Cerca

L'intervista

Alessandro Di Nunno è pronto: "Voglio una nuova sfida"

Il tecnico capitolino ha lasciato l'Albalonga. L'obiettivo quello di tornare a fare ciò che ama di più: allenare

28 Luglio 2017

Alessandro Di Nunno (©Del Gobbo)

Alessandro Di Nunno (©Del Gobbo)

L'ultima annata, nonostante l'eliminazione agli ottavi di finale per la corsa scudetto, è stata senza dubbio positiva. Ed è arrivata in seguito ad un'altra in cui, con il lavoro iniziato a Gennaio, i risultati erano stati ugualmente soddisfacenti. L' Albalonga  era dal 2010-11 (all'epoca in panchina c'era Davide Guida) che non raggiungeva delle finali con la sua Juniores; prima Elite, poi Nazionali. Alessandro Di Nunno (©Del Gobbo)Nell'ultimo biennio al timone della squadra castellana c'era Alessandro Di Nunno. Il rapporto con il club di Camerini si è poi esaurito, senza polemiche o discussioni, semplicemente perché in casa azzurra si è preferito fare altre scelte. Sia in alto che in basso. Per la prima squadra è arrivato Mariotti, mentre sulla panchina dell'Under 19 siederà Roberto Coscia. Il risultato è quello di avere uno dei tecnici più preparati (e vincenti) della nostra regione senza una squadra. Aveva scelto di abbandonare il settore giovanile, lasciando una panchina sicura come quella della Tor Tre Teste, per provare la "scalata" verso il calcio dei grandi. Anche lui, dopo i tanti ragazzi che ha allenato ed ora girano tra professionismo e Serie D. Uno su tutti, Kevin Bonifazi. Alessandro Di Nunno non vuole mollare con il calcio, perché ciò che vuole fare nella vita è allenare. Perché "mi sento pronto, so di essere pronto per allenare una prima squadra". 

Alessandro, ad Albano si è chiuso un ciclo, adesso? "Adesso sono alla ricerca di un nuovo impegno, perché voglio allenare. Allenare è la mia professione. Permettimi di ringraziare l' Albalonga per l'esperienza che mi ha fatto fare. Lavorare a stretto contatto con una prima squadra di Serie D mi ha fatto crescere molto. Ho avuto un bel rapporto con tutti, in primis con il presidente Bruno Camerini e poi Chiappara e Tomei. Ci siamo trovati. Vado via da Albano sicuramente più formato". 

Poi però le vostre strade si sono divise "Sì, la società ha fatto un tipo di scelta rispetto alla quale il nostro rapporto non poteva più proseguire. Vado via senza rimpianti, anzi, con la consapevolezza di aver fatto un buon lavoro"Alessandro Di Nunno (©Del Gobbo)


Il tuo obiettivo è quello di guidare i "grandi"? "Assolutamente sì, credo di essere pronto per questa esperienza, mi sento pronto per guidare una prima squadra anche se a quanto pare tutta l'esperienza accumulata in questi anni non mi sta aiutando..."

In che senso? "Nel senso che, va detto, se hai 36 anni sei ancora considerato un giovane. Non conta nulla quello che hai fatto fin qui. Senza darmi troppe arie, ho un percorso da allenatore che mi ha portato sempre o in finale o a vincere un titolo regionale nelle categorie che ho allenato. Alla Tor Tre Teste, dove sono stato tanti anni, se non porti determinati risultati in termini di titoli o di valorizzazione dei giocatori il tuo lavoro non è stato ottimale. Io ci sono riuscito spesso e volentieri e tanti ragazzi (circa 30 ndr) che ho allenato adesso sono nel mondo del professionismo. Il primo che mi viene in mente è Kevin Bonifazi, un ragazzo sul quale ho puntato sin da subito e che non ha tradito le attese. Quello che voglio dire è: possibile che tutto quello che ho fatto finora non conti? Possibile che l'esperienza di un allenatore non valga nulla?"

Cosa c'è che frena, quindi, un allenatore come te? "A me come altri, magari giovani, ma con un bagaglio di esperienza già importante alle spalle manca l'occasione giusta e forse il coraggio da parte di chi sceglie le figure professionali. Essere un allenatore è una professione vera e propria per me".

Di Nunno esulta dopo un gol dell'Albalonga con i ragazzi (©De Cesaris)

Se guardiamo fuori dai nostri confini ci sono tanti giovani che allenano ad alto livello, come te lo spieghi "Lo spiego rispondendoti che, come in Germania, ci sono 5 allenatori Under 40 in Bundesliga perché vengono premiati dalle loro esperienze e dalle loro capacità. E mi fermo alla Bundesliga, perché nelle serie inferiori la percentuale è anche più alta. In Italia ci stupiamo ancora di Sarri come se fosse un marziano. Lui è l'esempio di chi ha intrapreso questo percorso con la professionalità che merita. Qua si smette di giocare e si va in panchina. Un calciatore può conoscere il calcio, ma non è detto che sappia allenare. In tanti conoscono il calcio, perché lo osservano, ma allenare è un'altra cosa. Secondo me mandare in panchina calciatori senza una vera formazione rischia di bruciare futuri allenatori, sminuendo l'importanza stessa della formazione che uno fa per imparare ad esserlo". 

Cos'è dunque allenare? "Allenare è avere un'esperienza alle spalle, saper comunicare con i giocatori, anche magari più grandi della tua età, l'importante è spiegare cosa fare sul campo ed ottenere il meglio. Mi auguro presto di poter avere anche io la mia occasione per dimostrare cosa so fare". 

Commenta scrivi/Scopri i commenti

Condividi le tue opinioni su Gazzetta Regionale

Caratteri rimanenti: 400

Resta aggiornato, iscriviti alle nostre newsletter

EDICOLA DIGITALE

Dalle altre sezioni