Cerca
l'intervista
08 Giugno 2016
Piero Gonini e Luigi Miccio ©Del Gobbo
La bellezza di Luigi Miccio è che in qualsiasi occasione lo incontri, il suo stato d’animo è sempre lo stesso. Sereno, gentile, con un sorriso e una buona parola per tutti. Che sia al mare in estate, che sia in piena corsa scudetto come accaduto in questa occasione. Il giovane tecnico, campione in carica nella categoria Giovanissimi con la Perconti, è in attesa del terzo incontro del triangolare di qualificazione alla final six di Cesena, ma la tempra è la stessa della vigilia della prima di campionato. Una testimonianza di come va vissuto il calcio: con una passione sana, con la voglia di godersi gli aspetti migliori che solo lo sport sa regalarti, ma con la concentrazione di chi sa di poter raggiungere un traguardo riservato a pochi eletti. Miccio è così: schietto, sincero, passionale e talmente innamorato del suo lavoro che non si stancherebbe mai di parlarne, un ragazzo che nel calcio cerca amicizie e sentimenti. Ma sempre con il sorriso sulle labbra. Anche ora, con l’appuntamento con la storia alle porte.
Mister, partiamo da una domanda scontata: come si fa a mantenere la concentrazione con un mese di distan- za tra un match e l’altro?
“La situazione è molto complessa. Con lo staff abbiamo scelto di lavorare sul format settimanale che abbiamo sempre sviluppato in campionato, con la stessa intensità di sempre, e affrontare i tre weekend di pausa con avversari impegnativi: o più grandi di età o contro club importanti. Inoltre con il dialogo continuo con la squadra, sempre e costante”.
Non deve essere semplice, parliamo comunque di ragazzi di quindici anni.
“Assolutamente, ed inoltre le pressioni sono aumentate. Adesso siamo osservati a livello nazionale, a cinquecento chilometri da qui c’è chi ci studia, chi vuole limitarci. Dal canto nostro dobbiamo ricordarci da dove siamo partiti. Siamo una squadra che senza la rabbia dimostrata nella seconda parte di stagione, non può raggiungere determinati obiettivi”.
Hai già allenato a livello professionistico e quindi viaggiato molto per l’Italia: come ti aiuta la tua esperienza nelle trasferte di questi giovani?
“C’era tanta euforia nel viaggio per Gubbio. L’ho accolta serenamente, ma non possiamo dare per scontato drrivare in fondo perché siamo la Perconti. Quando siamo giunti in hotel ho notato questa sensazione quasi da gita scolastica. Li ho ripresi, ricordando loro che partire un giorno prima, riposarsi sul posto, è da privilegiati e va sfruttato nel migliore dei modi con professionalità e serietà. Devo dire che i ragazzi sono stati bravi a capire e i risultati si sono visti il giorno dopo contro un avversario di grande livello”.
Una prestazione di grande livello.
“Gli avversari erano forti, le condizioni climatiche assurde: dal punto di vista tecnico la migliore della stagione”.
Un altro passo avanti di un gruppo che è cresciuto giorno dopo giorno: alla vigilia in pochi avrebbero puntato su di voi.
“Quello degli addetti ai lavori era uno scetticismo sano. Quindici ragazzi nuovi non sono pochi da inserire, da amalgamare, e probabilmente anche io non avrei scommesso sulla Perconti. Poi, però, si inizia a lavorare, giorno dopo giorno, e lavorando bene crescono le qualità individuali e di squadra. I ragazzi da questo punti di vista sono stati encomiabili, così come lo staff tecnico. Senza alibi: lavorare a testa bassa e stop”.
Per un tecnico la crescita del ragazzo è la cosa più appagante.
“Qui subentra la seconda parte del discorso: entrare nel cuore dei ragazzi. In tanti dicono alla testa, ma se subentra il sentimento, l’irrazionalità, allora non ci sono limiti. Noi eravamo chiamati a fare in dieci mesi quello che le altre squadre avevano costruito in due, tre anni. Penso di essere arrivato al cuore dei miei atleti, altrimenti non saremmo qui”.
Regole uguali per tutti o ogni ragazzo ha bisogno del suo modo operandis?
“Regole uguali per tutti, ma maniere diverse nel dialogo. E cercare di fare capire che dietro un allenatore c’è una persona, che può sbagliare una scelta, un cambio. Senza vedere il marcio ogni volta: ho sbagliato e sbaglierò ancora, come tutti. Far comprendere questo è fondamentale”.
So che non ti piace parlare dei singoli, ma non citare Di Bari diventa difficile. Come si fa a non far scattare un meccanismo di invidia quando si ha un ragazzo con i riflettori costantemente puntati addosso.
“Il segreto è proprio Alessio. Sempre primo ad arrivare, l’ultimo ad andare via. Va a raccogliere i palloni, le borracce, tira il gruppo di lavoro durante gli allenamenti. Il suo segreto sta nella famiglia: ha un papà e una mamma eccezionali, lui lo è altrettanto. Quando sei un esempio per i compagni la gelosia non esiste”.
Partenza a rilento e poi un filotto di vittorie incredibili: il punto di svolta?
“Le due gare perse con il Pro Roma e il Tor di Quinto. Due ko arrivati per immaturità, partite giocate in maniera troppo didattica e superficiale. Da lì la musica è cambiata, abbiamo imparato a soffrire e a difendere. Anche se oggi, dire di saper difendere, sembra quasi un’offesa...”.
Miccio e il suo futuro?
“Voglio continuare a fare settore gio- vanile, a livelli sempre più alti. Anche se in questo momento, e nel futuro pros- simo, penso solo alla Perconti. Qui non sto bene, sto troppo bene”.
EDICOLA DIGITALE
Dalle altre sezioni
Dalle altre sezioni
Dalle altre sezioni
Dalle altre sezioni
Dalle altre sezioni
Dalle altre sezioni
Dalle altre sezioni