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l'inchiesta/3
Dribbling dimenticati, tecnici poco preparati e l'ossessione del risultato: coraggio e fantasia si spengono
08 Aprile 2022
Non faremo un processo, non punteremo il dito contro qualcuno o qualcosa, non c'è alcuna pretesa di trovare la soluzione, anche perché per rigenerare un sistema servono anni. La seconda disfatta mondiale però impone al mondo dell'informazione sportiva l'onere di analizzare, non ci si può sottrarre. Così, nel nostro piccolo-grand e mondo del calcio giovanile e dilettantistico, la famosa base del movimento, affronteremo ancora una volta le tante problematiche che in questi anni di pubblicazioni abbiamo in più occasioni messo in evidenza, seppur invano. Un approfondimento a tappe che si pone come obiettivo quello di racchiudere tutti i malesseri delle fondamenta del nostro calcio.
Scuola Calcio È doveroso partire da dove tutto ha inizio, l'attività di base. I piccoli talenti italiani cominciano il loro percorso in una delle circa 7.000 società che offrono il servizio in Italia, a prezzi non sempre agevoli, ma di questo ne parliamo in un articolo a parte. Qui poniamo l'attenzione su quello che viene insegnato ai nostri giovani, perché se da un lato è giusto considerare quasi prettamente l'aspetto ludico nei primissimi anni di scuola calcio, con il passare delle stagioni e il passaggio alle categorie Pulcini ed Esordienti, emerge la necessità di trasmettere ai nostri giovani anche conoscenze fondamentali, dalla coordinazione alla preparazione tecnica. In Italia, almeno fino agli anni '90, i piccoli calciatori sono cresciuti con strumenti come corda, muro, forca, triangolo ecc... Strumenti che oggi sono praticamente finiti nel dimenticatoio per via di una corrente che ha prevalso negli ultimi anni portando a ritenerli obsoleti e poco formanti. Certo, il gioco del calcio è mutato significativamente nel tempo, e di questo va preso atto, ma il come si calcia un pallone, come si posiziona un piede di appoggio in corsa o su calcio da fermo, come orientare il corpo per realizzare uno stop a seguire o come metterlo per indirizzare la sfera, rasoterra o alta, non cambierà mai. Non entriamo nel dibattito tra analitico e situazionale, perché di fatto pensare che uno possa escludere l'altro sembra alquanto improbabile. Come dribblo l'avversario con una finta in partita se prima non ho imparato ad eseguirla? Come posso controllare un pallone nel modo corretto durante una gara se non ho ripetuto il gesto fino all'apprendimento? La verità è che entrambe le esercitazioni sono assolutamente necessarie per non ritrovarci poi a vedere partite di atleti giovanissimi dove nessuno riesce a saltare l'uomo.
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Dal 2014 Pochi giorni dopo la delusione del Mondiale brasiliano intervistammo Fabio Capello, che rilasciò dichiarazioni significative e tremendamente attuali a distanza di 8 anni. Due passaggi in particolare lasciarono il segno: “Il settore giovanile deve essere una grande fucina di giocatori e per fare questo bisogna insegnare più tecnica che tattica. Perché alla velocità a cui si gioca oggi ci vuole grande, grande tecnica. Questo è emerso chiaramente al Mondiale. Mi capita di vedere allenatori che a bambini di dieci, undici anni, insegnano la tattica. Penso che questi personaggi andrebbero messi in prigione, perché ai piccoli devi insegnare la parte ludica facendo sì che migliorino nella tecnica. Ma siccome è molto più facile insegnare la tattica...”. Concetto chiaro e forte che condividiamo pienamente. Il problema è che troppo spesso le società che hanno la Scuola Calcio non hanno mezzi economici per investire su tecnici adeguati. Anche qui non entreremo nel merito del dibattito “può allenare solo chi ha giocato”, però riteniamo sia fuori da ogni discussione che per insegnare a calciare un pallone o a compiere i diversi gesti tecnici serva qualcuno che lo sappia fare. Un maestro di musica che non ha mai suonato può insegnare? Evidentemente no. L'investimento che i club possono permettersi per far quadrare i conti è spesso di poche centinaia di euro per ogni mister, così capita che spesso a ricoprire quel ruolo ci siano appassionati poco competenti, se non addirittura genitori che si prestano a titolo gratuito in preda all'entusiasmo. La conseguenza è che sotto l'aspetto tecnico i nostri giovani perdono anni determinanti per la formazione, semplicemente non crescono e arrivano a popolare il settore giovanile agonistico, dove pian piano la sfera tattica e il risultato finale cominciano a prendere il sopravvento, senza una base adeguata. Ecco come si blocca il talento, che non è stato coltivato, facendo spegnere anche la fantasia, l'estro, la creatività, quella che poi fa la differenza in campo quando tutto è bloccato: quanto ci sarebbe servito un giocatore che saltava l'uomo contro la Macedonia del Nord...
Istruttori... personali Se da un lato, soprattutto in tempi di pandemia, non ci si può scagliare contro le società, che un equilibrio economico lo devono pur sempre mantenere, dall'altro come biasimare allenatori che quel lavoro lo sanno svolgere alla grande e non si possono certo permettere di accettare duecento, trecento euro al mese? Negli ultimi anni sta crescendo in maniera rilevante il numero di allenatori che offre sessioni private di tecnica. Questo consente loro la giusta realizzazione professionale in termini economici, ma rappresenta allo stesso tempo il sintomo evidente del sistema che non funziona. Molto semplicemente queste figure dovrebbero operare all'interno delle scuole calcio, per trasmettere ai giovani le loro preziose conoscenze, con maggiore continuità. E poi, per andare a prendere “ripetizioni di tecnica”, i ragazzi devono spendere altro tempo, raggiungendo centri sportivi spesso lontani e sottraendolo allo studio o al divertimento, che una volta finito l'allenamento si rimaneva tutti insieme e si faceva una partitella nel campetto dell'oratorio o una bella tedesca per la strada.
Nell'edizione di lunedì 11 aprile la seconda puntata della nostra inchiesta dedicata al settore agonistico dei dilettanti
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