l'intervista

3 Scudetti con 3 maglie: Falasca ricorda la sua Primavera

Il centrocampista ci racconta gli anni dei record. Nessuno come lui in Italia, è riuscito a vincere il tricolore con 3 formazioni diverse

Se vi facessimo il nome di Gianmarco Falasca, cosa vi verrebbe in mente? A noi 3 Scudetti Primavera in 3 anni, con tre maglie diverse (quelle di Roma, Inter e Lazio, ndr). Ah, c'è anche una Youth League dentro, tanto per non farsi mancare nulla. Falasca può tranquillamente essere visto come un recordman della Primavera, un po' com'è Clarence Seedorf per la Champions League. Dal centrocampista ora all'Atletico Terme Fiuggi in Serie D, ci siamo fatti raccontare alcuni dei suoi ricordi più belli, tra vittorie, compagni illustri e qualche aneddoto tutto da ridere.


Allora Gianmarco, partiamo forte. Tre Scudetti Primavera in tre anni, quale è il ricordo più bello di quegli anni?

“Ho avuta la fortuna di averne tanti di bei momenti. A livello personale però il primo che mi viene in mente è quello del gol che ci ha fatto vincere l'Arco di Trento”


Come mai proprio quello?

“Be' farlo con la maglia della Roma ha un sapore particolare. Prima di me c'erano riusciti soltanto Okaka e Aquilani. Quel gol sembrava predire un futuro roseo, invece magari non tutto è andato come previsto. Però ne ho anche un altro...”


Quale?

“Lo Scudetto vinto da capitano con la Lazio”


Be' non male neanche questo

“Devo dire di no (ride, ndr). Di quell'anno ho un grande ricordo perchè rispetto agli altri due è forse quello più inaspettato. La qualità della rosa della Roma era la più alta che ho mai visto, l'Inter era una squadra tostissima, mentre con la Lazio a fare la differenza è stato il gruppo. Rispetto ad altre squadre magari saranno usciti meno giocatori ma in quello spogliatoio c'era gente che ha dato l'anima e questo è stato il segreto del nostro successo poi è ovvio, al momento giusto i giocatori forti hanno fatto quello che dovevano fare”.


Ti sei presentato a ridosso del salto in prima squadra con tre scudetti vinti e una Youth League. Chiedere di più ad un giocatore è praticamente impossibile, secondo te però cos'è mancato?

“Sono sincero, un po' di rammarico c'è. Quando un certo ambiente lo respiri così da vicino, alla fine ci credi. Sembra banale ma al momento del salto nel calcio dei grandi essere al posto giusto nel momento giusto può fare la differenza, credo ci voglia anche tanta fortuna”.


Quindi questione solo di buona sorte?

“La fortuna ti può aiutare ad avere una chance magari, poi però ti dico che quando sei in campo la personalità fa la differenza. Se a 18-19 anni non subisci il contraccolpo psicologico e a livello caratteriale tieni botta puoi aspirare ad avere una bella carriera”.


L'importante dunque è farsi trovare pronti

“Be' se già nei primi uno o due anni si fa fatica a livello caratteriale purtroppo dico che di solito si è destinati a scendere di categoria”.


Nella tua Roma, tanti hanno fatto strada. Che ricordi hai di quel gruppo?

“Il bello è che quando ripensi a quegli anni nessuno immaginava di poter fare una carriera a certi livelli, siamo tutti cresciuti insieme da quando avevamo 13-14 anni, era una squadra incredibile. Se dovessi fare un confronto anche con le altre due Primavere in cui ho giocato, dico che la Roma era quella con più tecnica”.


Be' pure l'Inter non era male, oltre allo Scudetto avete vinto la prima Youth League della storia

“Ho avuto tanti compagni forti. All'Inter sembrava come fossimo una prima squadra. Sembrava di stare in Serie A, per l'organizzazione, per come ci trattavano e per quello che ci chiedevano. Una squadra forte che si basava molto sulle giocate individuali. Lì c'erano 5-6 giocatori che ti risolvevano le partite da soli”.


Senti ma tra tutti quelli con cui hai giocato, chi ti ha sorpreso di più?

“Per esempio Piscitella, alla Roma, è il giocatore più forte nell'1 contro 1 con cui abbia mai giocato. Non so quanti terzini avversari avrà fatto uscire dal campo con il mal di testa. I due più forti però sono sicuramente Keità, alla Lazio, e Livaja all'Inter. Il primo era più giocatore, si vedeva che era uno che voleva arrivare. Si allenava bene, era concentrato e anche in campo dava sempre il massimo”


E Livaja invece?

“Be' che dire (ride,ndr) era incredibile. Non gli fregava nulla di chi aveva davanti, in prima squadra si divertiva a fare i pallonetti a Castellazzi. Poi però c'erano giorni in cui sembrava che ti stesse facendo un favore anche solo a venire al campo”.


E tra gli avversari, ne ricordi qualcuno?

“Ho avuto il piacere, se così si può dire, di marcare un certo Belotti. Aveva appena 16 anni, era ancora all'Albinoleffe. Oppure con il Siena mi ricordo Spinazzola, era tosta prenderlo, aveva già un cambio di passo incredibile”.


Per chiudere, un gioco. La Top11 dei tuoi compagni di squadra

“Ci sto, non è semplice ma ci provo. Strakosha in porta, difesa a quattro con Sabelli a destra, Filippini a sinistra e Mbaye-Antei coppa centrale. A centrocampo Viviani, Crisetig e Verre mentre davanti dico Caprari, Longo e Keità”.

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