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Roma, Fattori e quell'arsenale mai sfruttato del tutto

L'eliminazione contro la Juventus brucia soprattutto perchè giunta dopo una semifinale in cui la tanto attesa svolta non è di fatto mai arrivata

16 Giugno 2017

Mauro Fattori © Del Gobbo

Mauro Fattori © Del Gobbo

Mauro Fattori © Del Gobbo

Il triplice fischio del Bruno Benelli è pesato come un macigno. La Roma si sveglia dai suoi sogni di gloria, tranciata dalla mano di una Juve che ha schiacciato i giallorossi con una semplicità che nessuno si sarebbe mai aspettato. Tueto Fotso e Travaglini non sono bastati, eppure hanno lottato sino a quando hanno potuto, arrendendosi insieme ad una Roma che è sprofondata sempre più con il passare dei minuti. Un lento e inesorabile affondare quello della corazzata capitolina rimasta immutata e identica a se stessa, se non nella forma comunque nella sostanza, nell'incedere verso gli scogli bianconeri. Il risultato è cosa ormai nota, un naufragio figlio di una mancata inversione di rotta perchè, se è vero che nel calcio la sconfitta fa parte del gioco, è vero anche che non si può pretendere che le cose cambino, se si continua ad agire sempre nello stesso modo. La fragorosa caduta della Roma, in fondo, è tutta qui. Perché a conti fatti i giallorossi non hanno mai tenuto le redini della partita ma anzi sono stati costantemente chiamati a rincorrere e, cosa ancora più grave, senza far nulla per sovvertire delle dinamiche parse sempre più chiare con l'incedere dei minuti. La Roma è infatti cambiata nella forma ma non nella sostanza perchè Fattori, pur chiamando in causa nuovi interpreti, ha continuato a ricalcare una strada che sin lì non andava certo verso la finale scudetto. Dei sei cambi effettuati durante la partita con la Juventus, infatti, ben cinque sono stati tra giocatori omologhi. Muteba-Tomassini, Calafiori-Suffer, Astrologo-Tripi, Bove-Silvestri e Milanese-Zalewski. Ogni nuovo ingresso è andato ad occupare esattamente la stessa mattonella di campo di chi lo aveva preceduto. Fattori si è limitato dunque a seguire quella corrente che, comunque, lo ha portato sino al Benelli. A mancare è stato dunque quel famoso “Piano B” fondamentale per cambiare in corsa l'andamento di una gara ormai incanalata sotto delle dinamiche tutte a tinte bianconere. La Roma, nonostante ci fosse in palio una finale per il tricolore, ha così scelto di non rischiare, rifugiandosi dietro delle scelte ampiamente rodate durante la stagione. Le staffette viste contro la squadra di Bovo sembrano infatti null'altro che la mera riproposizione di quanto già visto con sorprendente costanza durante l'anno, diventando così più simili a comandamenti di un manuale già scritto che ad una vera e propria scelta tecnica. I numeri dicono che, tra campionato e quarti di finale, Muteba e Tomassini si sono avvicendati a gara in corso 10 volte, Calafiori-Suffer 9, Astrologo-Tripi 7, Antenori-Cancellieri 5 e Bove-Silvestri 3 volte. Giocatori omologhi, come già detto, ma che rappresentano munizioni di un arsenale che Fattori ha finito con l'usare sempre e solo in un'unica maniera pur dovendo affrontare battaglie spesso ben diverse tra loro.

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