L'intervista
Monterotondo, rivoluzione di uomini ed idee: inizia il ciclo Barbabella
In gialloblu è cambiato tanto, forse tutto. Molte facce nuove, ad iniziare dal tecnico
Una stagione deludente quella che Monterotondo si è lasciata alle spalle, con molte aspettative disilluse ed un finale di campionato turbolento con polemiche, interne ed esterne, annesse.
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Un'estate quindi di rifondazione per il club eretino che ha azzerato e ricostruito tutto l'apparato tecnico che guiderà la squadra.
Il tecnico è Francesco Barbabella che riparte con una prima squadra dopo tante altre esperienze.
La squadra è reduce da una stagione difficile e sta vivendo una vera e propria rivoluzione: con quale spirito ha accettato questa sfida?
"Lo spirito con cui ho accettato Monterotondo è sempre lo stesso: la voglia di mettere in campo le proprie idee, sia tecniche che di gestione del gruppo. L’idea è di sviluppare un lavoro con dei ragazzi che, pur non avendo dei nomi altisonanti, sono sempre dei giocatori che hanno un percorso importante. Della stagione passata, qualcosa sto vedendo perché mi sto documentando con partite su YouTube, quindi vedo. Un allenatore deve essere anche curioso e riuscire a capire il più possibile il contesto dove va a lavorare. Mi dispiace che magari lo scorso anno sia stata un’annata così, ma lavoreremo per dare soddisfazioni alla proprietà e così anche alla piazza".
Come si integrano i nuovi arrivi con i confermati Barbetti, Caprioli e Attanasio, che conoscono già l’ambiente?
"Sui nuovi innesti, qualcuno già lo conoscevo avendolo allenato. Gli altri ho fatto una richiesta non tanto di nomi ma di disponibilità. In queste categorie a volte manca la disponibilità al sacrificio o a cambiare magari una virgola di quello che è stato fatto nella propria carriera dilettantistica. Quindi io, seguendo la mia idea, ho chiesto dei giocatori con determinate caratteristiche.
Perché poi, da quando sono tornato a vivere a Roma per problemi personali, è la prima volta che parto dall’inizio dove possibilmente faccio la squadra in base a quelle che per me devono essere le caratteristiche dei giocatori sia magari a livello calcistico che a livello caratteriale su come vivono lo spogliatoio e la stagione".
Dal momento che è una squadra molto giovane, questo è un progetto che si sviluppa su più anni?
"Si, la squadra è giovane perché ci sono giocatori che hanno 25/26 anni, quelli nuovi. Però è sempre gente che ha in media 150 presenze tra Eccellenza, Serie D o Promozione. Sicuramente l’idea è quella di far meglio possibile facendo crescere i ragazzi. In questo momento, far crescere i ragazzi giovani che vengono magari da altre realtà. Però l’idea che ci siamo prefissati con il presidente Malizia, con il Vice Presidente Zechini e con i due direttori è proprio quella di fare questa stagione con una squadra abbastanza giovane però provando a far crescere anche i ragazzi che sono già dentro".
Quanto sarà importante la collaborazione con il direttore sportivo Francesco Alessandri e il direttore tecnico Walter Di Francesco nella costruzione del progetto?
"Alessandri e Di Francesco li devo ringraziare. Primo, perché mi hanno contattato per collaborare con loro e guidare questa squadra. Sono contento perché anche anni addietro c’era stato un avvicinamento. Poi io stavo facendo il corso a Coverciano e avevo altre situazioni. Quindi ho dovuto per forza di cose non accettare la loro proposta.
Li ringrazio perché da quando siamo partiti ci sentiamo giornalmente. Hanno provato in tutto e per tutto ad accontentarmi. Anche se poi, chi mi conosce lo sa, io sono un allenatore che non ama fare mercato".
Che messaggio vuole mandare ai tifosi gialloblù, che hanno sofferto ma non hanno mai smesso di sostenere la squadra?
"Riguardo ai tifosi, non nego che uno dei motivi che mi ha spinto ad accettare la proposta di Alessandri sia stata proprio la presenza di questi gruppi organizzati. È una scelta che avevo fatto anche da calciatore, quando, dopo gravi infortuni, scesi di categoria: volli andare a giocare a Caserta perché lì si respirava calcio. C’erano sempre quindicimila tifosi allo stadio. Io, come persona e anche a livello sportivo, ho bisogno di questo stimolo. Ai tifosi promettere impegno è una frase fatta. La mia idea, il mio obiettivo, è vedere lo stadio pieno: significherebbe che stiamo facendo un ottimo lavoro e che, magari, i tifosi si immedesimano nella squadra. Poi, certo, non sempre è possibile: se i risultati non vengono, giustamente il tifoso contesta; se vanno bene, invece, ti applaude. Ripeto: la cosa più bella che ci possa essere a Monterotondo è proprio questa adrenalina, che magari in altre piazze non c’è".