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l'intervista
20 Giugno 2017
Pasquale Barba (foto ©Lori)
Pasquale Barba con la sua grande Urbetevere ha vinto praticamente tutto: in un biennio due titoli regionali e quattro tornei, scrivendo la storia del club di via della Pisana. Ora si lotta per lo Scudetto, mai così vicino: un sogno che potrebbe coronare un’epopea sportiva veramente incredibile. In questa chiacchierata traspare la soddisfazione, la consapevolezza, la passione e la mentalità del tecnico gialloblu, unito più che mai alla sua società ed ai suoi classe 2002: emozioni e qualità diverse, tutte presenti nella mente e nel cuore dell’allenatore romano per creare un mix invincibile. C’è un appuntamento con la leggenda da non mancare assolutamente.
Mister, prime battute su un’annata tanto esaltante quanto dispendiosa. “E’ stata una stagione pesantissima: si poteva immaginare già dalla composizione dei gironi che sarebbe stata difficile. Ma noi sapevamo di essere l’Urbetevere, i campioni regionali dell’anno precedente e non siamo secondi a nessuno: volevamo far bene e siamo riusciti a stare sempre in alto”.
Regular season chiusa in seconda piazza. Te l’aspettavi? “Ci sono tante componenti che fanno arrivare una squadra in testa. Nessuno avrebbe immaginato che il Carso tenesse quel ruolino di marcia, ha meritato il primato. Allo stesso tempo non credevo che Vigor Perconti e Tor Tre Teste uscissero così presto dalla lotta per le finali, al contrario l’Accademia Calcio Roma ha mollato solo all’ultimo”.
Quali fattori hanno influito nel corso del vostro campionato? “Il calendario ad esempio ha inciso molto: avevamo tre scontri diretti attaccati contro contro Lodigiani, Tor Tre Teste e Polisportiva Carso e logicamente qualche colpo si perde. Abbiamo fatto tantissimi punti chiudendo secondi, però abbiamo perso meno gare di tutti”.
Questa la chiave per l’Urbe? “Assolutamente. La regolarità è stata il nostro fattore chiave”.
Poi i playoff e tanti dolci ricordi. “Sono state due bellissime gare, vissute. L’Ostiamare stava bene sia fisicamente che mentalmente ed in una sfida secca aveva valori importanti, avendo invece sofferto sulla lunga distanza in favore di Tor di Quinto e Savio. Poi la semifinale in casa del Savio è stata l’apoteosi: possono dire quello che vogliono, ma dovevano batterci nel primo tempo se volevano passare. Tra ripresa e supplementari noi abbiamo dominato: i ragazzi hanno giocato senza paura e si sono presi con carattere la finale regionale”.
Infine, contro la Polisportiva Carso, il primo titolo regionale in una delle tre principali categorie giovanili. “Significa tantissimo per noi e per tutta l’Urbetevere. Stupendo il trionfo nei Fascia B, contro la Lazio, il primo in assoluto. Ma questo è stato diverso, una sensazione bellissima”.
Poi la fase nazionale: ancora negli occhi l’esordio spettacolare contro i marchigiani della Veregrense, spazzati via 6-0 tra le mura amiche della Pisana. “Stavamo davvero al massimo. Non tanto con le gambe, piuttosto con la testa: desideravamo fare quella prestazione e dimostrare a tutti che siamo davvero bravi. Sento ancora persone che parlano male di noi: non capiscono che più fanno così e più ci danno forza. Bisogna dare meriti ad una squadra che ha vinto tutto, restando al proprio posto”.
Poi l’1-0 nella trasferta sul difficile campo della Nuova Fulginium, uno spettacolo per altri versi. “Lì è uscito tutto il carattere, la voglia di dimostrare che non molliamo mai. I ragazzi sono passati dallo scherzo della sera prima alla piena concentrazione: quando iniziano a pensare alla partita, non ce n’è per nessuno. Poche squadre credo abbiano tale forza mentale”.
