Cerca
L'INCHIESTA/2
Tecnici che pensano al curriculum, società accecate dall'Elite e rose infinite: per il talento non c'è spazio
15 Aprile 2022
©Gazzetta Regionale
"I calciatori forti nelle mie squadre non li vedrete mai: le Prof li scelgono prima di entrare in agonistica". Le parole sono quelle di un importante dirigente del nostro calcio (che lasceremo nell'anonimato), che da sempre ha scelto esclusivamente di operare sulla crescita tecnica e non sul risultato immediato. Lo sapete che vuol dire? Che ha intrapreso la strada giusta. Non la più semplice, la più giusta. Se nella scuola calcio sono gli istruttori impreparati a lasciare falle nel background tecnico dei bambini, nel settore giovanile gli allenatori sono chiamati a colmarle o comunque a proseguire il percorso già intrapreso dai loro colleghi. E invece nella maggior parte dei casi ecco che entra in gioco la Sindrome da Champions League: sintomi? Sentirsi campioni, dove campioni non ce ne sono, né in panchina, né in campo, né in segreteria.
Immaginate vostro figlio, che al primo allenamento della stagione, nell'anno del suo esordio in agonistica, per un'ora intera è costretto ad ascoltare nozioni che alle sue orecchie sembrano venire da un altro pianeta. “Difesa a tre”, “Ci schieriamo con i braccetti”, “Occhio alle preventive”. Si parte da qui, dove il primo pensiero è quello di costruire un instant team, dove si cerca la via più veloce per fare risultato. Ed è così che dopo poche settimane si è persa già la strada giusta, quella della formazione del giocatore, quella che lo porta ad avere il coraggio di tentare un dribbling, di provare un'apertura di prima, di curare la sensibilità del piede. Praticamente si insegna quasi solo tattica e i giovani calciatori diventano piccoli automi più bravi a coprire le linee di passaggio, piuttosto che ad accendere il match con una giocata da applausi.
I colpevoli però non sono solamente i tecnici perché quello che si è andato a creare è un circolo vizioso che chiama in causa tutte le componenti dei club dilettantistici. Per chi comanda una società è fondamentale avere tutte le categorie in Elite (è diventata la loro prima grande ambizione, a proposito di strade sbagliate). Questo consente di incrementare la visibilità e la ricerca del risultato automaticamente diventa una sindrome cara anche a chi gioca nei Regionali e nei Provinciali per quella che è diventata una vera e propria corsa all'Eccellenza. Lo sguardo delle Prof si fa più acuto e il petto del papà di turno si gonfia d'orgoglio perché “mi fijo gioca in Elite”. E allora via al festival delle rose: 35 giocatori (che nemmeno in Serie A) assiepati su mezzo campo ad apprendere la tattica in mezzo alla settimana, per poi vedere in campo la domenica i soliti 14-15. Ed è qui che arriviamo al risvolto più negativo di tutta la questione. Ci sono partite (tante, troppe) in cui il tecnico è così contento della prestazione dei suoi undici titolari che per scelta non effettua cambi oppure si limita a farne un paio. Quale folle metterebbe mano ad una macchina perfetta?... Perfetta per cosa e per chi? Per il suo ego, per una classifica di relativa importanza, per la corsa al potenziamento delle rose. Imperfetta per quel ragazzo che a pranzo parlerà ai suoi genitori di una splendida domenica passata in panchina tra un giubbetto e una borraccia. Vabbè dai, tanto martedì si torna in campo per gli allenamenti. A migliorare gli stop? A fare a gara di dribbling? Forse. Forse no. Seduta tattica? Sicuramente.
Ed eccoci qua, a raccontare di un vortice che sembra senza fine, perché se l'Italia s'è persa, s'è persa anche sui campi di provincia, quelli dove una volta c'era la forca e il battimuro e dove adesso c'è rimasto qualche cinesino sul sintetico e tanti, troppi, palloni nella sacca.
L'Italia s'è persa - Quota d'iscrizione: sport o bussines?
Si parte da 300 euro e un kit di lusso per non restare a casa
EDICOLA DIGITALE
Dalle altre sezioni
Dalle altre sezioni
Dalle altre sezioni
Dalle altre sezioni
Dalle altre sezioni
Dalle altre sezioni
Dalle altre sezioni