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L’INTERVISTA
20 Aprile 2020
Manuel Panini, difensore del Flaminia
Panini, come le figurine che una volta e ancora oggi, ma forse con meno appeal, rappresentavano il calcio raccontato: potevi percepire l’odore dell’erba calpestata dalla foto e scorgere il sudore intriso nelle maglie più vintage di sempre: quelle di lana. Manuel Panini, è in effetti un giocatore d’altri tempi; oggi, all’età di 36 anni, è colonna portante al Flaminia: "Ho fatto sempre il professionista - racconta il difensore centrale nativo di Grottaferrata - poi, per ragioni prettamente economiche, sono sceso tra i dilettanti. Certo, d’ora in avanti, chi non ha un contratto farà fatica a giocare il calcio in un determinato modo: il Coronavirus credo causerà grandi difficoltà nel dilettantismo”. Coerenza, senso di responsabilità e pragmatismo, contraddistinguono un uomo che ama vivere felicemente nella semplicità e, all’occorrenza, riesce a stare in pace con se stesso: in tempi di lockdown è come una benedizione divina. "A me, nella vita basta poco per star bene - analizza il giocatore in forza al club civitonico - non cerco compagnie effimere né mi circondo di persone tanto per non sentirmi solo. Ho una moglie speciale che presto mi renderà padre, cerco di essere un riferimento per i mei cari, dispensando quei valori che ho ricevuto in maniera genuina dai miei genitori. Ho avuto i mei calvari anche io, perdere un padre a venti anni lascia cicatrici ben marcate addosso ma non mi sono mai fermato. Lo sport mi ha aiutato ad attaccare la vita coraggiosamente con la giusta paura: quella che sprona la coscienza, innalzando il senso di responsabilità”. Panini ha militato in club professionistici che fanno del calcio anche una poesia: piazze come Taranto, Foggia, Frosinone, tanto per citarne alcune, rappresentano un condensato di pura passione. “Si - rammenta Panini - certi luoghi hanno peculiarità uniche. Le mie esperienze al sud sono state indimenticabili, il gioco del calcio mi ha dato e continua a darmi veramente tanto”. A breve, come detto, Manuel diverrà papà ed è proprio nei confronti dei papà che instradano i figli nel lungo sentiero del calcio che, il classe 1983 ha dei consigli, generosamente da dispensare: "Il bambino deve divertirsi fino a che non attraversa la fase dell’adolescenza. Oggi si parla tanto di schemi e tattica ed anche i genitori, purtroppo, comunicano coi propri figli come fossero allenatori di un certo livello. C’è un grave errore in tutto ciò. Il calcio è semplicità, è come la vita. Si parte dai fondamentali, saper calciare bene così come imparare l’educazione ed il rispetto nella quotidianità anche extracalcistica, è già tanto. Un bambino che si diverte con un pallone ed apprezza la bellezza della vita attraverso il miracolo delle sfumature semplici che essa riserva, ha molte possibilità poi di essere un grande uomo”. Parole di un veterano, comandante di mille battaglie e di un futuro padre.
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