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la decisione
22 Giugno 2016
Uno scatto dall'ultimo Lazio Roma (foto ©De Cesaris)
Ci eravamo illusi, credevamo di poter compier un grande salto, quello che da tanto si auspicava e che poteva permettere al calcio (non solo giovanile) di smuovere un sistema ancora contratto. L'Assemblea di Lega si è riunita di nuovo per discutere l'approvazione della riforma Primavera che, dopo la riunione del 9 giugno, sembrava ormai cosa fatta. Quegli ultimi dettagli da limare, evidentemente, si sono trasformati in problemi per qualcuno insormontabili e tant'è: la Primavera, anche per il 2017/2018, rimarrà la vecchia e cara (?) Primavera. La proposta La novità più importante riguardava quella che avrebbe comportato la divisione della categoria in due campionati paralleli: quello di "primo livello" composto da 16 squadre, quello di "secondo livello" invece formato da 26 club e suddisiviso in due gironi da 13. Una sorta di massimo campionato con relativa serie cadetta e retrocessioni e promozioni: tre le squadre a scendere, e ovviamente altre tre a salire dal "secondo livello", con l'introduzione dei play out.
Immobilismo La commissione era favorevole, ma alla fine ha vinto il "No". Qualcuno si è guardato intorno e si è fatto qualche conto; qualcun altro invece non ha dato minima importanza a quella che poteva, e doveva, essere una svolta epocale per il nostro calcio. Servivano 16 "Sì" per compiere la rivoluzione, numero che sembrava facilmente raggiungibile, invece, sorprendentemente, ci si è fermati a 14 : i No che hanno più colpito sono stati quelli di Bologna, Crotone, Genoa, Napoli, Pescara, Sampdoria e Sassuolo. Palermo astenuto e Frosinone assente alla riunione.
Motivi validi? La nuova riforma avrebbe eliminato, come criterio per la formazione dei gironi, la pertinenza geografica: questo avrebbe portato il rischio di viaggi lunghi con relative spese, evidentemente evitabili. Altri club si sono fatti due conti e con il rischio di ritrovarsi fuori dal girone a 16 squadre, quello di "primo livello", per evitare di affrontare quello di "secondo", hanno preferito non azzardare, scegliendo di "non abbandonare la via vecchia per quella nuova". Clichè di un immobilismo che al movimento sportivo italiano sembra piacere tanto. Una scelta che però rinvia ancora una volta le possibilità di crescita del nostro Calcio. La nuova riforma avrebbe permesso di creare gironi più competitivi, abbandonando un sistema (come quello attuale) che riempirà di nuovo il calendario di partite, per la maggior parte, dall'esito scontato. Alla fine ha vinto la paura, la voglia di non cambiare e di non compiere uno di quei passi che avrebbe portato il calcio italiano più vicino a quelli esteri. Invece no: gli interessi personali e pseudo-economici dei club hanno ancora avuto la meglio su quelli del collettivo Calcio. Il grande salto è rinviato, proprio quando stavamo per salire sul trampolino. Ancora una volta.
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