricordano. Credo che a prescindere dal lavoro, l’umiltà è la base di tutto. Umiltà per me vuol dire essere consapevole di non sentirsi mai arrivato, di poter sempre apprendere da chiunque, di continuare a lavorare con la stessa passione che avevo con i ragazzi dell’Urbetevere o della Roma. E se mi hai visto come uno “zio” è perchè penso che lavorare al Real Madrd è un sogno di tutti e cerco in in ogni modo di condividerlo con le persone che conosco la mia esperienza. E quindi ne parlo con entusiasmo, sto vivendo qualcosa di unico e irripetibile, capisco quanto desiderio ci possa essere al di fuori, la voglia di poter conoscere quel mondo e viverlo un po' attraverso di me".

Quali altri componenti sono per te fondamentali per raggiungere determinati livelli? "Oltre all’umiltà, direi che per raggiungere questi livelli occorre conoscenza, competenza, studio continuo e infinita passione, un fuoco dentro che ti permette di lavorare 12 ore al giorno senza fatica".

In foto Carlo Ancelotti con lo staff del Real dopo il Mondiale per Club

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