Mercatoillegale
Dalla PS4 ai social: "metodi" tecnologici d'adescamento
Vi riproponiamo l'analisi facente parte della nostra recente inchiesta: con i più piccoli si sfruttano le chat di Playstation e XBox, mentre con gli adolescenti basta il canale Instagram dell'atleta
Il mercato dei calciatori dilettanti, nel settore giovanile, è sempre esistito. Qualcuno ancora oggi si scandalizza quando viene usata la frase “finestra di mercato” in riferimento ai tesseramenti annuali dell’agonistica ma è un dato di fatto. Le società del Lazio si fanno la guerra per arrivare ai giocatori. Una guerra che parte dai campi sportivi, si sposta sulle tribune; e poi le chiamate, i messaggi sui social... Ci arrivano spesso segnalazioni di dirigenti che seguono i ragazzi addirittura in spiaggia per ottenere la fatidica firma. Molti genitori vengono tartassati nello stesso giorno anche dai cinque, sei, sette società. Insomma, parliamo di una battaglia senza esclusione di colpi. Ma qual è il “segreto” di ogni ds per arrivare ad un calciatore? Giocare d’anticipo. Tradotto: arrivare per primo al ragazzo. Questa è una regola fondamentale per concludere una trattativa. Lavorarci già nel periodo di febbraio-marzo, a ridosso della fine dei campionati. Con il passare degli anni però il fenomeno del “mercato” si è fatto sempre più aggressivo e purtroppo la pandemia ha spostato l’attenzione degli addetti ai lavori anche sulla scuola calcio. D’altronde lo sappiamo tutti. In questo periodo in cui la maggior parte dei club devono fare i conti con dei bilanci in rosso il sostegno dell’attività di base è fondamentale. Più iscritti si hanno, maggiori saranno le entrate che andranno a coprire i buchi causati dallo stop forzato per il Coronavirus. Questa fame, questa vera e propria “necessità” di fare numero spinge i direttori a contattare ragazzi anche molto piccoli pur di convincerli a sposare il famoso “progetto calcistico” approfittando di un serie di lacune legislative che spianano la strada al “tutto è concesso”. Ma è davvero tutto concesso? L’obiettivo di questa inchiesta infatti è quello di analizzare le tecniche di persuasione che gli addetti ai lavori usano durante le finestre di mercato per convincere i ragazzi a firmare per la propria società e di come esse impattano sullo sviluppo dei giovani. Le modalità usate dai ds cambiano a seconda dell’età del ragazzo, per cui bisogna fare due discorsi differenti.
Età: 15-17 anni Quattro firme: papà, mamma, giocatore e dirigente della società. Tanto basta perchè il ragazzo cominci a giocare. Per arrivare a questo momento fatidico però il direttore sportivo ha due criticità da superare: Il primo è quello di contattare il ragazzo (come lo approccio? Coame faccio a conoscerlo?). Il passo successivo è il più complicato: convincerlo. Analizziamo questi due punti. Un calciatore dai 14 ai 17 anni al giorno d’oggi è facilmente rintracciabile sui social. Per un direttore sportivo sarà sufficiente andare su Instagram (la piattaforma principale degli adolescenti) e tentare di contattare il giovane. Basta un messaggio scritto, un vocale di presentazione e si attende (in questo caso è più difficile giocare sporco visto che il ragazzo può verificare facilmente l’identità del direttore in questione). Se il ragazzo, intimorito, non dovesse rispondere si passa subito su Facebook (piattaforma principale degli adulti) per contattare i genitori. Un minorenne che gioca a calcio riceve decine e decine di messaggi di questo tipo. è bene specificare che in questo caso un addetto ai lavori non può fare subito promesse o regali poiché lascerebbe una traccia scritta (il messaggio, per l’appunto), quindi cerca di stimolare la fantasia del giovane con frasi ad effetto del tipo: “Ascolta quello che ho da dire, poi mi dici di no. Ma sono certo che non lo farai...”. In questo caso non sta dicendo nulla di specifico ma il calciatore, incuriosito, si presenta al colloquio. Il primo ostacolo (creare un contatto con il giovane) è stato superato, adesso bisogna farlo firmare. L’età permette al ds di provare a convincerlo direttamente senza passare, in un primo momento, dai genitori. Attenzione, però: le promesse si diversificano a seconda della classe sociale. Ad un ragazzo con difficoltà economiche nella maggior parte dei casi vengono offerti subito dei soldi che variano dai 200 ai 500 euro. Ad un giovane benestante invece si compra la “macchinetta” o il “motorino” e ovviamente, se ne vale la pena, viene offerto anche il rimborso mensile. Le cose materiali però passano sempre in secondo piano di fronte alle fatidiche promesse di professionismo. “Andrai alla Roma o alla Lazio” “Farai provini di ogni tipo”. “Ti assicuro che ti porto nei Nazionali a fine stagione, basta che firmi per me”.