Qual è il segreto dietro tutto ciò? “C’è una grandissima stima reciproca. Sanno che li rispetto sia come calciatori che come ragazzi e loro fanno altrettanto con me, fidandosi ciecamente. Gli chiedo tanto in gara e loro dimostrano massima applicazione. I miei non scendono in campo senza il solito rito che facciamo nello spogliatoio, aspettano da me l’ultima carica. C’è una complicità enorme, figlia di una grossa stima”.
Passiamo la squadra al dettaglio. La tua corazzata parte con una difesa quasi impenetrabile. “Insisto molto su questo reparto, soprattutto a livello psicologico. Abbiamo segnato sempre, in ogni partita, ed i ragazzi sanno che se non prendiamo gol, vinciamo. In partita vedo molti giocatori buttarsi a peso morto per murare i tiri avversari: eloquente della concentrazione e voglia di non subire gol”.
Salendo, troviamo un centrocampo di qualità e quantità. “Chiedo al reparto principe, che dà equilibrio al collettivo, grande abnegazione e sacrificio. Tutti sono coinvolti nella fase di possesso e non: voglio partecipazione globale e tanto impegno. Tutti fanno tutto, remando nella stessa direzione, per lo stesso obiettivo”.
Davanti, poi, c’è un attacco atipico. “Non ci sono posizioni fisse, quanto invece tanta velocità e la necessità di arrivare in area avversaria con più giocatori possibile per fare gol. Non c’è nessuno preposto a questo: si gioca in gruppo ed il più vicino alla porta, la butta dentro”.
Quanto pesa, alla base di tutto, la grande unione tra i ragazzi e la coscienza di ognuno di loro di essere importante? “Tantissimo. Ultimamente abbiamo trovato una quadratura con certi ragazzi, ma se cambiassi modulo e interpreti il risultato non cambierebbe. Tra campionato, playoff e triangolare abbiamo variato molto, in termini di schieramenti e giocatori: dipende dal momento che vive la squadra in un determinato contesto. C’è chi dice a prescindere di pensare sempre alla propria squadra: io sono più umile e prendo precauzioni sull’avversario, schierando la formazione che gli si oppone meglio. Prevaliamo spesso nei secondi tempi perché preparo la partita nella sua totalità”.
Ora la Final Six. Sabato, inizia l’ultima avventura, la più importante: come arrivate al grande appuntamento? “Consapevoli di essere molto forti e non abbiamo paura. Vogliamo a tutti i costi arrivare il più lontano possibile, fermo restando che potremmo anche perdere prima. Ma affinché ciò accada dovranno batterci sul campo e noi non regaliamo niente a nessuno. C’è grande consapevolezza, della nostra forza e del desiderio di non fermarsi: daremo il massimo”.
L’obiettivo è lo Scudetto. “Non è retorica, siamo sempre stati e restiamo umili: l’obiettivo, ad oggi, è sconfi ggere i friulani del Cjarlins Muzane all’esordio. E poi si pensa alla seconda partita. Vediamo passo dopo passo”.
Anche perché, a questo punto, le rivali sono di spessore. Chi temi tra le altre cinque contendenti? “Del nostro triangolare la Fabrizio Miccoli ha fama d’esser molto forte, mentre il Cjarlins è più fisico. Nell’altro girone credo che il Chisola abbia qualcosa in più, perché ha giocatori prestati da Juventus e Torino ed hanno vinto sempre segnando molto. Ma noi siamo l’Urbe: sinceramente non sarei affatto contento di affrontare la mia squadra”.
Infine, siamo alla resa dei conti. Cosa significa per voi, come squadra ed Urbetevere in generale, avere la possibilità di giocarvi questo traguardo? “Non solo per l’Urbetevere, in generale per tutti coloro che arrivano alla Final Six, è una sensazione molto bella. Sappiamo di rappresentare la nostra regione, di esser seguiti da molta gente e di vivere un’esperienza più grande di quanto fatto finora. Siamo l’Urbetevere e siamo pronti alla sfida”.
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