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L'Inchiesta
03 Dicembre 2025
Foto ©Middione
Grazie ai dati generati dalla nostra ricerca, emerge un quadro generale in cui il 50% dei bambini che vanno in panchina non entrano e se il 22% viene fermato dal regolamento (i cambi a disposizione sono 7 mentre gli slot in panchina 9) il 38% non gioca per scelta tecnica. La conseguenza diretta è che ben 208 giocatori non sono mai stati utilizzati tra Elite e Regionali e, considerando che abbiamo preso in esame le prime cinque giornate, più in là nel corso dei campionati, quando gli scontri decisivi si avvicinano, la tendenza non può che peggiorare. Si tratta, a conti fatti, di dieci intere rose che non sono mai state utilizzate nei sette gironi regionali. L'Elite, probabilmente per una maggiore pressione ed una competitività più alta, porta ad una selezione più rigida nei momenti chiave delle partite. Nei Regionali, invece, questo aspetto influisce di meno e ciò favorisce la possibilità di dare spazio a tutti i giovani calciatori. Partendo da qui ci colleghiamo ad un aspetto curioso che è venuto fuori dalla nostra ricerca, ovvero che in Elite giocano meno ragazzi nelle squadre di medio-bassa classifica. Alcune di queste presentano una percentuale di giocatori utilizzati inferiore, in alcuni casi di molto (77.3%) rispetto alla media del campionato (91%), ed effettuano pochissimi cambi a gara. Anche qui, la media è sempre inferiore a quella già bassa del campionato e non di poco, si va dall'1.8 a 3. Proprio perché la salvezza e dunque il mantenimento della categoria, sono un obiettivo importantissimo per i club, non solo dal punto di vista sportivo ma soprattutto per quello che ne comporta anche a livello economico, di immagine e di prestigio.
Ci siamo avventurati in questo speciale mettendo al centro di tutto i ragazzi e il loro bisogno di giocare, divertirsi e sentirsi parte integrante e importante all'interno di un gruppo squadra. Proprio per questo abbiamo citato e preso spunto dal discorso di Luis Enrique che si riferisce ai bambini e soprattutto alle loro famiglie, prima che alle società. Perché spesso, anche per i genitori, la voglia di vedere il figlio essere parte di una squadra blasonata lascia passare in secondo piano l’aspetto più importante, ovvero l’impatto psicologico - ne parliamo a parte con lo psicologo dello sport Aldo Grauso - che tutto questo può avere nella testa di un tredicenne.
L'unico invito che ci sentiamo di rivolgere ai club, che hanno il sacrosanto diritto di portare avanti la propria filosofia a seconda di ambizioni sportive o altri aspetti, è quella di favorire sempre gli svincoli, o in caso i prestiti, di quei giocatori che trovano poco spazio e vogliono andare altrove per giocare di più. Troppo spesso in questi anni abbiamo assistito a bracci di ferro tra club e genitori per situazioni simili e, in questi casi, a farne le spese sono solo e soltanto i ragazzi: è importante considerarli come giovani che inseguono la loro passione e non come giocatori già formati con le conseguenti logiche di calciomercato. Perché la cosa fondamentale è che questi ragazzi vadano al campo con il sorriso stampato sul volto e non con il logo più prestigioso stampato sul kit. Luis Enrique docet.
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