Età: 10-14 anni Come dicevamo all’inizio, nel post Covid-19 questa è la fascia d’età che interessa di più agli addetti ai lavori. Il motivo è semplice: per far giocare un ragazzo nei campionati Regionali o d’Elite servono delle qualità tecniche minime da rispettare. La scuola calcio invece possono farla tutti. Non c’è distinzione sulla bravura, dunque si può giocare tutto sulla quantità. Stavolta però il primo ostacolo (contattare il bambino) è molto più complicato. Su Instagram, e sui social in generale, i bambini di 10 anni si trovano con maggiori difficoltà. Da qui l’esigenza di trovare altre “vie” per l’approccio. Stando alle nostre conoscenze, uno dei nuovi metodi è quello di contattare i bambini tramite le chat sulla Playstation o sulla Xbox. Trovare l’ID (identificativo) del bambino è più complicato ma non impossibile. Basti pensare a quanti tornei di Fifa sono stati organizzati durante la quarantena. E gli ID sono diventati come i numeri di telefono: girano. In questa circostanza il direttore sportivo potrebbe giocare sporco poichè nel proprio ID (quello con cui si presenta al bambino, per intenderci) potrebbe tranquillamente non inserire subito il suo nome, magari per evitare di intimorirlo, usando un nickname qualunque per creare il contatto presentandosi, poi, in una seconda circostanza. Attenzione però: c’è anche chi fa il doppio gioco. Il ds si presenta con il nome di un dirigente di un altro club – suo competitor, ovviamente – Si comporta male, fa delle brutte affermazioni in modo che nel bambino nasca una sorta di repulsione verso quella persona e dunque la società che rappresenta. Si tratta di un modus operandi gravissimo, che viola e colpisce l’intimità di un minore. Lo si inganna in un suo momento di serenità in cui è privo di qualsiasi tipo di controllo e difesa. Mettiamo però, per ipotesi, che il ds riesca a convincere il giocatore e i suoi genitori a venire a colloquio. Essendo un giovane di 10-14 anni è inutile far dei regali materiali per cui l’attenzione verrà spostata sul grandissimo progetto calcistico riservato al gruppo dei Piccoli Amici. Fuffa, nel modo più assoluto. Qualche genitore potrebbe fiutarlo per cui il dirigente è costretto a buttare giù la maschera e vengono offerti al papà e alla mamma percorsi SPA, palestre gratuite tutto l’anno, accesso alle piscine, set di cucina. E ovviamente soldi in contanti. Se poi il genitore porta altri bambini nella società, il rimborso potrebbe addirittura salire.
Conclusioni Ci teniamo a specificare che non tutti gli addetti ai lavori operano in questo modo. Nel corso di questi mesi però si sono intensificate in maniera esponenziale le segnalazioni di questo tipo e ci chiediamo se questo “nuovo mercato giovanile” non comprometta in modo totale la serenità dei bambini, schiacciati di fronte al peso delle aspettative. Di come le promesse o i regali vanno a influire sullo sviluppo di un adolescente, sulla sua psicologia e sulla sua futura formazione morale. Abbiamo chiesto all’Avvocato Annafranca Coppola, specializzata in Diritto di Famiglia e Minorile, se queste nuove tecniche di persuasione, spesso ingannevoli nei confronti dei giovani, possano configurare degli estremi per reati penali. Basta leggere la sua intervista qui di fianco per capira la gravità della situazione.