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L'intervista

Matteo Botti ed un futuro (ancora) da scrivere "Voglio giocare per restare in alto"

Il centrale e capitano dell'Atletico Morena ha chiuso una stagione particolare, vissuta a metà tra Pomezia e la squadra di cui ha indossato la fascia

20 Giugno 2025

Matteo Botti ed un futuro (ancora) da scrivere "Voglio giocare per restare in alto"

Matteo Botti, difensore e capitano dell'Atletico Morena (Foto ©Cassoni)

Via Pazzano, andata e ritorno

In questa stagione dopo due anni di Atletico Morena eri ripartito dall'Indomita: che esperienza è stata, cosa ha funzionato e cosa no? "Dopo due annate piene di contenuto, ma molto dispendiose a Morena - nelle quali ci siamo affermati come protagonisti con un secondo posto ed una Finale di Coppa persa - sentivo il bisogno di cambiare. Percepivo che si era rasentato il massimo con le risorse a disposizione, specie la scorsa stagione, in cui il materiale umano a disposizione di Fabrizi era di grande valore. Terminata l’esperienza con una delusione cocente, mi sono voluto rimettere in gioco altrove, in un ambiente diverso, con un gruppo diverso. La scelta Indomita Pomezia è stata frutto del corteggiamento del Direttore Cantiello, trovava ragione nel fatto che da avversario la squadra mi aveva fatto una buona impressione dal punto di vista tecnico ed in più stava venendo puntellata con innesti importanti, per competere ai vertici. Poi, cosa che di certo non guasta, il contesto e le strutture allo Sport’s Campus sono veramente di prim’ordine. Sarebbe ingeneroso entrare troppo nel merito, posso dirti che l’epilogo – la retrocessione di una squadra costruita per i vertici – fotografa meglio la situazione di molte parole. Ho trovato una società corretta, una tifoseria vicina alla squadra, come detto con strutture e qualità della rosa di buonissimo livello. Eppure ho respirato un’aria davvero surreale. Un’eccitazione fuori controllo e non giustificata per quanto stavamo mostrando sul campo, alibi nelle sconfitte, poca presa di coscienza, non saprei come spiegartela meglio di così. Per garantire la costanza di rendimento che ho sempre evidenziato negli anni ed a maggior ragione alla soglia dei 37, ho bisogno di allenarmi forte, come un ventenne. Sono uno che trascina, non uno che specula. Ho cultura del lavoro, del sacrificio, nella vita prima ancora che nel calcio. Non mi sono ritrovato in tutto questo, nella metodologia di lavoro, nella comunicazione ed ho preferito salutare anticipatamente. Peccato perché si poteva far bene, lo ripeto, la squadra costruita era rilevante per la categoria e la società fatta da persone perbene".

Chiuso quel capitolo sei tornato in biancoblu ritrovando tante persone che conoscevi: cosa poteva andare meglio per arrivare un po' più in alto? "Era la prima volta che mi muovevo nella finestra di riparazione, non sono un uomo-mercato, tendo a legarmi ad un ambiente. Ho ricevuto tantissime richieste, ma ho scelto praticamente in un paio di giorni di tornare a Morena. O meglio, ho scelto le persone che c’erano a Morena, con cui avevo già condiviso un bel viaggio. Ad onor del vero ho trovato un gruppo giovane, un po’ ridimensionato nel valore. Anche abbattuto da qualche incomprensione extra-campo. Ho cercato di rientrare in punta di piedi, sono stato gratificato con la fascia da capitano di nuovo sul braccio. Per un po’ siamo andati anche oltre le nostre possibilità, abbiamo provato a tenere vivo il sogno playoff più a lungo possibile. Credo che fissare dei target, anche difficilmente realizzabili, tenga vivo il gruppo, lo consolidi e centri verso un obiettivo comune. Diciamo che la squadra è stata poco cinica nella finalizzazione della mole di gioco creata, per utilizzare un eufemismo (ride, ndr). Errori nostri in qualche partita ci sono stati, è evidente. Anche tanti errori altrui quest’anno, per onestà intellettuale. Non credo nella favola che gli episodi/errori arbitrali si compensino a fine stagione. Ho vissuto stagioni in cui il borsino era in attivo. Questa è stata pienamente in passivo. Fa parte del gioco.

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