la rubrica
Standing ovation: Paolo Capodaglio "Domenica una lacrima è scesa"
Inizia con il regista del Grifone una serie di interviste con gli uomini simbolo del nostro calcio che appendono gli scarpini al chiodo
Paolo Capodaglio non ha bisogno di presentazioni. Chi conosce il calcio laziale, allo stesso tempo è al corrente della maestria e della tecnica del mediano classe 1986, uno che di carriera ne ha fatta eccome. Il classico giocatore che non spicca per doti fisiche, ma che con la palla al piede compie vere e proprie magie. Lo stile di Capodaglio ci fa comprendere, inoltre, quanto il calcio non si giochi solamente con i piedi: è innanzitutto testa, e a livello di intelligenza calcistica, Paolo non ha eguali. Vede la giocata prima degli altri, apre spazi tendenzialmente invalicabili, il tutto con una calma e una chirurgia estrema. Domenica 25 maggio, però, quel regista che ha illuminato i campi del dilettantismo laziale e, soprattutto, del professionismo, ha deciso di dire basta. L’età avanza per tutti, anche per chi, come lui, poteva permettersi il lusso di continuare ancora per molto. Lo ha fatto nella cornice del Villa de’ Massimi, sotto gli occhi di parenti, amici e compagni di squadra, lasciando il terreno di gioco al minuto 58, per l’ultima volta in assoluto. Emozioni, applausi e cori in una giornata che sapeva di festa ma allo stesso tempo con una scia di malinconia e la consapevolezza che non sarebbe stato più lo stesso. I fortunati ad averlo vissuto, tuttavia, sanno che queste parole non sono casuali, così come lo striscione a lui dedicatogli nella sua gara d’addio: “È stato un onore… grazie Maestro!”. Intervista nell'edizione di lunedì 2 giugno, disponibile anche nella nostra edicola digitale