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la riflessione
14 Novembre 2016
Violare la misura cautelare per andare a giocare a calcio e essere arrestato alla fine della partita. E' quello che è successo a Tiziano Gambacurta, 37enne capitano del Montespaccato, che al triplice fischio del match pareggiato dai capitolini sul campo del Canale Monterano si è ritrovato i Carabienri ad attenderlo davanti agli spogliatoi. Gambacurta, inquisito per una vicenda di cronaca risalente a quattro anni fa, domenica mattina aveva infranto la sorveglianza speciale con obbligo di dimora a Roma per guidare i suoi compagni in una delle ostiche trasferte del campionato di Promozione laziale. Per questo motivo i militari della compagnia di Bracciano gli hanno messo le manette ai polsi, prima di accompagnarlo nel carcere di Civitavecchia. Una vicenda delicata, su cui non sta a noi emettere giudizi. Una considerazione, però, va fatta. Se è vero che lo sport è più volte chiamato in causa come strumento di recupero sociale e di integrazione, la storia di un ragazzo arrestato a bordo campo per aver inseguito la sua passione, disobbedendo ad un giudice, non può che infondere un pizzico di tristezza nel cuore di tutti gli sportivi del mondo. Compresi noi.
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