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L'intervista
10 Maggio 2017
©Lori
L'Urbetevere, la prima della classe. L'unica squadra che, al momento, è già certa di competere direttamente in semifinale. La testa dei gialloblu è già lì, con ogni probabilità, e non più rivolta ad un campionato che, ora come ora, non ha più nulla da dare se non minutaggio per le gambe e possibilità di tentare qualcosa di nuovo. Abbiamo scambiato qualche parola con la giovane guida della capolista gialloblu, Valerio Cicchetti, a cominciare dal primo posto conquistato aritmeticamente. “Era un obiettivo che ci eravamo prefissati con i ragazzi a inizio stagione. Giusto provarci, per la nostra storia e tradizione.” Ecco appunto. La storia. Quella che hanno riscritto i classe 2002 l'anno scorso. Ma quanto pesa questo fantasma sulle spalle di Cicchetti e dei suoi ragazzi? Quanto grava la condanna di dover provare a vincere per emulare le gesta di chi ha preceduto?... “A inizio anno ho visto che c'era pressione. I ragazzi la sentivano dall'interno, dall'esterno, il paragone con i 2002 era costante. Per questo motivo ho sempre cercato di separare i discorsi, di sottolineare come si tratti di due squadre diverse. Non voglio negare, però, che allo stesso tempo utilizzavo la pressione “buona” di tutto questo, veicolandola come stimolo per far bene.” Questa Urbetevere ha attraversato diverse fasi nel corso della sua crescita: “Anche io, in quanto allenatore, sono cresciuto insieme a loro. Nella preagonistica abbiamo curato l'intensità di gioco, il cercare di andare a creare sempre superiorità. Quest'anno abbiamo raccolto i frutti di quel lavoro, in aggiunta a una mentalità nuova, più matura. Proprio sotto questo aspetto ho riscontrato l'evoluzione maggiore di questo gruppo. La personalità del singolo individuo è cresciuta, la timidezza in campo è sparita.” Tant'è che sembra di veder giocare una squadra di adulti, citando le parole di uno sportivo Giancarlo Sambruni. “Ci fa piacere, ci siamo impegnati molto per raggiungere questa condizione, questa “professionalità” sul campo.” E ora? “Sono del parere che prima bisogna imparare a difendersi bene, successivamente si passa ad apprendere come attaccare nel modo più efficace possibile. E' quello che stiamo facendo ora, ottenendo già buoni risultati.” Perché qui si nasconde il difettuccio di questa Urbe: “Dobbiamo chiudere prima le partite. Questa è la caratteristica da migliorare. Certo, il non fare un valanga di reti può essere in parte riconducibile alle caratteristiche del nostro gioco e del nostro organico. Ma sono del parere che alcune nostre individualità possono fare di più in zona goal.”
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