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l'intervista

L'analisi di Andrea Persia: i piccoli, le formule, la scuola

Il tecnico della Vigor Perconti analizza la situazione nella sua posizione di allenatore, ma anche come insegnante e padre

19 Novembre 2020

L'analisi di Andrea Persia: i piccoli, le formule, la scuola

Andrea Persia (Foto ©Conti)

Andrea Persia è uomo di calcio, vero, con un rapporto viscerale col campo e con la sfera, che infonde ai suoi ragazzi tutto il suo carisma rendendo le sue squadre difficili da battere sul lato sportivo e sul lato caratteriale. Allenatore e giocatore navigato come tanti dei suoi colleghi sta vivendo come un leone in gabbia questo secondo stop al calcio e lo si capisce tra le righe delle sue parole: il campo gli manca davvero tanto. Ma Andrea Persia non è soltanto questo, ha avuto modo di lavorare anche con i più piccoli, come insegnante di psicomotricità nella scuola materna, un compito che la pandemia gli ha strappato da sotto gli occhi, lasciandolo di fatto senza lavoro e con tutte le difficoltà del caso. Per lui quindi il ritorno alla normalità avrà un sapore ben diverso. "Al momento vado avanti solo con gli allenamenti che riusciamo a fare con la Vigor Perconti, ma è evidente che ci siano delle difficoltà" commenta senza nascondere l'amarezza, ma dando al contempo l'impressione che quel suo furore, visto tra campo e panchina, lo stia accompagnando anche in questo difficile periodo.

Andrea, l'impressione è che la pandemia abbia solamente messo ancor più in evidenza delle problematiche preesistenti, anche nel mondo della scuola "Penso di sì. Il mio non è l'unico caso, anzi, ci sono persone che conosco che hanno più problemi di quanti ne possa avere io. La pandemia ha scoperchiato delle situazioni sommerse di difficoltà nel mondo del lavoro come quello della scuola o della sanità. Il mio rapporto di lavoro si è interrotto lo scorso 6 marzo e da quel momento non sono più ripartito. Lavoro all'interno della scuola dal 2006 e questo tipo di situazione lascia molte complicazioni, come mai avute prima. Purtroppo però non coinvolge solamente la scuola, ma anche tutti gli altri aspetti della socialità. Una situazione davvero difficile da gestire per tutti".

E purtroppo non hai avuto nemmeno il calcio come valvola di sfogo: le difficoltà così aumentano
"Senza dubbio, le difficoltà sono davvero grandi ed andare avanti così è molto dura, soprattutto per chi come me ha un gruppo di ragazzi già grandi come età. Gli stimoli vengono meno anche se i ragazzi in questo periodo stanno mettendo tutto quello che hanno in ogni sessione, per quanto limitata. Non possiamo fare quello che ci viene naturale e quello per cui eravamo abituati e dunque stiamo facendo tutto ciò che è umanamente possibile per rimanere in condizione e cercare di trovare degli spunti positivi. Ma è davvero dura".

Da calciatore ed allenatore, credi che tutti questi stop possano inficiare sulla crescita di nuovi talenti? "Assolutamente sì, soprattutto perché nei più piccoli l'impatto psicologico ed emozionale in questi momenti è molto forte e quindi porta ad allontanarli dal calcio. Ai bambini in questo momento stanno togliendo la gioia, quella che si può ritrovare in una semplice partitella tra amici. Questo potrebbe segnarli e, se dovesse poi espandersi anche ad altre fasce d'età ancora più piccole potrebbe diventare un problema su larga scala. Al momento all'interno della scuola calcio si seguono rigidi protocolli che limitano il loro divertimento ed è anche difficile spiegare loro perché certe cose le possono fare ed altre no. Dobbiamo cercare quindi di creare in questo momento le migliori condizioni possibili per farli divertire, in modo tale da lasciare solamente sullo sfondo tutto quello che sta accadendo".


Nella tua testa, come in quella di tutti gli appassionati c'è il pensiero del ritorno in campo, che idea ti sei fatto in merito? "E' normale che io ci pensi, ma in questo momento dobbiamo affrontare prima le questioni che riguardano la salute di tutti. Quando poi anche questa seconda fase emergenziale sarà finita la prima cosa che vorrò fare sarà tornare in campo. Siamo stati fermi per troppo tempo e dopo aver ricominciato fermarsi di nuovo per altri 2-3 mesi è davvero frustrante, viste anche le difficoltà che abbiamo dovuto superare per ottenere questo mese circa di calcio giocato. Dopo qualche partita stava anche tornando quel sano spirito di competizione che una partita ti fa vivere e dentro ogni ragazzo c'era qualcosa di diverso in questo nuovo inizio, proprio perché era qualcosa che attendevano da tempo. Un senso che assomigliava a quello della rinascita. Bisogna stringere i denti ed aspettare che tutto questo passi, prima di tornare a fare ciò che amiamo di più".

(Foto ©Cippitelli)Con quale formula vorresti tornare in campo? "Tempi e modi li decideranno la federazione e gli organi competenti. A me interessa poco e non ne ho una preferita. Penso però che non si possa ricominciare a giocare troppo più in là con il tempo, perché poi ci ritroveremmo con un calendario ingolfato e diversi turni infrasettimanali, eventualmente, oppure con un campionato che troverebbe la sua logica conclusione, se si ripartisse con l'idea di chiudere tutto con le gare anche del girone di ritorno, a giugno inoltrato se non qualcosa di più. Senza contare poi che ci potrebbero anche essere le finali regionali ed eventualmente quelle nazionali. Forse, quindi, una formula diversa da quella canonica potrebbe aiutarci in questo senso, l'importante è che si torni a giocare, ne abbiamo davvero voglia, quasi bisogno".


Tecnico, insegnante, ma anche papà: come spieghi a tua figlia quello che sta succedendo? "Ha solamente tre anni e mezzo, va all'asilo e quindi è in quella fase della vita in cui il compito di ogni genitore è cercare di far vivere il proprio figlio nella maniera più felice possibile, senza farle sentire una pressione psicologica che non meriterebbe. Quando le parlo le faccio capire che c'è qualche problema, che qualcosa non va ma senza creare un allarme. Lei, nonostante sia molto piccola, dimostra di aver capito ed infatti qualche giorno fa mi ha detto 'Papà, mi metto la mascherina perché c'è il virus'. La faccio quindi vivere con la leggerezza che merita. Bisogna farlo assolutamente perché se si vive all'interno del terrore il danno può essere ancora più grande di quanto già questo periodo assurdo della nostra vita non abbia già fatto. La comunicazione in questo momento è molto importante, per permettere al loro percorso di svilupparsi nella maniera migliore possibile".

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