L'intervista
Tirreno Sansa, Lambroni ci ricorda che la crescita conta più del mero risultato
Una splendida vittoria nello scontro diretto di Ladispoli ha permesso al Tirreno Sansa di riaprire il discorso play off. Il quarto posto dista pochi punti e la fine del campionato poche giornate, ed insieme a mister Daniele Lambroni, tecnico dei classe 2008 verdeblù, abbiamo analizzato non solamente l'ultimo successo dei suoi ragazzi e le prossime sfide che li attendono, ma anche e soprattutto i progressi fatti dai suoi ragazzi lungo una stagione che per forza di cose ha osservato alti e bassi, ma che ha soprattutto permesso ai ragazzi dello Scalabrini di crescere.
Crescita. Una parola sulla quale ci si sofferma molto poco, nell'affannosa corsa ai numeri ed ai risultati che, per certi versi anche giustamente, si è impossessata anche del calcio giovanile e dilettantistico. Di questo ed altro abbiamo discusso assieme a Lambroni, a cui in primis abbiamo chiesto se si aspettava che la sua squadra tenesse botta così bene in un girone tanto complicato come il girone A.
"Sì, ce lo aspettavamo. E da subito era netta la distinzione tra le tre compagini provenienti da società strutturate per occupare posizioni di alta classifica ed un gruppo di squadre, altrettanto di livello, che avrebbero lottato per il quarto posto.
Ritengo il girone A, il più complesso, senza nulla togliere alle squadre degli altri gironi. Ed io ero stracontento, in quanto è risaputo quanto mi intrighi l'alta competitività. I nostri obiettivi iniziali erano rivolti alla valorizzazione dei giocatori facendo attenzione al mantenimento della categoria".
Obiettivi che ad oggi sono stati ampiamente raggiunti. La squadra ha dimostrato di essere migliorata rispetto ad inizio stagione, ed abbiamo voluto scendere nel dettaglio chiedendo al tecnico su quali aspetti di preciso.
"Capire la differenza tra ruolo e funzione, avere lo spazio come dodicesimo compagno di squadra, capire che non esistono alibi anche quando, come quest'anno, ne abbiamo avute di evidenti e risapute "sfortune". Aver fatto capire che sì, è bello giocare dall'inizio, ma anche aver fatto metabolizzare che è ancora più importante chi finisce le partite. Che i moduli sono solo numeretti per gli pseudo-intenditori, che il rispetto, il lavoro e l'educazione sono alla base di ogni relazione e che il calcio è una metafora della vita. Che giocare in un campo dalle dimensioni ridotte è un'opportunità per crescere su alcuni aspetti tecnico-tattici, che non esiste la parola colpa, che la costruzione dal basso non è un concetto assoluto e che la "palla sopra" non è un gioco da scarsi ma un'altra opportunità. Abbiamo capito che il calcio è una situazione mai uguale e che la capacità di adattamento, aiutata da esercitazioni e concetti teorici tradotti nel campo, aumentano le competenze e le conoscenze che permettono loro di scegliere una soluzione. Sì, anche sbagliando. Perché sono loro che giocano, non noi dalla panchina. Ecco, in non poche parole, diverse e confuse, cosa intendo per miglioramento. Crescere per me vuol dire sapere di più. E loro sanno più di ieri, ma anche meno di domani".
Il successo sul Ladispoli è stato un passo importante per il Tirreno, che ora si prepara al finale di stagione.
"Noi veniamo da un girone di ritorno contradditorio: All'andata abbiamo fatto tanti punti ma spesso con prestazioni che a me personalmente hanno lasciato spesso perplesso. Sono molto esigente e malgrado i tanti punti guadagnati, non ero contento. Vedevo un gruppo di giocatori bravi senza un'identità di squadra precisa, senza un carattere. Dopo il richiamo di preparazione, durante la breve sosta natalizia, siamo invece riusciti, grazie soprattutto all'aiuto dei nostri validi collaboratori tecnici, a dare quell'anima che piano piano ci ha portato ad avere una vera e propria consapevolezza di gruppo, anche se il risultato in campo non sempre è stato positivo. Quando si vince, noi allenatori spesso ci riempiamo di parole inutili per dimostrare quanto siamo stati bravi. In realtà, contro il Ladispoli abbiamo avuto il solito approccio per portare a casa i tre punti, con l'unica differenza che se avessimo vinto, sapevamo che ci saremmo salvati matematicamente (ride, ndr). Diciamo che avevamo la disperazione come alleata. La stessa che ci ha accompagnato, rientrando in campo nel secondo tempo, unitamente a quel senso di sicurezza che non ci ha mai lasciato, pure dopo aver preso il gol nella prima frazione di gioco. La partita era nelle nostre mani. Il risultato non corrispondeva a quello che si stava vedendo in campo. E i ragazzi lo sapevano.
Domenica inizia un minicampionato di 4 partite, dove incontreremo squadre coinvolte in piena lotta per i playout. Tutt'altro che partite facili. Cominciamo dal Civitavecchia che all'andata c'ha reso la vita difficile: l'abbiamo spuntata in modo rocambolesco e fortunato all'ultimo secondo. Non merita la classifica attuale.
Il mio è un gruppo di bravi ragazzi, educatissimi e seguiti da famiglie straordinarie. Sono molto uniti tra loro, sin dal primo giorno di ritiro svolto ad agosto. Si frequentano anche fuori dal campo e si trovano in una società accogliente e gestita da persone che si dedicano con grande passione al Tirreno Sansa.
Chiedo loro di continuare a lavorare per perseguire il loro sogno di diventare dei calciatori. Perché ancora oggi io stesso immagino ancora di segnare il rigore al 90' nella finale della Coppa del Mondo contro il Brasile. Vorrei che qualcuno di loro ci riuscisse, tutti gli altri che lo continuino a sperare. Per sempre".