L'intervista
Cuore e spirito di sacrificio. Ecco l'Albalonga di Talarico
La squadra castellana è cresciuta con il passare delle giornate. Eccoil punto con il mister dell'Under 17
L'emergenza Coronavirus ha messo tutto in stand by. Sogni, emozioni, progressi. Restano lì, congelati, in attesa che tutto ritorni come una volta. Ci vuole pazienza peró e grande senso di responsabilità. È senza dubbio d'accordo con noi Francesco Talarico, tecnico dell'Albalonga Under 17, con il quale abbiamo scambiato una piacevole chiacchierata.
Mister, come stava andando la stagione prima dello stop?
"Il campionato fino allo stop è stato a mio parere abbastanza positivo, in particolare sono molto soddisfatto dei miglioramenti individuali ottenuti dai giocatori sotto tutti i punti di vista, tecnico, tattico, fisico e caratteriale, miglioramenti che poi hanno trovato riscontro anche nei risultati. Dopo una prima parte di stagione molto altalenante in cui abbiamo alternato buone prestazioni a battute d'arresto inaspettate, nel 2020 abbiamo totalizzato 6 vittorie ed una sconfitta fino all'ultima giornata prima dello stop che ci ha visto uscire sconfitti in casa della Vigor per 4-3 dopo aver disputato comunque un'ottima gara, infliggendoci così il secondo ko del nuovo anno".
C'è un momento durante l'anno che porta ancora nel cuore?
"Di ricordi legati al campo ce ne sono tanti, ma uno di quelli che preferisco non mi vede coinvolto direttamente: ero fuori dallo spogliatoio al termine di una gara non positiva per noi, i ragazzi dentro discutevano su cosa avessero sbagliato, qualcuno ha dato direttamente la colpa a qualcun altro, stavo per entrare e intervenire quando ho sentito uno dei giocatori gridare: "Noi siamo una squadra, qui si vince e si perde tutti insieme" ed ho sentito molto giocatori andargli dietro su questa linea per calmare chi aveva perso il controllo. Non entrai nello spogliatoio a quel punto è stato lì che ho capito che avremmo fatto bene, che sarebbe stata una stagione di soddisfazioni perché avevo tra le mani un gruppo di giocatori che hanno chiaro in testa cosa vuol dire stare in una squadra".
Come sta vivendo questa emergenza?
"Personalmente questa situazione la sto vivendo nell'unico modo che ritengo possibile, ovvero attenendomi strettamente a quelle che sono le direttive di chi ha le competenze ed il compito di gestire questa situazione. In un momento in cui tuti pensano di poter parlare di qualsiasi cosa, questa situazione spero rimetta un po' di ordine sociale almeno in questo senso, che ognuno faccia quanto deve secondo il proprio ruolo.Non poter andare al campo, non avere il campionato chiaramente mi manca da morire, ma lo sto vivendo come un momento di riflessione sulla posizione che questo sport deve avere, vedendo che con tutte le maggiori competizioni nazionali e internazionali sospese, non è morto nessuno, siamo tutti un po' più tristi, e questo è secondo me il senso che deve avere questo splendido sport: mettere in campo sempre grandissimo agonismo, con l'idea ferma che lo scopo è quello di cercare di avere la meglio di un avversario ma sapendo che il fine ultimo è quello di divertire ed intrattenere chi lo guarda e chi a vario titolo lo pratica".
Da come parla si vede come le manca il calcio.
"Si dice che ci si renda conto di quanto un qualcosa sia importante solo quando la di perde, io sapevo che il calcio fosse una componente molto importante della mia vita, l'ho sempre amato fin da bambino, la distanza forzata dal campo però mi ha fatto capire quanto siano per la mia vita importanti quelle che sono le relazioni umane interne alla vita di squadra, il tempo speso con i giocatori, con lo staff e la società, il fatto di ritrovarsi quotidianamente tutti così diversi ma tutti uniti dalla stessa passione".Con i giocatori vi sentite?"I ragazzi li sentiamo sul gruppo, per sapere come stanno, cosa fanno, molti di loro stanno facendo cose con le loro famiglie, che magari prima non potevano fare e questo è bellissimo. Con il prof. Bernoni gabbiamo mandato un programma di mantenimento da svolgere ove e se possibile in totale serenità, consapevoli che al rientro la voglia di giocare sarà talmente tanta che probabilmente basterà quella per arrivare fino all'80' e che, anche se così non fosse, adesso non ha importanza, ci sono altre priorità. Questo è il messaggio che voglio mandare ai ragazzi ma non solo ai nostri, a tutti i giovani che si trovano chiusi in casa per fermare un qualcosa che dati alla mano non li tocca proprio direttamente: nella vita come nel calcio ognuno ha un ruolo ed un compito. Ora a prescindere dai nostri ruoli il nostro compito è stare a casa a fare il tifo per chi sa come giocare questa partita e fare quadrato attorno ai compagni che da soli sicuramente la perderebbero. Dobbiamo mettere da parte tante delle nostre abitudini per tutelare i più deboli sapendo che in un mondo così interconnesso come quello di oggi si fa tutti parte di una stessa squadra, bisogna che ognuno faccia la sua piccola parte per il bene proprio e di tutti gli altri, superare divisioni ed egoismi. Oggi questa situazione ci tocca da vicino come paese, ricordiamoci, quando tutto sarà finito, quanto abbiamo temuto per i nostri cari, per i nostri genitori e nonni, e non scordiamoci mai più di aiutare chi è in difficoltà anche quando questo sembrerà non toccarci direttamente, dopotutto a prendere gol è sempre il portiere, ma a perdere è tutta la squadra. Se impareremo questo torneremo da questo stop più forti come uomini e quindi anche come calciatori".