Londra, espulso per il cognome. Successe anche in Primavera

Dalle pagine dei tabloid inglesi, non prima che dal mondo dei social, ci giunge notizia di un "curioso" episodio avvenuto sui campi del dilettantismo britannico. Siamo a Hemel Hempstead, nordovest di Londra. La squadra locale gioca nella sesta divisione inglese (l'equivalente della nostra Promozione). Durante la gara di campionato contro l'East Thurrock, l'arbitro esibisce il secondo cartellino giallo, e dunque il rosso, ad un calciatore locale per aver... pronunciato il suo cognome. Avete letto bene. Alla domanda del fischietto "Qual è il tuo nome?" il giocatore aveva risposto per tre volte "Watt".


Sanchez Watt, cresciuto nelle giovanili dell'Arsenal, non poteva mai immaginare che il direttore di gara potesse confondere quel cognome cosi breve con la parola, altrettanto corta, "what" ("cosa?"). Un'omofonia che ha giocato un brutto scherzo al direttore di gara, il quale, dopo aver ascoltato per tre volte la risposta "cosa?" alla sua domanda "come ti chiami?", deve essersi sentito preso in giro. Ergo il provvedimento disciplinare per Watt. Per fortuna del calciatore, l'arbitro è poi tornato sui suoi passi (fonte gazzetta.it) grazie anche all'intervento del capitano della Hemel Hempstead Town.

Episodio simile ma diversa sorte per Paolo Magnani, allenatore del Bologna Primavera, che nel 2011, durante il derby emiliano contro il Parma, invitò il calciatore avversario Francesco Finocchio a mettere fuori il pallone. Richiesta che Magnani fece a gran voce, omettendo però il nome di battesimo del giocatore. La giacchetta nera interpretò l'urlo come insulto omofobo e allontanò dal campo il tecnico del Bologna, senza cambiare idea.  E dunque, morale della favola: se il fischietto inglese ha corretto il tiro grazie all'intervento del buon senso, revocando il secondo giallo al povero Watt, tutti i Magnani del mondo invece dovrebbero iniziare a comunicare con i giocatori in campo strillandone il numero di maglia, se non vogliono rischiare sanzioni.